Santi Coniugi Luigi e Zelia Martin

Profilo Biografico

LUIGI MARTIN

Il capitano Pierre-François Martin (1777-1865), (nonno paterno di Teresa di Gesù Bambino), era stato decorato con la medaglia dell’Ordine regale e militare di San Luigi Luigi Joseph Aloys Stanilas Martin nacque a Bordeaux il 22-8-1823, figlio legittimo di Pierre-François Martin, capitano dell’esercito francese e di Marie Anne Fanny Boureau, grandi cristiani dalla fede viva. La sua prima formazione è legata alla vita militare di suo padre: dai tre anni e mezzo fino ai sette anni fece parte, a Strasburgo, degli Enfants de Troupe, beneficiò cioè di vantaggi e facilitazioni accordate ai figli di militari.

In seguito, quando la famiglia si trasferì ad Alençon nel 1831, fece i suoi studi presso i Fratelli delle Scuole cristiane della città.

Luigi Martin e Teresa a 15 anni. Su un disegno della sorella Celina. Al termine degli studi, nonostante gli esempi di un padre che era stato un ufficiale valoroso, Luigi non si orientò verso lesercito ma verso il mestiere di orologiaio.

Per compiere il suo apprendistato si recò dapprima in Bretagna, a Rennes, presso il cugino Luigi Bohard, dove soggiornò vari mesi tra il 1842 e il 1843.

In questo periodo la madre lo esorta caldamente, in una sua lettera: «Sii sempre umile, mio caro figlio» ed egli esprime il suo istinto dartista nella scelta di Frammenti letterari di cui riempì due grossi quaderni.

Lasciò Rennes nel settembre 1843 e si recò a Strasburgo, dove raggiunse un amico di suo padre, Aimé Mathey, presso il quale continuò il suo apprendistato per circa due anni. Fu durante questo soggiorno che mostrò il suo coraggio e sangue freddo, salvando il figlio di Aimé che rischiava di affogare.

Nello stesso anno si recò nelle Alpi Svizzere, al Gran San Bernardo, forse per conoscere la vita eccezionale dei religiosi che, nel cuore delle montagne, erano la Provvidenza dei viaggiatori in difficoltà e in pericolo.

Luigi Martin (papa Teresa di Gesù Bambino). Due anni dopo, nel 1845, vi ritornò con l’intenzione di entrare in questo Ordine, dove non fu ammesso perché non conosceva il latino. Tentò di dedicarsi a questo studio ma, dopo alcuni tentativi, rinunciò.

Quindi, per completare la sua formazione di orologiaio, si recò a Parigi, dove rimase per tre anni ospite di parenti. Non è stato possibile sapere le esperienze di Luigi Martin in questo periodo; una lettera di Zelia al fratello Isidoro testimonia le trappole e i pericoli che dovette superare, con la fede, la pratica religiosa e la preghiera personale, per non essere avvelenato dagli Odori di Parigi.

Quando tornò ad Alençon, iniziò le pratiche per aprire un’orologeria e, nel 1850, acquistò una casa con l’aiuto della signora Beaudouin, presidentessa dell’Opera dell’Adorazione del SS. Sacramento nella parrocchia Saint-Leonard. I genitori, rimasti soli dopo la morte del figlio maggiore e delle figlie, andarono ad abitare con lui sin dal 9 novembre 1850 e questa coabitazione continuò anche dopo il matrimonio di Luigi con Zelia.
Qui abitò per qualche anno anche dopo il matrimonio. Nel 1871 Luigi Martin vendette l’immobile e l’attività ad Adolfo Leriche, suo nipote.
Il negozio (in primo piano) di orologiaio e bigiotterie di Luigi Martin (papa Teresa di Gesù Bambino) ad Alençon in Rue du Pont-Neuf. L’amore per il silenzio e per il ritiro lo portò ad acquistare, il 24 aprile 1857, una piccola proprietà conosciuta sotto il nome di Pavillon, una torre esagonale a tre livelli costruita in un giardino.
Qui Luigi installò una statua della Santa Vergine donatagli dalla signora Beaudouin; trasferita pi Tardi ai Buissonnets questa statua fu poi conosciuta in tutto il mondo come la Vergine del Sorriso.

Un orologio realizzato da Luigi Martin Abile nel suo mestiere, aveva amici e conoscenti con i quali amava pescare e giocare al biliardo ed era apprezzato per le sue qualità poco comuni e per la sua distinzione naturale, che spiega perché gli fu presentato un progetto di matrimonio con una giovane donna dell’alta società, a cui peraltro egli non dette seguito.

ZELIA GUERIN

Isidoro Guérin (nonno materno di Teresa di Gesù Bambino) dopo trentanni di servizio nei carabinieri, fu decorato con la medaglia di SantElena. Un riconoscimento con cui Napoleone III ricompensava i veterani che avevano combattuto con Napoleone 1° Zelia Guérin nacque a Gandelain, sobborgo di Saint-Denis-sur-Sarthon nellOrne il 23 dicembre 1831 da Isidoro Guérin, un militare che a 39 anni decise di accasarsi sposando Luise-Jeanne Macè, di sedici anni più giovane di lui.

Da questa unione nacquero anche Maria Luisa, futura monaca visitandina, nel 1829 e Isidoro, il farmacista di Lisieux, nel 1841.

Per i genitori di Zelia la vita era stata dura e il loro carattere ne risentiva: erano rudi, autoritari ed esigenti. Dotati di fede salda, si respirava però nella famiglia una certa atmosfera di rigorismo, di costrizione e di scrupolo.

Intelligente e comunicativa per natura (il suo talento epistolare lo proverà), la piccola Zelia fu bloccata e il rimpianto per un’infanzia non felice emerge in una lettera al fratello: «La mia infanzia e la mia giovinezza sono state tristi come un sudario».
A sinistra Zelia (mamma di Teresa di Gesù Bambino), a destra Maria Luisa (Suor Dositea, monaca visitandina) in mezzo il fratello Isidoro nel 1857
Nonostante ciò, quando il padre, rimasto vedovo e malato, espresse il desiderio di abitare presso di lei, nel 1866, lo accolse e lo curò con devozione fino alla morte, avvenuta il 3 settembre 1868.

Fortunatamente troverà in Maria Luisa una vera sorella d’anima e quasi una seconda madre.

Quando il padre andò in pensione, la famiglia si stabilì ad Alençon, in rue Saint-Blaise, il 10 settembre 1844.

Qui la signora Guérin aprì, nel 1848, un caffè e una sala da biliardo. Ma il carattere intransigente della madre non favorì lo sviluppo del locale e la famiglia faticava a tirare avanti con la pensione e i lavori di falegnameria di papà Guérin. Nel giro di pochi anni la situazione finanziaria del ménage diventò precaria e non migliorò fino a quando il lavoro delle figlie contribuì a far quadrare il bilancio familiare.

Questo influì anche sugli studi delle due sorelle. Dapprima solo Zelia fu iscritta al pensionato delle suore dell’Adorazione perpetua, mentre Maria Luisa, iniziata ai lavori di ricamo, restò con la madre per qualche tempo, per sovvenire ai bisogni domestici. In seguito raggiunse la sorella e per due anni frequentarono insieme questa scuola. Non restano documentazioni di sorta di questo periodo, ma Zelia conservava un eccellente ricordo dei suoi successi scolastici.

Presso questa scuola Zelia aveva imparato i primi rudimenti della fabbricazione del Point d’Alençon, un merletto tra i più rinomati dellepoca. Per saperne di più e perfezionarsi si iscrisse poi alla Ecole dentellière.

Pizzo in Point dAlençon realizzato da Zelia Qualificatasi molto presto per dedicarsi alla confezione del prestigioso merletto e avendo sostenuto senza risultati un colloquio con la superiora per entrare a far parte delle Figlie della Carità di Vincenzo de Paoli, Zelia nella preghiera chiese lumi per il suo futuro.

L’8 dicembre 1851, dopo una novena all’Immacolata Concezione, nel silenzio della sua camera, nella profondità di se stessa udì queste parole: «Fa fare del Point d’Alençon».

Sostenuta dalla fede Zelia iniziò, con l’aiuto della sorella, la sua impresa e già a partire dal 1853 divenne nota come fabbricante del Point dAlençon.

Nel 1858 la Maison Pigache per conto della quale Zelia lavorava, ricevette una medaglia d’argento proprio per la fabbricazione di questo tipo di merletto e la stessa Zelia ricevette una particolare menzione di lode.

Teresa fanciulla e la mamma. Da un disegno della sorella Celina. Il 7 aprile dello stesso anno la sorella Maria Luisa, superate tutte le difficoltà, realizzò la propria vocazione ed entrò alla Visitazione di Le Mans, sotto il nome di suor Maria Dositea.

IL MATRIMONIO

«Il Buon Dio mi ha dato un padre e una madre più degni del Cielo che della terra»
Teresa, lettera 261 del 26 luglio 1897

«Un giorno che Zelia passava sul ponte San Leonardo, incrociò un giovane uomo la cui nobile fisionomia, l’andatura riservata, l’atteggiamento pieno di dignità, la impressionarono. Nello stesso tempo, una voce interiore le mormorò in segreto: é quest’uomo che ho preparato per te. L’identità del passante le fu ben presto rivelata. Iniziò così a conoscere Luigi Martin» (p. Piat).

A mezzanotte del 12 luglio 1858, quindi con data 13 luglio, nella chiesa di Notre Dame in Alençon si celebrò il matrimonio tra Zelia Guérin e Luigi Martin.

La delicatezza d’animo di Luigi Martin, la pesante eredità rigorista di Zelia e il brevissimo fidanzamento, consigliarono ai due giovani un’esperienza particolare: nei primi dieci mesi del loro matrimonio essi conserveranno la verginità fisica.

Sviluppata la reciproca consapevolezza, con l’aiuto di un padre spirituale, i due sposi maturarono un diverso atteggiamento; la verginità venne integrata in un giusto orientamento del sacramento del matrimonio: nel focolare dei Martin Dio sarà sempre il primo servito, secondo la massima di Giovanna d’Arco.

Da quel momento la loro vita di preghiera e di lavoro sarà dedicata a crescere, non senza dolori e lutti, i nove figli che la Provvidenza invierà loro.

22 febbraio 1860: nascita di Maria Luisa. Si farà carmelitana e morirà il 19 gennaio 1940.
7 settembre 1861: nascita di Maria Paolina, futura carmelitana, che morirà il 28 luglio 1951.
3 giugno 1863: nascita di Maria Leonia, futura visitandina, la figlia che più pena darà a Zelia e che morirà il 16 giugno 1941.
13 ottobre 1864: nascita di Maria Elena, morta alletà di sei anni il 22 febbraio 1870, lo stesso anno della sorella Maria Melania Teresa.
20 settembre 1866: nascita di Maria Giuseppe Luigi, morto il 14 febbraio 1867, primo figlio Martin chiamato in cielo.
19 dicembre 1867: nascita di Maria Giuseppe Giovanni Battista, morto il 24 agosto 1868, secondo grave lutto.
28 aprile 1869: nascita di Maria Celina, anchessa carmelitana, morta il 25 febbraio 1959.

Allinizio del 1870 i Martin vendono il negozio di orologeria e Luigi inizierà a sostenere la moglie nel suo faticoso lavoro di commercio di merletti.

16 agosto 1870: nascita di Maria Melania Teresa, morta l8 ottobre 1870, uno dei lutti più strazianti per Zelia, già duramente provata.

Nel luglio 1871 la famiglia trasloca in rue Saint-Blaise, nella proprietà avuta in eredità alla morte del signor Guérin.

2 gennaio 1873: nascita di Maria Francesca Teresa, morta il 30 settembre 1897 (Santa Teresa di Gesù Bambino del Volto Santo, Patrona delle Missioni e Dottore della Chiesa universale dal 19 ottobre 1997).

Nelle lettere di Zelia emerge in quale clima di fede e di unione familiare si svolgono gli avvenimenti dell’esistenza di questa famiglia, non diversi da quelli di molte famiglie dell’epoca.

Nell’estate 1876 un ingrossamento al seno trascurato in precedenza iniziò a preoccupare Zelia, che si recò da un medico di Alençon. La diagnosi fu brutale: si trattava di un tumore fibroso molto grave ed era troppo tardi per operare. Zelia cominciò a preparare se stessa e la famiglia a una possibile triste conclusione della malattia, fidando però sempre nella Provvidenza.

Nel febbraio 1877 muore l’amata sorella, suor Maria Dositea e nel giugno 1877, anche per desiderio della famiglia, si sobbarca il faticoso pellegrinaggio a Lourdes per implorare la grazia della guarigione.

La sera del 27 agosto 1877 Zelia, ormai senza forze, scambiò un lungo sguardo con la cognata, moglie del fratello Isidoro, di cui Zelia e la sorella si erano prese cura fin dalla morte della madre nel 1859, affidandole tacitamente la propria famiglia. A mezzanotte e trenta, all’alba del 28 agosto, Zelia lascerà questo mondo per la vera Patria, che aveva tante invocata.

Da questo momento, inizia a risplendere la virtù di papà Luigi che, facendo seguito al desiderio di Zelia, il 14 novembre 1877, trasferì le figlie a Lisieux, presso la cognata, nella residenza chiamata I Buissonets, dove le raggiungerà appena ceduto il commercio di merletti, il 29 novembre 1877.

 

Avendo molto a cuore l’educazione delle figlie, al termine delle vacanze invernali, nel gennaio 1878, papà Martin iscrisse alla scuola delle monache benedettine di Lisieux, l’Abbazia Notre Dame du Pré, Leonia e Celina, mentre Teresa vi entrò per gli studi solo nell’ottobre 1881.

Nel 1879 o 1880 circa Teresa ebbe una visione profetica in cui le apparve il padre con la testa coperta da una specie di fitto velo: era l’annuncio della «gloriosa prova».

Durante le vacanze estive la zia Guérin spesso ospitava le nipoti nelle residenze estive di Trouville e Deauville. Questi, però, non erano gli unici viaggi di papà Martin, che doveva anche tornare talvolta ad Alençon per amministrare i suoi affari.

Portò a Parigi prima Maria e poi Paolina, nel 1878, per l’Esposizione Universale, poi ancora Celina e Teresa prima del pellegrinaggio a Roma nel novembre 1887. Si prestò più volte ad accompagnare Maria dal suo padre spirituale, p. Pichon, a Le Havre, Calais, Parigi.

Nell’ottobre del 1882 Paolina fece il suo ingresso al Carmelo di Lisieux e nel marzo 1883 si manifestò la “strana malattia” di Teresa, per la quale papà Luigi fece celebrare una novena di S. Messe nel santuario di Nostra Signora delle Vittorie di Parigi, ottenendo la guarigione della sua Reginetta.

L’8 maggio 1884 Paolina, suor Agnese di Gesù, farà la sua professione religiosa.

Nel 1885 Luigi Martin si lasciò convincere dal vicario di Saint-Jacques, don Mario, a compiere un lungo viaggio fino a Costantinopoli, forse presago di qualche debolezza incipiente.

Il 15 ottobre 1886 anche Maria entrò al Carmelo, facendo poi la sua professione religiosa il 19 marzo 1887, festa di S. Giuseppe, col nome di suor Maria del Sacro Cuore

Il 1 maggio 1887 Luigi Martin è colpito da un primo attacco di paralisi, ma la crisi è rapidamente scongiurata e il 29 maggio dello stesso anno Teresa confida la propria vocazione al padre, che l’accompagna in un pellegrinaggio a Roma tra il 4 novembre e il 2 dicembre 1887, al fine di aiutarla ad entrare al Carmelo a quindici anni.

Il 9 aprile 1888 anche Teresa venne accolta nel Carmelo di Lisieux.

Nel maggio 1888 nel parlatorio, confidò alle sue tre carmelitane l’offerta di sé che aveva compiuto nella chiesa di Notre Dame.

Il 15 giugno dello stesso anno Celina gli comunicò la propria vocazione al Carmelo e alla fine dell’anno, papà Martin, in segno di gratitudine consegnò al canonico Rohée i diecimila franchi per un nuovo altare maggiore presso la cattedrale di Lisieux.

Ma già il 23 giugno si erano manifestati importanti segni della malattia che lo accompagnerà fino alla morte: partì da casa e stette via quattro giorni senza dar segni di vita.

Il 10 gennaio 1889 Teresa fece la vestizione, con il padre presente.

Il 12 febbraio 1889 sopravvenne la grande crisi: terrori allucinazioni, perdita di memoria, si trattava di encefalopatia vascolare progressiva per arteriosclerosi cerebrale diffusa, che spingerà il cognato Guérin, timoroso per l’incolumità di Celina e Leonia, a farlo ricoverare al Buon Salvatore di Caen, un ospedale per alienati mentali, dove, pur nella malattia, papà Martin darà prova della sua profonda fede.

Soltanto il 10 maggio 1892 sarà possibile ricondurlo a casa, completamente paralizzato.

Il 23 giugno 1893, dopo diversi tentativi, Leonia era entrata nella Visitazione di Caen, dove però avrebbe preso i voti soltanto il 2 luglio 1900, col nome di suor Francesca Teresa.

Celina restò ancora accanto al padre e fu proprio lei ad assisterlo con la preghiera negli ultimi istanti, il 29 luglio 1894. Sul letto di morte la sua bella figura serena faceva pensare a san Giuseppe.

Il 14 settembre 1894 Celina iniziò il suo probandato al Carmelo di Lisieux, dove divenne suor Genoveffa del Volto Santo e di S. Teresa.

Dopo la morte del babbo, il signor Guérin fece esumare e trasferire nel cimitero di Lisieux, per riunirli al capo famiglia, i resti mortali della sposa, dei quattro bambini prematuramente scomparsi, della nonna Martin e del nonno Guérin.

Il 13 ottobre 1958 si procedette all’esumazione dei resti di Luigi e Zelia Martin. Oltre alle ossa, si ritrovarono, nelle due bare, gli scapolari di Nostra Signora del Monte Carmelo che portavano il Servo e la Serva di Dio e nessun altro tessuto.

Cronologia

Cronologia Beati Coniugi Luigi e Zelia Martin

1. DALLA NASCITA AL MATRIMONIO: 1823-1858

1823

22 agosto Nascita di Luigi Martin, a Bordeaux.

Per l’assenza del padre, è battezzato sotto condizione il giorno stesso.

28 ottobre Luigi riceve i riti complementari del battesimo nella chiesa di Sainte-Eulalie a Bordeaux.

1827-1830

Luigi frequenta la scuola dei figli dei militari, gli Enfants de Troupe, a Strasburgo.

1829

31 maggio Nascita di Maria Luisa Guérin, chiamata Elisa, sorella di Zelia.

1831

A seguito del pensionamento di Pier Francesco Martin (12 dicembre 1830), padre di Luigi, i Martin lasciano Strasburgo e si stabiliscono ad Alençon, in via des Tisons, nel quartiere di Saint-Pierre-de-Monsort.

23 dicembre Nascita di Azelia Maria Guérin, detta Zelia, a Pont, comune di Gandelain, ma parrocchia di Saint-Denis-sur-Sarthon (Orne).

24 dicembre Battesimo di Zelia.

1833

25 maggio Nella parrocchia di Saint Pierre-de-Montsort, Luigi riceve la Prima Comunione.

2 gennaio Nascita di Isidoro Guérin, fratello di Zelia.

1842

Morte di Sofia, ultima sorella di Luigi, all’età di nove anni. Trasloco in via Mans.

1842-1843

Luigi si reca a Rennes da Luigi Bohard per apprendere il mestiere d’orologiaio.

Redazione dei Frammenti letterari.

1843

Settembre Primo soggiorno di Luigi al Gran San Bernardo (Svizzera).

1843-1845

Luigi continua l’apprendistato professionale a Strasburgo presso Aimé Mathey.

1844

10 settembre I Guérin si stabiliscono ad Alençon, in via Saint-Blaise 34.

1845

Iscrizione di Zelia e della sorella Elisa al convitto dell’Adorazione Perpetua delle Religiose dei Sacri Cuori di Picpus.

Autunno Secondo passaggio di Luigi al Monastero del Gran San Bernardo.

Domanda d’ingresso nella comunità dei Canonici.

Luigi inizia lo studio del latino.

1847

Primavera Luigi abbandona gli studi di latino e rinuncia alla vita monastica.

20 giugno Fondazione della Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli ad Alençon.

1847-1849

Soggiorno di Luigi a Parigi per perfezionare la professione d’orologiaio.

1848

Rivoluzione.

Luigi Filippo abdica il 24 febbraio.

Instabilità politica fino alle “giornate insanguinate di giugno”.

Il 10 dicembre 1848, Luigi Napoleone Bonaparte è eletto Presidente della Repubblica.

1850

Zelia non è accolta come postulante tra le Figlie della Carità d’Alençon.

Novembre Luigi ritorna ad Alençon ed inizia la sua attività di orologiaio.

Il 9 novembre trasloca con i genitori in via du Pont-Neuf 15.

1851

Zelia inizia il tirocinio per diventare merlettaia.

8 dicembre Locuzione interiore che conferma Zelia nella scelta della professione.

1852

Nostalgia della vita monastica.

Luigi riprende lo studio del latino.

1853

Zelia crea una piccola azienda specializzata nella fabbricazione del Punto d’Alençon.

La sorella Elisa ne assume la direzione.

1857

24 aprile Luigi acquista il “Pavillon”.

1858

Aprile Luigi e Zelia si incontrano sul ponte Saint-Léonard, ad Alençon.

7 aprile Elisa entra come postulante al monastero della Visitazione di Le Mans.

20 giugno Zelia riceve un riconoscimento per il lavoro di merlettaia dalla giuria dell’Esposizione industriale d’Alençon.

13 luglio Matrimonio di Luigi e Zelia, nella chiesa di Notre-Dame d’Alençon.

La giovane coppia si stabilisce in via du Pont-Neuf 15.

2. LA VITA FAMIGLIARE: 1858-1877

1858

7 ottobre  Luigi entra nella Compagnia del Santissimo Sacramento.

1859

9 settembre  Morte di Luisa Macé, madre di Zelia, all’età di cinquantaquattro  anni.

1860

22 febbraio  Nascita di Maria, primogenita dei Martin.

1861

7 settembre  Nascita di Paolina, seconda figlia dei Martin.

1863

3 giugno  Nascita di Leonia, terza figlia di Luigi e Zelia.

Luigi aiuta Zelia nell’attività commerciale.

1864

13 ottobre  Nascita di Elena, quarta figlia.

1865

Aprile  Primi sintomi della malattia di Zelia.

Primavera  Leonia si ammala gravemente. Luigi si reca in pellegrinaggio a Notre-Dame di Séez per ottenere la sua guarigione

Poco dopo, Leonia si riprende.

26 giugno  Morte di Pier Francesco Martin, padre di Luigi, all’età di novant’anni.

1866

10 maggio  Isidoro Guérin, fratello di Zelia, compra la farmacia Fournet a Lisieux.

11 settembre  Matrimonio di Isidoro Guérin con Celina Fournet.

20 settembre  Nascita di Giuseppe Luigi, quinto figlio dei Martin.

1867

14 febbraio  Morte di Giuseppe Luigi, all’età di quasi cinque mesi.

Primavera  Malattia (otite) e guarigione di Elena.

19 dicembre  Nascita di Giuseppe Giovanni Battista, sesto figlio dei Martin.

1868

Primavera  Trepidazione per la salute di Giuseppe Giovanni Battista.

Giugno  Salute instabile di Isidoro Guérin, padre di Zelia.

Luglio  Giuseppe Giovanni Battista è molto grave.

24 agosto  Morte di Giuseppe Giovanni Battista, all’età di otto mesi.

3 settembre  Morte di Isidoro Guérin, padre di Zelia, all’età di settantanove anni.

1869

Inverno  Peggioramento della tubercolosi di Suor Maria Dositea (Elisa), sorella di Zelia.

28 aprile  Nascita di Celina, settima figlia di Luigi e Zelia.

2 luglio  Prima Comunione di Maria e miglioramento della tubercolosi di  Suor Maria Dositea.

Estate  Celina è affidata a diverse balie.

5 settembre  Battesimo di Celina.

1870

22 febbraio  Morte di Elena, all’età di cinque anni e quattro mesi.

21 maggio  Celina ritorna a casa.

Luglio  Inizio della guerra franco-prussiana.

16 agosto  Nascita di Maria Melania Teresa, ottava figlia di Luigi e Zelia.

Subito è  affidata a una balia.

1° settembre  Capitolazione delle truppe di Napoleone III.

3 settembre  Colpo di stato a Parigi. Abolizione dell’Impero e inizio della Terza Repubblica.

Continuazione della guerra franco-prussiana.

8 ottobre  Morte di Maria Melania Teresa, all’età di quasi due mesi.

1871

28 gennaio  Firma dell’armistizio dopo la disfatta dell’esercito francese.

Marzo  Insurrezione di Parigi ed instaurazione del governo della “Comune di Parigi” fino al 28 maggio.

28 maggio  Privato degli stati pontifici, Pio IX si costituisce prigioniero in Vaticano.

Fine luglio  Trasloco dei Martin in via Saint-Blaise, 34.

Luigi chiude il negozio di orologeria e si dedica interamente al commercio dei merletti.

Alberto de Mun fonda a Parigi i Circoli operai Cattolici.

1872

Zelia s’iscrive alla Pia Unione mariana di Nostra Signora del Buon Consiglio.

1873

2 gennaio  Nascita di Maria Francesca Teresa, nona ed ultima figlia dei Martin.

4 gennaio  Battesimo di Teresa nella chiesa di Notre-Dame d’Alençon.

Marzo  Teresa soffre di gravi problemi intestinali. L’11 marzo si ristabilisce e viene affidata alla balia Rose Taillé di Semallé.

5 aprile  Di ritorno da Le Mans, Maria si ammala di febbre tifoidea.

5 maggio  Luigi si reca in pellegrinaggio alla Butte-Chaumont (nei pressi di Alençon) per ottenere la guarigione di Maria. Una settimana dopo, Maria si ristabilisce.

24 maggio  Luigi si reca in pellegrinaggio a Chartres (40.000 persone).

23 luglio  Decreto dell’Assemblea nazionale per la costruzione della Basilica del Sacro Cuore di Montmartre.

1874

2 aprile  Ritorno di Teresa ad Alençon.

1875

gennaio  Peripezie della giovane Armandina che Zelia cerca di aiutare.

28 marzo  Zelia s’iscrive all’Arciconfraternita del Cuore agonizzante di Gesù.

20 agosto  Luigi in ritiro spirituale alla Trappa di Soligny.

25 novembre  Fondazione dei Circoli operai Cattolici ad Alençon.

1876 

Luigi è punto da una mosca velenosa all’orecchio sinistro.

Estate  Brutale scoperta del cancro al seno di Zelia.

17 settembre  Luigi Martin è tra i membri fondatori dei Circoli operai Cattolici d’Alençon.

17 dicembre  Il medico diagnostica a Zelia la morte entro breve tempo.

1877

24 febbraio  Morte di suor Maria Dositea, sorella di Zelia, all’età di quarantotto anni.

Marzo  Liberazione e cambiamento di Leonia.

17-23 giugno  Zelia, accompagnata da Maria, Paolina e Leonia, si reca in pellegrinaggio a Lourdes.

22 luglio  Zelia partecipa l’ultima volta alla S. Messa.

26 agosto  Zelia riceve l’Estrema Unzione.

28 agosto  Morte di Zelia, alle 0:30, all’età di quasi quarantasei anni.

29 agosto  Inumazione di Zelia nel cimitero di Alençon.

3. LA VEDOVANZA DI LUIGI: 1877-1894

1877

19 settembre  Stesura del contratto per l’affitto della casa dei Buissonnets, a Lisieux.

15 novembre  Arrivo delle figlie Martin a Lisieux.

16 novembre  Installazione delle figlie Martin ai Buissonnets.

29 (o 30) novembre Luigi raggiunge le figlie ai Buissonnets, dopo aver venduto la licenza di commercio in merletti ad Alençon.

1878

Gennaio  Iscrizione di Leonia e Celina alla scuola dell’Abbazia di Notre-Dame-du Pré.

17 giugno – 2 luglio Luigi conduce Maria e Paolina a Parigi per visitare l’Esposizione Universale.

1879 (o 1880)

Estate  Teresa ha una visione premonitrice della malattia del papà.

1881

3 ottobre  Iscrizione di Teresa alla scuola dell’Abbazia di Notre-Dame-du-Pré.

1882

16 febbraio  Paolina decide di entrare al Carmelo.

17 aprile  Maria sceglie il gesuita Padre Pichon come confessore.

2 ottobre  Paolina entra al Carmelo di Lisieux con il nome di suor Agnese di Gesù.

1883

Fine marzo  Soggiorno di Luigi a Parigi, accompagnato da Maria e da Leonia, in occasione della Settimana Santa.

25 marzo  Inizio della malattia nervosa di Teresa a casa dei Guérin. Luigi, Maria e Leonia interrompono il soggiorno a Parigi e rientrano a Lisieux.

8 aprile  Morte di Maria Anna Fanie Boureau, madre di Luigi, all’età di ottantatre anni.

13 maggio  Nel giorno di Pentecoste, guarigione improvvisa di Teresa per il sorriso della Vergine.

1884

8 maggio  Prima Comunione di Teresa all’Abbazia. Nello stesso giorno, professione di suor Agnese di Gesù (Paolina) al Carmelo.

1885

26 aprile  Iscrizione dei Martin all’Arciconfraternita del Volto Santo.

22 agosto-17 ottobre Viaggio di Luigi in Europa centrale fino a Costantinopoli.

1886

7 ottobre  Leonia entra all’improvviso dalle Clarisse d’Alençon. Vi rimarrà fino al 1°dicembre.

15 ottobre   Maria entra al Carmelo di Lisieux con il nome di suor Maria del Sacro Cuore.

25 dicembre  Di ritorno dalla messa di mezzanotte, Teresa riceve la grazia della conversione.

1887

1° maggio  Luigi vittima di un primo attacco di paralisi, con emiplegia parziale.

29 maggio  Pentecoste. Luigi concede a Teresa il permesso di entrare al Carmelo a quindici anni.

16 luglio  Primo tentativo di vita religiosa di Leonia presso le Visitandine di Caen. Vi resterà solo sei mesi, fino al 6 gennaio 1888.

31 ottobre  Visita di Luigi e di Teresa da Mons. Hugonin, a Bayeux.

4 novembre  Luigi conduce Celina e Teresa in pellegrinaggio a Roma.

20 novembre  Udienza di Leone XIII, durante la quale Teresa chiede al Papa di entrare al Carmelo a quindici anni.

2 dicembre  Rientro a Lisieux.

28 dicembre  Mons. Hugonin autorizza l’entrata di Teresa al Carmelo.

1888

9 aprile  Entrata di Teresa al Carmelo di Lisieux con il nome di suor Teresa di Gesù Bambino.

Maggio  Nella chiesa di N.D. d’Alençon, Luigi Martin si offre come “Vittima”.

Maggio – giugno  Luigi perde 50.000 franchi, investiti nella costruzione del Canale di Panama.

22 maggio  Professione di suor Maria del Sacro Cuore (Maria).

15 giugno  Celina informa il papà del suo desiderio di entrare al Carmelo.

23 giugno  Senza avvisare nessuno, Luigi si allontana da Lisieux.

26 giugno  Incendio di una casa contigua ai Buissonnets.

27 giugno  Luigi è ritrovato dopo quattro giorni a Le Havre in stato confusionale.

1°-15 luglio  Soggiorno di Luigi, Leonia e Celina, a Auteuil (Parigi).

6 agosto  Viaggio di Luigi, Leonia e Celina ad Alençon.

22 agosto  Luigi vittima di un nuovo attacco circolatorio ai Buissonnets.

31 ott.-2 nov.  Viaggio di Luigi e Celina a Le Havre per salutare padre Pichon in partenza per il Canada.

A Honfleur, durante il tragitto, grave ricaduta di Luigi.

Novembre  La vestizione di Teresa è rimandata a causa dello stato di salute di Luigi.

Dicembre (?)  Luigi offre 10.000 franchi per il nuovo altare della cattedrale di Saint-Pierre di Lisieux.

1889

10 gennaio  Vestizione di Teresa alla presenza del papà. Teresa aggiunge al suo nome del Volto Santo.

Fine gennaio  Lo stato di salute di Luigi si fa sempre più preoccupante.

12 febbraio  Dopo una nuova crisi, aggravata da allucinazioni, Luigi, sessantasei anni, è ricoverato all’ospedale Bon Sauveur di Caen. Vi resterà poco più di tre anni e tre mesi. Teresa chiamerà questa prova: La nostra grande ricchezza.

19 febbraio  Leonia e Celina si trasferiscono a Caen, in prossimità del Bon Sauveur.

18 giugno  Su iniziativa del cognato Isidoro Guérin, Luigi è destituito dall’amministrazione dei suoi beni.

6-20 luglio  Soggiorno dei Guérin, con Leonia e Celina, al castello della Musse, nei pressi di Evreux.

20 luglio  Di ritorno dal soggiorno alla Musse, Leonia e Celina lasciano i Buissonnets e si stabiliscono a casa dei Guérin.

25 dicembre  Cessazione dell’affitto dei Buissonnets.

1890

Marzo  Speranza per un prossimo rientro di Luigi a Lisieux.

Maggio  Luigi partecipa alle celebrazioni del mese di Maria organizzate all’ospedale Bon Sauveur.

10-31 luglio  Soggiorno di Leonia e Celina al castello della Musse.

8 settembre  Professione religiosa di Teresa.

22 settembre  Celina visita il papà e spera nella sua presenza alla velazione di Teresa.

Isidoro Guérin si oppone categoricamente.

24 settembre  Velazione di Teresa.

1° ottobre  Matrimonio tra Giovanna Guérin e Francesco La Néele.

8-16 (?) ottobre  Pellegrinaggio di Leonia e Celina a Paray-le-Monial.

1891

29 giugno-13 agosto Soggiorno di Leonia e Celina al castello della Musse.

1892 

Gli arti inferiori di Luigi sono ormai paralizzati.

10 maggio  Luigi rientra a Lisieux, accompagnato dal cognato Isidoro Guérin.

12 maggio  Ultima visita di Luigi al Carmelo.

Luglio  Leonia e Celina si stabiliscono con il papà e il domestico Désiré in via Labbey 7.

1893 

20 febbraio  Suor Agnese è eletta priora del Carmelo di Lisieux.

Primavera  Fotografie di Luigi scattate da Celina e inviate al Carmelo.

24 giugno  Secondo tentativo di Leonia alla Visitazione di Caen (il terzo incluso quello dalle Clarisse).

Uscirà dopo due anni, il 20 luglio 1895.

26 giugno – 18 agosto Soggiorno dei Guérin al castello della Musse con Luigi, Celina e il cane Tom.

1894

27 maggio  Serio attacco cerebrale di Luigi. La paralisi si generalizza. Riceve l’Estrema Unzione.

5 giugno  Gravissima crisi cardiaca di Luigi.

8 giugno  I Guérin accolgono Luigi e Celina in casa loro.

4 luglio  I Guérin conducono Luigi e Celina alla Musse.

28 luglio  Nuova crisi cardiaca di Luigi.

29 luglio  Morte di Luigi Martin, alle 08:15, all’età di quasi settantuno anni.

2 agosto  Inumazione di Luigi nel cimitero di Lisieux.

4. VERSO GLI ALTARI: 1894-2008

1894

14 settembre  Celina entra al Carmelo di Lisieux con il nome di suor Maria del Volto Santo.

10 ottobre  Esumazione e trasferimento nella tomba di famiglia nel cimitero di Lisieux dei resti mortali di Zelia Guérin, dei quattro figli morti in tenera età, di Isidoro Guérin (padre di Zelia) e di Maria Anna Fanie Boureau (madre di Luigi).

1895

5 febbraio  Vestizione di Celina con il nome di suor Genoveffa di Santa Teresa.

Solo nel 1916 prenderà il nome di suor Genoveffa del Volto Santo.

9 giugno  Teresa si offre come vittima d’olocausto all’Amore Misericordioso.

21 ottobre  Il reverendo Bellière viene affidato come fratello spirituale alla preghiera di Teresa. Viene così soddisfatto il desiderio dei Martin di avere un figlio sacerdote.

1896

24 febbraio  Professione di suor Genoveffa di Santa Teresa (Celina).

1897

26 luglio  Teresa scrive all’Abbé Bellière: Il buon Dio mi ha dato un padre e una madre più degni del cielo che della terra (LT 261).

30 settembre  Morte di Teresa, alle 19:20, all’età di ventiquattro anni.

4 ottobre   Inumazione di Teresa nel cimitero di Lisieux. Leonia guida il corteo funebre.

1898

21 ottobre  Pubblicazione di Storia di un’Anima.

1899

28 gennaio  Leonia entra definitivamente alla Visitazione di Caen con il nome di suor Francesca Teresa.

1900

2 luglio  Professione di Leonia alla Visitazione di Caen.

1909

28 settembre  Morte di Isidoro Guérin, fratello di Zelia, all’età di sessantotto anni.

1923

29 aprile  Beatificazione di Teresa da parte di Pio XI.

1925

17 maggio  Canonizzazione di Teresa da parte di Pio XI.

1927

14 dicembre  Pio XI proclama Teresa Patrona delle Missioni, alla pari di San Francesco Saverio.

1940

19 gennaio  Morte di suor Maria del Sacro Cuore (Maria Martin), all’età di ottant’anni.

1941

16 giugno  Morte di suor Francesca Teresa (Leonia), all’età di settantotto anni.

Pubblicazione di una parte della corrispondenza di Zelia.

1946 

Pubblicazione del libro Histoire d’une famille (Storia di una Famiglia) di padre Stefano Piat.

1951

28 luglio  Morte di Madre Agnese di Gesù (Paolina), all’età di novant’anni.

1958

25 febbraio  Morte di suor Genoveffa del Volto Santo (Celina) all’età di novant’anni.

Come invocarli

Come invocare
i Santi Coniugi Luigi e Zelia Martin

Per esempio con una novena

Che cos’è una novena
Una Novena di preghiera e d’intercessione è un’antica tradizione della Chiesa. È una preghiera insistente, fatta con determinazione e costanza per nove giorni consecutivi, nella fiducia di poter ottenere qualcosa. Si ispira alla preghiera fatta con un cuore solo dagli apostoli, riuniti attorno a Maria nel Cenacolo, durante i nove giorni che separano l’Ascensione del Signore dalla discesa dello Spirito Santo il giorno di Pentecoste (At 2,1-4).

È “pregare sempre senza stancarsi”, come la vedova importuna del capitolo 18 del Vangelo di Luca. Oppure come quell’uomo di cui parla Gesù nel capitolo 11 dello stesso Vangelo: con la sua insistenza ottiene dall’amico il pane di cui ha bisogno, nonostante sia mezzanotte.

Ogni Novena persegue un fine spirituale o materiale. Nessun aspetto della nostra vita è indifferente, e meno ancora straniero, al Padre Nostro che è nei Cieli. Egli ci accorda ogni grazia, ogni dono che favorisce la nostra crescita spirituale, a condizione che noi glielo chiediamo: “Chiedete e vi sarà dato” (Mt 7,7).

Quando fare una novena

Ogni volta che si vuole chiedere a Dio un aiuto particolare per una nostra necessità spirituale o materiale (preoccupazioni, angosce, depressione, malattie, problemi familiari, matrimonio in crisi, mancanza di lavoro…).
La Parola di Dio dice infatti: “Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le
vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti” (Fil, 4,6).

Perché chiedere l’intercessione di un santo

La Parola di Dio dice: “pregate gli uni per gli altri” (Gc 5,16), “sostenetevi a vicenda” (1 Ts 5,11), “è gloria del Padre Mio che portiate molto frutto e che il vostro frutto rimanga” (cfr. Gv 15,8.16).
A chi sulla terra è stato un servitore fedele di Dio, Gesù stesso dice: “Servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto” (Mt 25,21).
“A chi persevera sino alla fine nelle mie opere, darò autorità sopra le nazioni; le pascolerà con la stessa autorità che a me fu data dal Padre mio” (Ap 2,26-28).
Perciò possiamo fiduciosamente chiedere al Venerabile Casimiro di pregare per noi dal Cielo e ottenerci le grazie di cui abbiamo bisogno.

Novena ai
i Beati Coniugi Luigi e Zelia Martin

Per pregare occorre mettersi in raccoglimento davanti a Dio.

Chiediamo ai Beati Coniugi Luigi e Zelia Martin genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino, di aiutarci a metterci alla presenza di Dio e insieme entrare nella stanza del nostro cuore dove dimora Dio.

Ringraziare Dio Padre perché possiamo stare davanti a Lui con familiarità e fiducia, come dice la Parola di Dio: “Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della Grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno” (Eb 4,16).

– Padre, Tu sei l’Onnipotente, Tu sei il Creatore di tutto ciò che esiste, Tu sei grande,
Tu sei Santo, Tu ci ami.
– Grazie che posso rivolgermi a Te con fiducia.
– Grazie che hai cura di me.
– Grazie che ti interessi a me, a ogni particolare della mia vita.

Dire lentamente, col cuore, Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo.Com’era nel principio e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.

Ringraziare Dio per averci dato i Beati Coniugi Luigi e Zelia Martin.

– Grazie Gesù perché hai chiamato i Beati Coniugi Luigi e Zelia Martin a diventare come sposi intercessori e un riferimento per noi.

– Grazie che hai fatto cose grandi nella loro vita di sposi, genitori e di educatori cristiani.
– Grazie che hai dato ai Beati Coniugi Luigi e Zelia Martin la forza di essere famiglia , unita, laboriosa e caritatevole fino alla fine per testimoniare il primato dell’essere sull’avere. Grazie perché i Beati Coniugi Luigi e Zelia Martin portavano la tua Presenza ovunque passavano e con chiunque incontrassero.
– Grazie che anch’io posso avere fiducia che tu permetterai ai Beati Coniugi Luigi e Zelia Martin aiutarmi in questa mia necessità … (esporre la necessità).

Preghiera di affidamento delle famiglie ai Beati coniugi Martin

O Dio, principio e fonte dell’Amore,
Tu ci chiami alla santità seguendo
la testimonianza di Luigi e Zelia Martin.
La loro vita è una storia d’amore vissuta con Te
aperta sugli orizzonti delle beatitudini.
In loro e con loro hai manifestato la Tua alleanza
che si è intrecciata con la forza donata dall’accoglienza della croce.
Dall’esperienza coniugale dei Martin
impariamo che la santità
è guardare l’altro e riconoscerlo Tuo dono,
sentire le sue attese e prevenirle,
rivelarsi per accogliersi nella verità.
Comprendiamo che la santità è ascoltarsi e parlarsi,
comunicare con fantasia e comunione oblativa.
Scopriamo che la santità è appartenersi,
spendendo la vita per l’altro,
servendo la crescita dell’altro
primeggiando nel dono,
offrendosi nella castità.
Per la intercessione dei Beati Luigi e Zelia Martin
dona oggi a noi sposi
di essere richiamo vivente dell’amore
che sa accogliere e donare la vita con generosità
che sa aprirsi alle necessità dei fratelli,
ma soprattutto
infondi il coraggio di sceglierci ogni giorno,
amarci con stupore,
consumarci l’uno per l’altro
fino a rivelare ogni giorno di più, su tutta la terra
la feconda comunione della Trinità che ci condurrà
alla festa senza fine del Regno
per i secoli dei secoli.
Amen

Novena
per ottenere grazie attraverso l’intercessione
dei Beati coniugi Luigi e Zelia Martin e per la loro glorificazione

 

Dio nostro Padre,io ti ringrazio di averci donato i Beati Coniugi Luigi e Zelia Martin,
che, nell’unità e fedeltà del matrimonio, ci hanno offerto la testimonianza di una vita cristiana esemplare, compiendo i loro doveri quotidiani secondo lo spirito del Vangelo.

Allevando una numerosa famiglia, attraverso le prove, i lutti e le sofferenze,
hanno manifestato la loro fiducia in te ed aderito generosamente alla tua volontà.
Signore, facci conoscere i tuoi disegni a loro riguardo, e accordami la grazia che ti chiedo (…), nella speranza che il padre e la madre di santa Teresa di Gesù Bambino possano un giorno essere proposti dalla Chiesa come modello alle famiglie del nostro tempo. Amen

Pater, Ave, Gloria

Con approvazione ecclesiastica

 

Indirizzi per raccontare le grazie ricevute, per chiedere delle reliquie, per avere le diverse pubblicazioni che li riguardano e quelle che riferiscono i loro scritti, contattare:
padre Antonio Sangalli, vice-postulatore – Convento San Girolamo – Via Pergolato, 1 – 44121 Ferrara.

Telefono diretto: 0532 65125- e-mail: sangalli.antonio@tiscali.it

Per fare delle offerte servirsi del conto bancario

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Iter della causa di Beatificazione

Apertura Processo Martin

Il 7 gennaio scorso, nel Salone gotico del Palazzo Arcivescovile di Valencia (Spagna), si è aperto ufficialmente il processo “Super Miro”, circa il presunto miracolo operato dai Beati Coniugi Zelia e Luigi Martin, a favore di una bambina di nome Carmen,  che oggi ha quattro anni e che è nata prematura con gravi problemi. I medici hanno riscontrato immediatamente alla neonata un’emorragia cerebrale di quarto grado che dava poche speranze, anche per un avvenire normale, qualora la piccola fosse sopravvissuta. Consigliate dalle monache di un Carmelo vicino alla città, alle quali la famiglia si era rivolta per invocare Teresa d’Avila poiché Carmen era nata il 15 ottobre, di fare una novena ai beati genitori di S. Teresa di Gesù Bambino, tutta la famiglia, nonni e fratellino compresi, invocarono non solo la salvezza da morte, ma pure la guarigione completa della bimba. Oggi, dopo quattro anni, la grazia segnalata e corredata da tutta la documentazione clinica della nascita e da esami recenti ripetuti in Spagna come in Italia, è stata scelta come “miracolo” da sottoporre alla Chiesa per un’eventuale prossima canonizzazione dei due Beati. Già sono stati ascoltati quindici testimoni, e grande è stata la gioia di Mons. Carlos Osoro Serra, Arcivescovo di Valencia, nell’accogliere questo dono di grazia nella sua diocesi. È fortemente convinto che dalla testimonianza di Zelia e Luigi ne possa venire un bene grande alla Pastorale familiare dei suoi fedeli. Chiediamo preghiere, perché tutto proceda secondo la volontà di Dio, per la sua gloria.

 Iter della Causa

dei Beati Coniugi Luigi e Zelia Martin

VERSO GLI ALTARI: 1894-2008

1957 

22 marzo  Apertura processo Super Virtutibus di Luigi Martin (Diocesi di Bayeux).

10 ottobre  Apertura processo Super Virtutibus di Zelia Guérin (Diocesi di Séez).

1958

13 ottobre  Esumazione dei corpi di Luigi Martin e di Zelia Guérin e trasferimento in due tombe distinte dietro l’abside della basilica di Lisieux, ai piedi della Via Crucis.

1959

7 gennaio  Chiusura del processo Super Virtutibus di Zelia Guérin.

Il 21 gennaio gli atti sono consegnati alla Congregazione per le Cause dei Santi.

25 febbraio  Morte di suor Genoveffa del Volto Santo (Celina) all’età di novant’anni.

1960

12 febbraio  Chiusura del processo Super Virtutibus di Luigi Martin.

Gli atti sono consegnati alla Congregazione per le Cause dei Santi.

1971

La procedura per la beatificazione dei coniugi Luigi e Zelia, per volere di Paolo VI, è unificata in una sola e medesima Causa.

1973

Celebrazione del centenario della nascita di Teresa Martin.

1994

15 marzo  La Congregazione per le Cause dei Santi riconosce l’eroicità nella pratica quotidiana delle virtù di Luigi e Zelia.

26 marzo  Giovanni Paolo II firma il decreto sulla eroicità delle virtù e proclama Luigi e Zelia Martin Venerabili.

1997

Celebrazione del centenario della morte di Teresa Martin.

19 ottobre  Giovanni Paolo II proclama Teresa Dottore della Chiesa.

2002

29 giugno  Guarigione scientificamente inspiegabile del neonato Pietro Schilirò, ottenuta per intercessione di Luigi e Zelia Martin.

2003

16 aprile  A Monza, apertura del Processo Super Miro attribuito all’intercessione dei coniugi Luigi e Zelia Martin.

10 giugno  Il Cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, chiude l’indagine canonica diocesana inerente il Processo Super Miro della guarigione di Pietro.

2008

26 maggio  Esumazione dei corpi dei coniugi Martin e trasferimento in un’unica urna nella Cripta del Santuario di Lisieux.

3 luglio  Benedetto XVI approva il miracolo della guarigione di Pietro attribuita ai Venerabili Luigi e Zelia Martin.

2008

19 ottobre  A Lisieux, Beatificazione di Luigi e Zelia Martin.

La loro memoria liturgica si celebra il 12 luglio: anniversario delle loro nozze.

Relazione di Padre Antonio Sangalli O.C..D

Cronologia di un miracolo

Tutto quanto viene qui descritto non vuole precedere in nulla il giudizio che compete esclusivamente alla Chiesa.

Credo di essere stato tra i primi a conoscere la nascita di Pietro Schilirò.
Mi trovavo a Marola (Reggio Emilia), all’incontro della Federazione dei Monasteri Carmelitani Regina Pacis, quando ricevo la telefonata di Valter, il papà di Pietro, che mi comunica la nascita del figlio. Era il 25 maggio 2002 il giorno stesso della nascita. La gioia dell’annuncio della sua quinta nascita era però rattristato dal fatto che il bambino, nato da parto eutocico alla 40a settimana di età gestazionale, è stato portato immediatamente in terapia intensiva per grave insufficienza respiratoria dovuta ad ingestione di meconio. Il caso però appare nella norma e risolvibile nel giro di qualche giorno. Scambiamo e formuliamo preghiere e ci lasciamo, preoccupati sì, ma abbastanza tranquilli. Ricevo poi, nei giorni seguenti, altre telefonate che, pur preoccupate, non sono disperate, mi chiedono di pregare e di far pregare.

Tra alti e bassi si arriva al 3 giugno quando al telefono i genitori mi chiedono di amministrare urgentemente il Battesimo al neonato perché i medici lo dichiarano in grave pericolo di vita. Sono molto sorpreso e stento a credere alla gravità del caso, ma fissiamo il Rito del Battesimo per le ore 20,00 dello stesso giorno, in Ospedale. Alla sera vengono a prendermi i Coniugi Schilirò con i loro figli. Il breve viaggio verso l’Ospedale si svolge in un clima di forte emozione ed è in questa circostanza che propongo alla famiglia (4 figli più Jasmina, una ragazza bosniaca in affido) di pregare i Venerabili Coniugi Louis e Zélie Martin, genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino, che hanno perso ben quattro figli in tenera età, perché aiutino, grandi e piccoli, a comprendere la volontà di Dio. Lascio loro alcune Pagelline con brevi cenni biografici e la preghiera per la novena che avevo portato con me.

Ricordo il clima fortemente teso dovuto al fatto di non riuscire a comprendere quanto stava accadendo, come se si stesse vivendo un brutto sogno. Dopo aver preso tutte le precauzione del caso, mi conducono in reparto; entrano con me solo i genitori. Mi trovo davanti ad un bel bambino di quattro kg., completamente sedato e connesso a ventilatore meccanico (ad alta frequenza oscillatoria). Amministro il Battesimo alla presenza dei genitori, che sono anche i padrini e rispondono alle domande del Rito, mentre dalla finestra del reparto assistono gli altri figli. Vi è pure la presenza di una infermiera. Il Rito si svolge secondo il rituale romano per i bambini in pericolo di morte, per cui ometto i riti complementari. Non potendo versare l’acqua sulla fronte del bimbo perché connesso al ventilatore meccanico e non può essere assolutamente mosso, immergo il pollice in un bicchiere d’acqua ed inumidisco la fronte per tre volte battezzandolo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, imponendogli il nome di Pietro. L’emozione è grande e visibile in tutti.

Terminato il Rito del Battesimo, la Dr.ssa Farina chiama i genitori di Pietro in una saletta per un colloquio al quale vengo invitato anch’io. Assieme ai genitori ascolto la descrizione delle condizioni del neonato che non lasciano intravedere nulla di buono e che un prolungamento ulteriore della ventilazione meccanica dei polmoni porterebbe sicuramente ulteriori complicazioni alla sua vita. Fino a questo momento non avevo seguito la vicenda che sentendo il papà o la mamma, che quasi quotidianamente mi tenevano al corrente e mi spiegavano la gravità dello stato di Pietro e che era andato sempre più peggiorando fino al punto da rendere urgentissimo il Battesimo. Ma ora, quanto stavo ascoltando, mi convinceva che nonostante le parole molto precise, circostanziate, velate e sfumate la situazione era gravissima.

In quella stessa seduta, la Dr.ssa Farina, in mia presenza rinnova, la richiesta ai genitori perché acconsentano ad una biopsia dei polmoni di Pietro al fine di verificare che cosa poteva giustificare l’intrattabilità del caso. Anche i medici ormai non pensavano più solo ad ingestione di meconio, ma di valutavano anche altre ipotesi. Non c’è molto tempo perché se si trattasse di una possibile malattia ereditaria? occorrerebbe portare il neonato a Bergamo per altri trattamenti che non sarebbero stati efficaci oltre un certo tempo. La biopsia spiega la Dr.ssa, comunque, non apporterà alcun danno allo stato attuale di Pietro né potrà cambiare la tragicità della situazione. La famiglia manifesta perplessità, dubbi ed esitazioni al riguardo di un intervento invasivo su un bambino il cui stato era peggiorato al punto da chiedere il Battesimo, e si opponeva solo perché sembrava loro ormai un inutile accanimento terapeutico. Intervengo chiedendo ulteriori chiarimenti alla Dr.ssa e poi rivolgendomi ai genitori cerco di far loro comprendere che una biopsia potrà almeno far conoscere che cosa sta compromettendo così gravemente la vita del loro bambino. In fondo una cattiva speranza è meglio che nessuna speranza?

Conosco la famiglia Schilirò da anni, come pure la loro fede, dopo il colloquio con loro e la Dr.ssa, persuaso dell’estrema gravità di Pietro, ho rinnovato una volta di più a loro e a figli, mentre mi riconducono a casa, la richiesta di iniziare subito la Novena pregando i Coniugi Martin, cosa che accolgono coinvolgendo non solo i parenti, ma anche i molti amici in questa iniziativa distribuendo la Pagellina della Novena.

Personalmente nutrivo la speranza, più che per la guarigione diretta di Pietro, così drammaticamente descritta dal medico, per la comprensione della volontà di Dio riguardo al senso misterioso di questa nascita.

L’indomani vengo a conoscere che la famiglia, avendo consultato anche altri medici amici, dopo un lungo e doloroso ripensamento della situazione che permane gravissima, ha dato l’autorizzazione per la biopsia.

Al lettino di Pietro verrà poi posta l’immaginetta dei Coniugi Martin perché veglino su di lui ed aiutino tutti a conoscere ed accogliere la volontà di Dio qualunque essa sia.

Intanto, a Novena iniziata, il 4 giugno Pietro viene sottoposto ad intervento chirurgico di biopsia polmonare da parte del Dr. D’Alessio dell’Ospedale di Legnano (Milano), che dichiara al papà che il prelievo bioptico si presenta ad un esame macroscopico in pessime condizioni.

Nei giorni successivi le condizioni del neonato permangono gravissime e l’assistenza respiratoria (HFO) sempre estremamente spinta. Il 5 giugno, nel pomeriggio, arriva un comunicato telefonico della Dr.ssa Cappellini (anatomo-patologa), dell’Ospedale di Monza, che esegue l’esame del pezzo bioptico che sospetta una malformazione congenita caratterizzata da grave sovvertimento della struttura polmonare. Il referto scritto del giorno 6 giugno dice: «? il quadro complessivo, pur non configurando quadro malformativo specifico, è di uno sviluppo congenito maturativo alterato con ispessimento degli spazi interstiziali ed estrema scarsità di superficie respiratoria. La diagnosi istologica è resa difficile dal sovvertimento dello stato di base dovuto alle sequele terapeutiche».

La Dr.ssa Zorloni, in base al reperto di cui sopra, avverte quindi la famiglia Schilirò che la prognosi è infausta e che verranno effettuati post-mortem ulteriori prelievi al neonato per futuri esami.

La famiglia Schilirò prostrata continua a pregare e inizia il 13 giugno una seconda Novena durante una celebrazione comunitaria a cui partecipano moltissime persone che conoscono la famiglia e il suo grande dolore. Durante e dopo la recita del Rosario invito tutti a pregare i Venerabili Coniugi Martin, che hanno conosciuto il dolore della perdita di quattro figli, per ottenere la luce e la forza necessaria per conoscere ed accogliere la volontà di Dio al riguardo della sorte di Pietro. Al termine recitiamo comunitariamente la preghiera della Novena chiedendo espressamente ai Coniugi la comprensione della volontà di Dio e la guarigione di Pietro se essa è nei suoi piani.

L’indomani, 14 giugno, la mamma di Pietro mi telefona e mi invita a leggere la lettera n° 194 che Teresa di Gesù Bambino scrive a suor Maria di San Giuseppe l’8 settembre 1896, prendo il libro e leggo:

« (?) Sono incantata dal piccolo Bambino e colui che lo porta tra le braccia è ancor più incantato di me? Ah com’è bella la vocazione del piccolo Bambino! Non è una missione che deve evangelizzare, ma tutte le missioni. E questo come? Amando, dormendo, GETTANDO FIORI a Gesù quando sonnecchia. Allora Gesù prenderà questi fiori e comunicando loro un valore inestimabile, li lancerà a sua volta, li farà volare su tutte le rive e salverà le anime, con i fiori, con l’amore del piccolo bambino che non vedrà nulla, ma che sorriderà sempre anche attraverso le lacrime! (Un bambino missionario e guerriero che meraviglia!)».
(Lt. 194 – I corsivi e il maiuscolo sono dell’autrice; Edizione del Centenario S. Teresa di Gesù Bambino, Opere Complete).

Sono sorpreso e stupito, e pur non conoscendo il testo in questione, mi risulta spontanea l’applicazione a Pietro e al telefono con la mamma cerco di aiutarla ad accogliere la risposta alla nostre preghiere come ci giunge attraverso questo frammento di lettera di Santa Teresa di Gesù Bambino. Se non altro la lettera ci aiuta a comprendere che Pietro ha una vocazione e che «amando dormendo» evangelizza non una missione ma tutte le missioni! Questo ci fa capire che quanto Dio sta chiedendo a Pietro non è un destino cieco, iniquo e cattivo, anzi Pietro «dice sì» al compito, alla missione che Dio gli ha affidato quella di essere «missionario e guerriero», «senza vedere nulla» e «sorridendo sempre anche attraverso la lacrime». La mamma sorpresa mi ascolta e, se non proprio «felice», sembra più lieta per la inaspettata luce che la lettera getta sul destino di Pietro. Sì, personalmente, mi ritenevo «esaudito», ero convinto che Pietro, qualunque fosse il numero dei suoi giorni o dei suoi anni, egli aveva un compito ed una missione da realizzare. Mi sembrava di aver più luce se non più gioia, e questo pur nel grave frangente mi consolava, dandomi la forza di orientare anche Adele in questo senso. Il testo della lettera di Teresa la mamma l’aveva ricevuto dalla propria sorella che per starle vicino leggeva gli scritti di Teresa di Gesù Bambino per confortare la sorella nella grande prova in cui si trovava ormai da tempo.

Appena deposto il telefono volli però accertarmi del contesto della lettera che pensavo, in un primo momento, il frammento dovesse appartenere, e con mia sorpresa trovo che il frammento è tale anche nell’Edizione delle Opere Complete, anzi, è seguito da un secondo frammento il n° 195 sempre indirizzato a Suor Maria di San Giuseppe e che porta la stessa data (data che mi si farà poi notare è la medesima del Manoscritto B, dove Teresa parla ancora della vocazione del piccolo bambino; cfr. Ms B 4r° e 4v°).

Il nuovo frammento apportava ulteriore luce al caso di Pietro, per cui telefonai immediatamente alla mamma e gli lessi quello che ritenevo come un seguito e un completamento del precedente:

«Il piccolo fratello pensa come il piccolo Bambino?
Il martirio più doloroso, più AMOROSO è il nostro, poiché solo Gesù lo vede.
Non sarà mai rivelato alle creature sulla terra, ma quando l’Agnello aprirà il libro della vita, quale stupore per la Corte Celeste sentire proclamare, con quelli dei missionari e dei martiri, il nome dei piccoli bambini che non avranno mai fatto azioni clamorose?».
(Lt. 195I – I corsivi e il maiuscolo sono dell’autrice; Edizione del Centenario S. Teresa di Gesù Bambino, Opere Complete).

Dico alla mamma che possiamo essere rassicurati circa il senso della vita del piccolo Pietro che pur non facendo «azioni clamorose?», lascerà nello stupore «la Corte Celeste\”!

Ora mi sembrava tutto più chiaro che non ci fosse altro da attendere, o meglio, che bisognava prepararsi a prendere la grave decisione: quella di non continuare eventualmente ad accanirsi contro Pietro. (Debbo confessare che in quei giorni a causa delle notizie infauste, mi pensavo a cosa avrei dovuto dire al funerale di Pietro. E di aver messo da parte le due citazioni di Teresa per il caso. Questo non l’ho mai osato dire! Confesso di aver pensato a questa eventualità, perché ero certo che la famiglia mi avrebbe chiesto di aiutarli e di star loro vicino). Intanto la situazione clinica nei giorni successivi è altalenante Pietro passa a periodi di ventilazione meccanica convenzionale a ventilazione ad alta frequenza oscillatoria con ossido nitrico e FIO2 100%. Vengono posizionati in sequenza 12 drenaggi toracici per trattare pneumotorace ipertesi e recidivanti. Viene posizionato catetere venoso centrale con manovra chirurgica. Durante questo periodo di ventilazione sviluppa sepsi da candida trattata con terapia antifungina. Si è fatta un’assistenza massimale, che permette di mantenere il neonato in condizioni respiratorie accettabili, ma non si osserva alcun segno di miglioramento.

Il 24 giugno viene sospeso l’ossido nitrico ritenuto ormai inefficace ai fini dell’ossigenazione. Il 26 giugno il Primario, Dr. Paolo Tagliabue, convoca i genitori poiché Pietro ha presentato delle gravi crisi respiratorie a causa delle difficoltà di trattamento dei pneumotoraci bilaterali, tali da poter determinare il decesso del neonato. Si conferma l’estrema gravità delle condizioni cliniche. Nonostante ciò non si recede dalla terapia massimale in corso.

Inaspettatamente la mattinata del 29 giugno (Ss Pietro e Paolo) per la prima volta è possibile ridurre la percentuale di ossigeno somministrata per mantenere adeguati livelli di ossigenazione (100% a 70%). Ciò in concomitanza alla risoluzione del pneumotorace. Il giorno 30 giugno viene definitivamente tolto il drenaggio pleurico di sinistra. Il 2 luglio, ulteriore miglioramento con FIO2 70%, rimozione del drenaggio pleurico di destra ed estubazione: Pietro mantiene un’attività respiratoria spontanea con ossigeno tramite \”occhiali\”.

Il 15 luglio Pietro è sempre in respiro spontaneo senza ossigeno.

Il 27 luglio Pietro viene dimesso senza alcun supporto respiratorio in buone condizioni generali.
Il 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Santa Croce, Pietro viene presentato ufficialmente alla comunità parrocchiale di San Francesco d’Assisi in Muggiò (Mi) e per ricevere i Riti complementari del Battesimo. Presiede l’Eucaristia vespertina il Parroco, Don Leonardo Fumagalli, a ringraziare Dio per la guarigione di Pietro vi sono 400 e oltre amici che sono stati per la famiglia una grande compagnia nelle ore buie della dolorosa prova.

A quanto mi risulta al momento attuale gode ottima salute e cresce rispettando le varie tappe tipiche del suo sviluppo.

P.Antonio Sangalli O.C.D.

Relazione Medica

Relazione medico-sanitaria degli avvenimenti

25 maggio 2002 nascita di Pietro Schilirò

Pietro Schilirò, quinto figlio dei coniugi Valter ed Adele Leo, nasce il 25 maggio 2002. Pietro era un neonato a termine. La nascita avviene presso l’Ospedale San Gerardo dei Tintori di Monza, Milano, alle ore 11 e 55 da parto eutocico alla 40a settimana di età gestazionale, con punteggio di apgar a 1 minuti = a 6 e a 5 minuti = a 5; il liquido amniotico è tinto di meconio.

Il neonato si deprime a circa un minuto di vita e viene immediatamente portato al nido, dove ci sono i medici che possono rianimarlo. Per apnea e crisi di cianosi al secondo minuto di vita viene sotto posto a rianimazione primaria e intubato per via nasotracheale; viene aspirato meconio dalle prime vie aeree e dalla glottide e quindi ventilato.

Pietro viene subito trasferito in terapia intensiva neonatale e connesso a ventilatore meccanico (ad alta frequenza oscillatoria). Si esegue un broncolavaggio più instillazione endotracheale di surfattante. Dopo un ora di vita viene eseguito da vena ombelicale gas-analisi (pH 6,69 – pCO 67,3 – pO2 50 – HO3 15,9 – BE-16,7).

Il quadro radiologico è evocativo per sindrome di aspirazione di meconio ed i parametri ventilatori sono estremamente elevati. (In HFO con MPA 26 delta P 55 FIO = 100%). Per grave ipossiemia inizia somministrazione di ossido nitrico.

26 – 27 – 28 maggio

I giorni 26, 27, 28, il neonato presenta alto fabbisogno di ossigeno e rimane in HFO (alta frequenza oscillatoria) con parametri elevatissimi.

Vengono eseguite complessivamente, in questi tre giorni di vita, tre dosi di surfattante endotracheale e, vista la gravità del caso, viene contattato il Centro di Bergamo per trasferire il neonato e far eseguire un’eventuale terapia con ossigenazione extracorporea (ECMO).

29 – 30 maggio

In quarta e quinta giornata sembra che ci sia un miglioramento dell’ossigenazione e quindi una riduzione del fabbisogno di ossigeno, ma non è possibile ridurre i parametri ventilatori che permangono spinti.

Notte dal 31 maggio al 1° giugno

Nella notte tra il 31 maggio e il 1° giugno Pietro presenta una marcata ipercapnia con acidosi respiratoria (pH 7,16 – pCO2 61,9 – HCO3 28.4 – BE-3).

Vengono eseguiti diversi tentativi di modifica dei parametri di ventilazione ad alta frequenza senza successo (frequenza 6 Hz MAP 29 delta P 85 FIO2 70%); tali parametri non sono supportati un razionale scientifico ma unicamente frutto della intrattabilità del caso, perché purtroppo il neonato non rispondeva ai parametri convenzionali normalmente utilizzati in alta frequenza.

Dopo circa dodici ore, viste le condizioni generali gravissime e la difficoltà a mantenere una buona ossigenazione e una CO2 accettabile, viene iniziata una ventilazione meccanica convenzionale.

C’è un lieve miglioramento dei valori della CO2, sempre con difficoltà all’ossigenazione (FR55 – PIP 37 – PEEP 5 – FIO2 100% – NO20ppm).

Nelle 24 ore successive

Pietro è sottoposto a un broncolavaggio con surfattante e poi a nuova somministrazione di surfattante.

Il neonato a questo punto manteneva una ossigenazione accettabile ma le condizioni respiratorie non permettevano di ridurre i parametri ventilatori.

2 giugno alle 21,30

Il 2 giugno alle 21,30 i parametri della ventilazione sono i seguenti: FR40 – PIP 30 PEEP 8 – FIO2 100% – NO30ppm).

3 giugno

A questo punto viene presa in considerazione la possibilità di eseguire biopsia polmonare al fine di verificare la presenza di malformazione congenita polmonare, che avrebbe potuto giustificare l’intrattabilità del caso, e contemporaneamente vengono inviati prelievi ematici all’Ospedale San Raffaele di Segrate – Milano per ricerca di proteina B surfattante (che poi risulterà nella norma).

Sempre il giorno 3 il neonato sviluppa pneumotorace iperteso a sinistra e pertanto viene posizionato drenaggio pleurico e ripresa alta frequenza oscillatoria.

Vengono quindi contattati i genitori per informali dell’ulteriore peggioramento e dell’intenzione di sottoporre il neonato a biopsia polmonare, a cui i genitori acconsentono.

3 giugno sera

Alla sera i genitori vista la drammatica situazione di Pietro decidono di far amministrare a Pietro il Battesimo in quanto i medici lo dichiarano in grave pericolo di morte. Contemporaneamente iniziano una Novena invocando l’intercessione dei Venerabili Coniugi Louis e Zelie Martin, genitori di Santa Teresa di Gesù Bambino, e chiedono a molti altri parenti ed amici di unirsi a questa preghiera distribuendo a tutti la Pagellina della Novena per la guarigione di Pietro. Al suo «lettino» viene affissa l’immaginetta dei Venerabili Coniugi Martin.

4 giugno

Il 4 giugno Pietro viene sottoposto ad intervento chirurgico di biopsia polmonare da parte del Dr. D’Alessio dell’Ospedale di Legnano (Milano), che dichiara che il prelievo bioptico si presenta ad un esame macroscopico in pessime condizioni (cfr. Referto chirurgico Allegato N°).

A seguito della manovra chirurgica viene posizionato un drenaggio pleurico nell’emitorace destro. Nei giorno successivi le condizioni del neonato permangono gravissime, l’assistenza respiratoria (HFO) sempre estremamente spinta.

5 giugno

Il 5 giugno, nel pomeriggio, arriva un comunicato telefonico della Dr.ssa Cappellini (anatomo-patologa), dell’Ospedale di Monza, che esegue l’esame del pezzo bioptico che sospetta malformazione congenita caratterizzata da grave sovvertimento della struttura polmonare. Il referto scritto del giorno 6 giugno dice: «? il quadro complessivo, pur non configurando quadro malformativo specifico, è di uno sviluppo congenito maturativo alterato con ispessimento degli spazi interstiziali ed estrema scarsità di superficie respiratoria. La diagnosi istologica è resa difficile dal sovvertimento dello stato di base dovuto alle sequele terapeutiche» (Il referto verrà in un secondo tempo valutato in Inghilterra).

La Dr.ssa Zorloni, in base al reperto di cui sopra, avverte quindi la Famiglia Schilirò che la prognosi è infausta e che verranno effettuati post-mortem ulteriori prelievi al neonato per futuri esami. La Famiglia prostrata continua con insistenza a pregare i Venerabili Coniugi Martin.

Nei giorni successivi Pietro alterna periodi di ventilazione meccanica convenzionale a ventilazione ad alta frequenza oscillatoria con ossido nitrico e FIO2 100%.

Vengono posizionati in sequenza 12 drenaggi toracici per trattare pneumotorace ipertesi e recidivanti. Viene posizionato catetere venoso centrale con manovra chirurgica. Durante questo periodo di ventilazione sviluppa sepsi da candida trattata con terapia antifungina.

Si è fatta un’assistenza massimale, che permette di mantenere il neonato in condizioni respiratorie accettabili, ma non si osserva alcun segno di miglioramento.

24 giugno

Il 24 giugno viene sospeso l’ossido nitrico ritenuto ormai inefficace ai fini dello’ssigenazione.

26 giugno

Il 26 giugno il Primario, Dr. Paolo Tagliabue, convoca i genitori poiché Pietro ha presentato delle gravi crisi respiratorie a causa delle difficoltà di trattamento dei pneumotoraci bilaterali, tali da poter determinare decesso del neonato. Si conferma l’estrema gravità delle condizioni cliniche.

Nonostante ciò non si recede dalla terapia massimale in corso.

29 giugno

Nella mattinata del 29 giugno per la prima volta è possibile ridurre la percentuale di ossigeno somministrata per mantenere adeguati livelli di ossigenazione (100% a 70%). Ciò in concomitanza alla risoluzione del pneumotorace.

 

30 giugno

Il giorno 30 giugno viene definitivamente tolto il drenaggio pleurico di sinistra.

2 luglio

Il 2 luglio, ulteriore miglioramento con FIO2 60%, rimozione del drenaggio pleurico di destra ed estubazione: Pietro mantiene un’attività respiratoria spontanea con ossigeno tramite occhiali.

15 luglio

Il 15 luglio Pietro è sempre in respiro spontaneo senza ossigeno.

27 luglio

Pietro viene dimesso senza alcun supporto respiratorio in buone condizioni generali.

 

Commento finale dei medici

Vista la complessità del caso e l’andamento clinico, riteniamo che la sua guarigione sia un fatto sorprendente.
Quanto sopra descritto viene documentato dalla cartella clinica in nostro possesso.
La presente relazione è stata scritta con word su computer presso il Centro Carmelitano Vocazioni di Monza il 18 dicembre 2002, dalle ore 21 alle ore 24 circa, alla presenza di tutti i sottoscritti e sotto dettatura dei medici presenti.

– Dr.ssa Tiziana Fedeli
– Dr Paolo Arosio
– Dr Giuseppe Paterlini
– Coniugi Schilirò, genitori di Pietro
– Coniugi Terranova (MCS), con funzione di segretari.

Genitori di Pietro

RELAZIONE DEI GENITORI DI PIETRO

VALTER SCHILIRÒ E ADELE LEO
Vivere con un «miracolo»

12 NOVEMBRE 2002

(Trascrizione nastro)

Premessa

Secondo San Tommaso, «miracolo è ciò che è fatto da Dio fuori dell’ordine di tutta la natura creata».

I gradi del miracolo sono definiti a secondo del modo in cui sono superate le forze della natura. Primo grado, quoad vitam, riguarda la vera risurrezione; il secondo grado, quoad subiectum, è attinente a una malattia inguaribile; il terzo grado, quoad modum, riguarda una malattia guaribile, la cui istantaneità completa è tale che non si può spiegare.

Intervista

Domanda: – Quale legame c’è fra la vostra esperienza e quella dei coniugi Martin?

Adele – Tutta la famiglia Leggendo il libro sui Martin ci è sembrato di vedere tante parti che in qualche modo somigliavano un po’ alla nostra vita matrimoniale e da una parte questa cosa mi aveva proprio spaventato perché dicevo: «Insomma, loro sono proprio chiamati alla santità». Questa somiglianza mi metteva a disagio, perché io non mi sento santa. Quindi è come se mi avesse aiutato a capire che la santità non è l’essere perfetto ma stare col Signore e quindi il vederlo in loro è come se avesse reso possibile questa cosa anche per me. All’inizio, in particolare la figura di lei, mi sembrava cupa e invece poi leggendo la sua storia ci si accorge che una certa, diciamo, fermezza morale, le parole forse non sono giuste, arriva dalla mamma che aveva, dalla condizione di rigidità in cui si trovava e lo vedi anche nei lineamenti, nel volto. Questo mi faceva impressione anche perché, fino a qualche anno fa, lo stesso giudizio di serietà e di durezza me lo sentivo addosso, me lo dicevano che sembravo molto seria. Quindi anche queste cose esteriori mi colpivano perché poi, leggendo un po’ del libro, non l’ho più ritrovata così seriosa come mi sembrava e siccome in parallelo c’era questa cosa che su di me era stata detta negli anni, e io non mi sentivo così seriosa come gli altri mi vedevano; quindi questa mia esperienza personale è come se mi avesse aiutato a non fermarmi all’aspetto che poteva avere distinto questa figura.

Ma tanti passaggi, della sua fatica anche nel lavoro, nel seguire la famiglia numerosa. Io non lavoro. All’inizio lavoravo, poi abbiamo scelto un’altra strada

Valter -Subito, però, questo.

Adele – Però anche la fatica del lavoro di fare la mamma con tutto quello che ne consegue, tenendo presenti anche i rapporti con la gente con incontri, quindi c’è sempre una disponibilità a stare con le persone che chiedono, che hanno bisogno.

Valter -Mi ricordo quando all’inizio, appena sposati lei ha espresso il desiderio che la nostra famiglia non restasse chiusa, che si facesse accoglienza e io le dicevo «Non preoccuparti, il mondo è pieno di bisogni; quando sarà il momento capiterà». E infatti non ha fatto tardi il Signore a farsi vivo e ci ha fatto incontrare Jasmina.

Adele – Sì, Jasmina vive con noi da tre anni e mezzo, ma frequenta la nostra casa da nove anni, da quando è arrivata in Italia dalla Bosnia.

Domanda: – Avevate già figli quando avete accolto Jasmina?

Adele – Sì, ne avevamo due, poi è nato Giulio nel frattempo. Marta faceva l’ultimo anno di asilo.

Domanda: – Da quando siete sposati?

Adele – Dall’86, sedici anni

Domanda: – Hai detto che trovavi un parallelismo col lavoro di Zelia?

Adele – Sì, con la sua preoccupazione nel lavoro di riuscire a stare dietro alle cose da organizzare e poi il desiderio di seguire le figlie, questa sua preoccupazione

Valter – profondamente umana, che a vederla così uno dice: che cosa c’è di tanto interessante? La quotidianità, quello che il Papa diceva anni fa, che il quotidiano deve diventare eroico

Adele – e l’eroico quotidiano.

Valter -Si vede questa cosa: come la santità passa attraverso le cose semplici della vita.

Domanda: – Adele, tu che lavoro facevi?

Adele – Io facevo l’impiegata, fino a che è nata Marta, poi abbiamo scelto di seguire la famiglia. Già in parte il desiderio di una famiglia numerosa era una cosa più o meno cosciente.

Valter -Diciamo che io ci sono stato.

Adele – Sì è vero, devo dire che tante volte lui c’è stato, al di là del comprendere

Domanda: – Quindi è partita da te lidea di dedicarti alla famiglia e di lasciar perdere il lavoro fuori.

Adele – Insieme di dedicarsi alla famiglia, su quanti figli non c’era né unidea, né una decisione, c’era una disponibilità. c’è sempre stata dallinizio una disponibilità reciproca e scelta.

Domanda: – in questa scelta, in questa disponibilità c’entrava anche la vostra scelta religiosa?

Adele – Sì, sì, assolutamente. Anche perché diventa difficile scindere le due cose, è un tutt’uno. L’esserci sposati aveva proprio dentro questo rispondere ad una vocazione precisa. E quindi con questa apertura a quello che il Signore avrebbe voluto da noi. Poi magari nella mia mente c’era già l’idea di una famiglia numerosa, nella sua un po’ meno… però lui c’è sempre stato, anche alle situazioni che poi man mano si sono presentate.
Mi viene adesso anche in mente la preoccupazione che Zelia aveva per Leonia.
Siccome fra tutti i figli c’è una situazione analoga, anche questa mi ha impressionata, perché questa tensione, questa preoccupazione per una modalità, un carattere diciamo così burrascoso, io la vivo e quindi rivedermi nelle sue lettere questa sua preoccupazione mi commuoveva perché è la stessa preoccupazione che vivo io. Ancora è piccola però? Anche questa cosa qui o altri racconti su Maria, la più grande, di cui diceva che era preoccupata che non cadesse nella vanità, sono tutte cose che io vivo e sento nella mia situazione. Mi commuovevano anche questi particolari che sono cose da niente, che possono vivere chissà quanti, però con questa preoccupazione che nessuno di loro vada perduto mi commuoveva ritrovarla lì. E un’altra cosa che un po’ ci accomunava era che anche noi prima di decidere di sposarci ci eravamo messi in gioco anche sul pensare a una vita consacrata.

E, quindi chiaramente in maniera diversa rispetto alla loro perché loro l’hanno vissuta secondo il loro tempo, però tutte queste cose che prese ad una ad una sembrano insignificanti, mi avevano proprio commosso nel leggere il libro.

Domanda: – Voi avete vissuto il matrimonio come una diminuzione rispetto a questa vocazione o come una vocazione tra le altre vocazioni?

Adele – Di fondo è la stessa vocazione, la stessa valenza di vocazione. Molte volte comunque io penso che quella consacrata sia una via preferenziale, perché tanti aspetti di fatica, di contatto col mondo, questa fatica che ti ?, lì è un po’ tolta. Preferenziale in questo senso, perché è più facilitato il tuo rapporto con il Signore. Qui, sotto questo aspetto è più sofferto perché hai più coinvolgimento col mondo, ci vuole più lavoro per ricondurre tutto sempre all’origine e poi una regola di vita è molto più difficile da mantenere dentro il mondo. Non che non sia possibile, però di là è più semplice, insomma, sei dentro una regolarità da seguire.

Valter – Io penso che questo cammino che abbiamo fatto non sia casuale. Il fatto che ci siamo incontrati, le cose che abbiamo vissuto? Pietro è l’ultimo, ma prima di lui abbiamo vissuto altri avvenimenti, altre esperienze nella nostra vita anche dure, forti. A parte la perdita dei genitori, dei papà, anche io nel ’95 ho passato un periodo abbastanza duro per la salute e con me tutta la famiglia. E poi altri fatti, anche con amici. Non ci è stata risparmiata la fatica Certo è che credo che questo cammino, questa traccia in cui, prima di sposarci ci è stato come chiesto di verificare anche altro, un’adesione più profonda al Signore secondo me non è casuale perché il Signore ha in mente qualche cosa che per noi è misterioso ancora, attraverso i nostri figli, attraverso le persone che abbiamo incontrato o che dovremo incontrare. Secondo me credo che dovrebbe essere un po’ la vocazione di tutti gli sposi, che sostanzialmente è proprio la modalità del matrimonio cristiano, che è questa verginità che è chiesta, col cuore sostanzialmente, per cui è proprio il cammino del matrimonio cristiano: l’uno per l’altro ma dentro le braccia di Cristo. È un altro che ci fa, che ci dà respiro, che ci dà la forza tutte le mattine di riconfermarci nel cammino. Questa è la vocazione cristiana di tutti gli sposi. Questo cammino lo abbiamo imparato nell’incontro con persone che ci hanno testimoniato una vita così, nell’incontro con il mio padre spirituale, che prima è stato don Sandro, un sacerdote di Sesto del movimento di CL che ci ha incontrati e seguiti fino a che poi è stato trasferito a Lecco, poi abbiamo incontrato padre Antonio, vicino al movimento ma con una vocazione diversa, che comunque ci hanno sempre testimoniato questa roba qua e lo stesso tante coppie di sposati, amici, gente del movimento che ci hanno sempre testimoniato l’appartenenza al cuore, attraverso il movimento, ma lappartenenza al cuore di Cristo
Adele – Per la nostra storia, la nostra esperienza posso dire che è fondamentale avere sempre un padre spirituale che come coppia ci ha proprio accompagnato. Questo fin da fidanzati.

Valter – Sì, sì, prima don Sandro, adesso è padre Antonio. È storia proprio. Padre Antonio è diventato nostro padre spirituale proprio perché il Signore ce l’ha messo sulla strada. Sì, perché io in parrocchia non mi trovavo, non riuscivo a far scattare l’amicizia con nessuno, che per me è fondamentale come cristiano un rapporto di amicizia profondo, perché questa è la realtà, cioè «Io vi ho considerato amici», Cristo diceva, non ci ha chiamati servi, e noi cercavamo un rapporto così. L’avevamo con questo prete, ma la distanza ci creava un problema. Andavamo al Carmelo, giravamo anche le altre chiese, ma il Carmelo era il posto che più mi attirava, forse per il fatto che ci si vive una vita consacrata non secolare, più contemplativa. In realtà a me quella che colpiva molto è sempre stata l’esperienza benedettina ed è quella che più mi sentivo vicina. L’esperienza del Carmelo era quella più vicina a questa esperienza. Un giorno sono entrato in chiesa, come adesso, e ho detto al Signore: «Signore fammi incontrare una persona da cui posso farmi accompagnare in questa vita». C’era un sacerdote seduto: era padre Antonio. Ho cominciato a raccontargli la mia esperienza. Quando sono tornato a casa ho detto a Adele: «Questo è il padre che ci deve seguire! Tu vai e vedrai». Adesso è quasi lei più dentro l’esperienza del Carmelo?

Domanda: – Quindi avete anche approfondito la spiritualità carmelitana?

Adele – Questo relativamente, perché, venendo noi dal movimento la spiritualità carmelitana l’abbiamo approfondita per quanto può essere

Valter – per osmosi, si può dire

Adele – Per l’amicizia con padre Antonio; di fatto essendo lui carmelitano ce la passa e poi quello che ho fatto è stata approfondire un po’ la figura di santa Teresa, la piccola. Sulla grande (Teresa di Gesù, la spagnola) qualcosa ho letto ma non ho approfondito. Ho letto la storia della sua vita, ho letto delle cose scritte da lei, ma non ho approfondito come con Teresina, anche perché poi c’è stato il riconoscimento come dottore della chiesa, la mostra eccetera

Valter -Abbiamo lavorato molto per il meeting di Rimini per la mostra di santa Teresina e per Edith Stein. Poi ci sono stati tanti incontri: c’è un grosso interscambio di amicizia, di collaborazione, di riconoscenza, di vita spirituale che è molto vicina anche attraverso p. Antonio, che è un tipo esuberante. E ormai ci segue da vicino da parecchi anni.

Domanda: – Ed è lui che vi ha invitati a pregare i genitori di santa Teresina?

Adele e Valter -Sì, è stato proprio lui.

Valter -Sì, ci ha proprio invitati. Gli ho telefonato dicendogli la situazione e lui ci ha detto che sarebbe venuto a battezzare Pietro e lui ci invitava a pregare i genitori di santa Teresina più per consolare noi, per darci la forza di stare dietro a questo fatto che ci accadeva. Poi ci siamo affezionati a questi due qui.

Adele – All’inizio è stato soltanto iniziare la novena, per cercare la forza di vivere quello che ci succedeva. é iniziata il 3 giugno, usando la Pagellina con la preghiera della novena.

Valter -Sì, l’abbiamo distribuita a tutti senza distinzione, al lavoro, agli amici. Quanti hanno pregato, anche dove lavoro io, anche gente che io non ho vicino, come nel mio ufficio; anche gente degli altri uffici mi ha telefonato e ha pregato. Anche Adele l’ha distribuita qua, soprattutto in parrocchia dove siamo inseriti soprattutto grazie a lei.

Adele – Faccio la catechista e sono inserita nel Consiglio dell’oratorio, non nel Consiglio pastorale perché avevo proprio chiesto di essere lasciata fuori.

Valter -Partecipiamo alla vita della parrocchia sempre con questa gratuità che dobbiamo dire che abbiamo imparato nell’esperienza del Movimento, su cui don Giussani ha sempre insistito, particolarmente in questi ultimi anni, questo servizio alla Chiesa con grande passione; purtroppo a volte la stupidità dell’uomo non sempre aiuta.

Adele – All’inizio io ero disponibile a stare in quell’ambito che sembrava un po’ arido, quello dell’oratorio, della parrocchia, e Valter diceva allora di fare altro, però si è sempre fidato, mi diceva: «Se per te è importante starci nonostante tutta la situazione ingarbugliata, va bene, ci sto anch’io». c’è sempre stato rispetto, un fidarsi reciproco. Se uno dei due ha delle remore rispetto a qualcosa, ma l’altro ci vede qualcosa di buono si fida dell’altro. Qui c’è solo un parroco; all’inizio, per una storia un po particolare ce l’aveva un po’ con noi di CL, però devo dire che negli anni è nata un’amicizia, una stima reciproca.

Domanda: – Quindi c’è da parte vostra questa grossa coscienza di essere Chiesa, di far parte della Chiesa.

Adele – Questo sì, anche perché tutto quello che ci è accaduto non avrebbe senso senza questa prospettiva; noi da soli non siamo nulla se non nell’appartenenza.

Domanda: – Accennavate al fatto che prima del matrimonio avete fatto un’esperienza di verifica.

Adele – Abbiamo fatto un’esperienza forte di verifica se la nostra strada era proprio questa.

Valter -Quando avevamo questo prete, don Sandro, ci aveva fatto conoscere l’esperienza dei benedettini all’Isola di san Giulio sul lago d’Orta. Ci sono delle benedettine che vengono da Viboldone, dove lavoro io adesso, che ci hanno accompagnati con le loro preghiere.

Adele – Prima che nascesse Pietro ci hanno regalato la medaglietta e la madre ci aveva detto: «State tranquilli per Pietro», che detto in quel momento non aveva un motivo evidente. Quando poi è successo tutto quello che è successo, queste sue parole, che probabilmente lei ha detto senza un’intenzione precisa, mi sono tornate alla mente. Allora abbiamo attaccato al lettino, oltre all’immagine dei Martin, anche la medaglietta: sembrava un altare, cerano anche una corona che veniva da Medjugorie e una corona del Rosario.

Domanda: – Voi conoscete la preghiera collegata a questa medaglietta?

Adele – No, l’abbiamo solo attaccata. L’unica preghiera d’intercessione che abbiamo recitato è stata la novena.

Valter -Solo l’altro giorno alla televisione abbiamo sentito che la preghiera di san Benedetto è una preghiera molto forte per tenere lontano il male. Tornando al nostro argomento devo dire che quell’esperienza benedettina mi aveva colpito profondamente; in quel periodo ci siamo conosciuti e provavo un’attrazione per la vita monastica. Avevo un’altra ragazza in quel periodo, anche lei del Movimento, ma non funzionava, perché dentro di me sentivo il richiamo di qualcosa d’altro: forse non era per me l’esperienza del matrimonio.

Domanda: – L’esperienza di spiritualità forte la colleghi al momento in cui hai avuto contatto con questi benedettini.

Valter -Sì, più forte in quell’epoca lì. Con questo sacerdote si verificava tutto l’aspetto della vocazione, non ultimo anche la possibilità di farsi prete. Era un momento di grosso fervore, di grosso lavoro.

Domanda: – E l’aspetto spirituale del matrimonio ti è sembrato poi altrettanto forte nel tempo?

Valter -Sì, sì. Dopo devo dire che mi sono reso conto che questa era una preparazione, era un passaggio. Perché poi è un vestito che ho messo su benissimo; adesso se dovessi ritornare indietro lo rifarei ancora. Quello che posso vedere, guardando anche l’esperienza di altri matrimoni, è che per me, per noi è come il vino, più invecchi più diventa buono.

Domanda: – Per questo forse l’esperienza dei Martin può servirci oggi. Voi avete seguito questo invito di pregare i coniugi Martin; ci era parso di capire che avevate fatto solo una novena, nove giorni soltanto.

Adele – No, due novene. Padre Antonio la chiama novena, ma non è stata una novena in senso stretto.

Domanda: – Quindi non c’è stato un termine entro il quale doveva accadere il miracolo.

Adele – Questo no, assolutamente questo no, eravamo nella posizione dell’attesa.

Domanda: – Quindi non è stato dall’oggi al domani, c’è stato un graduale miglioramento.

Adele – No, il miglioramento è stato, oserei dire, dall’oggi al domani perché il 26 e il 27 giugno Pietro ha avuto due crisi pesanti e anche in quell’occasione ci avevano detto, il 26, che voleva dire che i suoi polmoni non reggevano più questa situazione, questo intervento del respiratore e quindi era un po il segno che lui non ce l’avrebbe fatta. Quindi ha avuto la crisi il 26 e il 27 si è ripetuta un’altra crisi, tanto che il 28 avevo paura ad entrare in ospedale, perché il 26 sono arrivata a mi hanno detto questo, il 27 sono arrivata e mi hanno detto ancora questa cosa qui. Invece il 28 la situazione non era brillante, aveva una saturazione terribile però non era peggiorato, non ha avuto una crisi. Nelle crisi si intende che il respiratore non è sufficiente a portare ossigeno quindi c’è aria libera nei polmoni, lui che non ossigena; gli avevano cambiato respiratore sperando che quello tradizionale potesse andar meglio di quello oscillatorio Facevano questi tentativi perché di fatto non potevano fare altro. Quindi, questo era successo il 26, è risuccesso il 27, il 28 è stata una situazione stazionaria, avevano lasciato la macchina tradizionale, il respiratore tradizionale, che era peggiore perché favoriva l’aria libera nei polmoni, però in quel momento era quello che lasciava delle speranze, nel senso che andava avanti a sopravvivere. Il 28 è stato così, continuavamo a guardare i livelli di saturazione in cui l’anidride era sempre più alta dell’ossigeno e quindi non ci aspettavamo assolutamente di arrivare il 29 e trovare per la prima volta da quando era nato un livello di ossigeno più basso. É passata la notte ed è successo questo. Il giorno prima era in questa situazione di sopravvivenza, che era accettabile nei limiti della sopravvivenza, ma comunque i livelli di saturazione erano proprio brutti, Cosa sia successo non lo sappiamo. Noi siamo arrivati il 29 mattina, che era un sabato, quindi c’era anche lui.

Valter -Abbiamo trovato i valori dell’ossigeno, sul respiratore artificiale, al 70%, quando prima erano sempre al 100%. Non era in crisi. Prima avevano provato tentativamente ad abbassare di un 5% per vedere se c’era qualche reazione, ma appena abbassavano un po la situazione diventava subito insostenibile. Per cui è stato più di un mese al 100%. Poi di colpo si è abbassato. Nessuno se lo sa spiegare. L’infermiera del mattino lo aveva appena aspirato, perché lui aveva queste frequenti formazioni di muco che gli impedivano di respirare, andava in asfissia. Dopo due o tre ore che il respiratore continuava a lavorare si formava questo muco che tappava il respiratore e bisognava aspirarlo, che era una cosa dolorosissima e fastidiosissima, dovevano aspirargli il naso la bocca, il polmone, fargli un lavaggio polmonare tutte le volte con il disinfettante. Cinquanta giorni tutti così, tutti i giorni. Arrivare al mattino e vederlo che aveva gli occhi fuori dalle orbite perché lo avevano appena aspirato, ci angosciava. L’infermiera, dati i precedenti e vedendo la nostra faccia, subito ci ha detto: «No, no non vi spaventate, non sta male, per me stamattina è già successo un miracolo qua». «Certo, oggi è san Pietro e Paolo». «Eh, già, è san Pietro e Paolo, non ci avevo pensato! é per quello», ci diceva scherzosamente. Da quel giorno il miglioramento è andato in crescendo, fino al 2 luglio che gli hanno tolto il respiratore.

Domanda: – Quindi a parlare di miracolo in prima battuta è stata questa infermiera.

Adele – Sì. Il 2 luglio Pietro è stato estubato. Il 3 noi abbiamo scritto, per i medici e gli infermieri, questa lettera. Fin dall’inizio al primario, quando ci ha fatto il quadro della situazione con l’esito della biopsia e ci ha detto: «Non vedo molte speranze per Pietro», noi avevamo detto: «Va bene, questo è il vostro quadro. Noi, visto che come medici non ci date molte speranze, a questo punto noi speriamo nel Signore e chiediamo il miracolo».

Domanda: – Quindi subito all’inizio avete chiesto il miracolo?

Adele – Sì, ai primi di giugno, abbiamo iniziato la novena. é stato battezzato il 3 giugno, il 4 giugno abbiamo parlato con il medico in questo modo. Perché fino a quel momento noi chiedevamo la grazia per Pietro ma non intesa come miracolo. Mentre prima pensavo fosse solo una malattia dalla quale dovesse guarire, chiaramente per volontà del Signore, in una forma diversa che se la sua situazione fosse stata inguaribile. A quel punto invece dovevamo proprio chiedere il miracolo. L’esito della biopsia ha portato proprio a chiedere una cosa diversa, che poi alla fine era sempre la guarigione di Pietro, ma in una modalità straordinaria.

Domanda: – Questa lettera l’avete scritta voi per i medici.

Adele – Sì. Dentro questa cosa qui noi volevamo proprio comunicare loro che quello che era accaduto a Pietro era un miracolo. Pur riconoscendo il loro lavoro, grandissimo, volevamo comunicare il fatto che erano stati strumenti del Signore.

Domanda: – Voi vi siete sempre rivolti ai genitori di Teresina?

Adele – Sì. Sì. Poi intorno a noi ci sono stati altri che ci dicevano: «Sì, noi facciamo questo ma chiediamo anche al nostro».

Domanda: – Ricordiamo che anche la mamma di santa Teresina andò a chiedere per se stessa un miracolo a Lourdes, ma non le fu concesso

Adele – Questa coscienza limpida, che se avesse voluto il Signore avrebbe potuto salvarlo, lasciarcelo, questa ci ha proprio accompagnato dall’inizio. Non come pretesa, ma come coscienza che in suo potere cera questo. Non sapevamo se era nella sua volontà. Diciamo che eravamo certi che avrebbe potuto. Anche nei momenti più difficili accanto a Pietro c’era comunque dentro questa speranza, non legata all’esito ma al fatto che qualcosa si poteva fare per lui e il Signore lo poteva fare. E poi l’accompagnare Pietro, essere lì con lui, oltre che con la preghiera con il canto è stata una cosa che ci ha aiutati a stare lì, perché attraverso il canto si poteva comunicare quello che c’era nel nostro cuore in una modalità già nota. Potevamo camminare dentro una strada già segnata, perché lo smarrimento di quei momenti era così grande che ci lasciava senza capacità di formulare pensieri, parole, frasi da comunicare, anche proprio a Pietro. Il desiderio era far sentire a lui che eravamo lì, perché non potevamo toccarlo, poteva sentire solo la nostra voce. Quando eravamo lì cantavamo, quando eravamo insieme, cantavamo insieme, oppure chi c’era cantava.

Domanda: – É per questo che è sempre così contento.

Valter -Ancora adesso quando gli facciamo sentire certe canzoni che gli cantavamo lui reagisce. Gli abbiamo cantato tutte le canzoni della nostra tradizione.

Adele – Partendo dai canti della nostra storia come Movimento, praticamente abbiamo ripercorso tutto il repertorio. Erano anni che non cantavo in quel modo! Erano sia italiane che straniere perché proprio nella scelta della canzone c’era quello che volevamo dire a lui.

Valter – Ci impressionava che, quando non era proprio sotto l’azione forte dei farmaci, apriva gli occhi e quando tu gli parlavi ti seguiva con occhi e ti accorgevi che aveva coscienza di essere lì. Non poteva far niente, fermo, immobile. Abbiamo poi letto quella lettera di Teresina: cosa fa il bambino? Niente. Eppure lui comunicava con noi. Non era un’impressione, perché ce lo aveva confermato una delle dottoresse: «Questo bambino ha uno sguardo così forte, che giudica così me che io non posso non fare quello che devo fare». Lui c’era.

Adele – Ci sono stati momenti in cui sembrava proprio che lui fosse stanco. Aveva proprio lo sguardo di chi diceva «Basta». Grazie a Dio non sono stati tutti i giorni. Quest’altra lettera invece l’avevamo scritta per un incontro di fraternità il 23 giugno, prima che si riprendesse. L’avevamo scritta ai nostri amici.

Valter – «Donna non piangere». Questo è il motivo con cui sono stati introdotti gli esercizi spirituali che abbiamo fatto all’inizio di quest’anno, dove don Giussani è apparso per pochi minuti.

Domanda: – Quindi voi avete aderito all’invito di p. Antonio per quanto riguarda i genitori di Teresina e poi avete iniziato a sentire questo trasporto verso i genitori.

Adele – I primi giorni no, pregavo e basta. Man mano poi è nato il bisogno di approfondire. Conoscevo loro da quello che avevo letto da Teresa.

Domanda: – Quando è avvenuto questo presunto miracolo, voi avete sentito la necessità di ringraziarli?

Adele – Quando siamo usciti dall’ospedale, prima di venire a casa abbiamo portato un mazzo di fiori all’altare, simbolico (si tratta dellaltare di Santa Teresa di Gesù Bambino della Chiesa del Carmelo di Monza, nella cui cappella sono esposti i ritratti dei suoi genitori. Nota di p. Antonio). E poi per noi il modo di ringraziare è raccontare la storia di Pietro.

Valter – Ma sapete quanta gente che ci chiede: «Ma chi sono questi Martin? Raccontateci. Cosa hanno fatto? Anche nella mia Scuola di comunità ci è stato chiesto. Questo avvenimento ha fatto conoscere tantissimo anche nel Movimento questi due, che erano degli sconosciuti, anche per me, se non dalle parole di Teresa. Quello che io mi ricordavo era lo stupore che aveva Teresa quando guardava il padre che pregava, quando lei dice: «Io ho imparato a pregare guardando mio padre».

Adele – E anche quando dice che cantava delle canzoncine!

Valter – Li conoscevo anchio così, in modo superficiale. Siccome nel 94 sono stati riconosciuti Venerabili mi ricordo che in quell’epoca p. Antonio aveva affisso le fotografie dei due ai lati dell’altare di Teresina e diceva che bisognava aiutare quei due a diventare beati.

Adele – Tantè vero che in quell’anno un bimbo di nostri cari amici ha iniziato il suo calvario, gli hanno trovato la leucemia, aveva sei anni e mezzo ed è morto di leucemia. Si chiamava Pietro. Anche in quell’occasione p. Antonio mi aveva detto di fare la novena per loro. Io l’avevo fatta a santa Teresa, l’avevo fatta a loro, poi Pietro è morto. Avevo iniziato così a sapere che c’erano e che per loro si stava facendo questo cammino, quando era ammalato Pietro. Quando abbiamo scelto il nome Pietro, per noi è legato alla figura di san Pietro, e proprio per il legame che c’è con questa famiglia abbiamo chiesto se poteva in qualche modo recare disagio. Invece loro erano molto contenti della nostra scelta. Quando è nato Pietro, con tutti i problemi che aveva, devo dire che, sia per loro sia per noi è stato un evocare quei tempi lì. Pensavo «ma forse non dovevo chiamarlo Pietro» e altri pensieri del genere. Era come se si fosse ripetuta una storia. Ricominciare a chiedere il miracolo era come se portasse dietro un pezzo dell’altra storia.

Domanda: – Avevi parlato di alcune somiglianze tra te e Zelia. E di papà Martin cosa ci dite?

Adele – Sì, c’era questa ricerca, questo desiderio che aveva lui di avere una vita consacrata e questa cosa anche per Valter era stata all’inizio presa in considerazione. Proprio l’aspetto umano, questa bontà. Quando Zelia racconta del modo di lavorare del marito, del rispetto della domenica giorno del Signore, lei dice che, per quanto la riguarda, se avesse bisogno di qualcosa per i figli l’acquisterebbe anche di domenica, mentre Luigi era molto ligio. Questa attenzione è molto presente anche in Valter; con gli anni diventa sempre più saggio. Intendo dire che ha una capacità di guardare alle cose cercando lo sguardo del Signore e quindi di fronte anche a tante vicende che accadono nella vita, in questi anni lui ha proprio sviluppato questa attenzione, di non lasciarsi prendere da altri fattori che non siano Dio, anche come richiamo a me. Questo accompagnare le figlie in chiesa, questo pregare. Per esempio una cosa che Valter fa con i figli è la preghiera al mattino, tutti di corsa, finita la colazione, magari a me scappano, ma se c’è in casa lui prima di uscire diciamo l’Angelus insieme. é come se lui ricordasse a tutta la famiglia questo momento di preghiera, di pregare insieme prima di andare ognuno per la sua strada. Sono questi piccoli fatti concreti a cui ci rimanda.

Domanda: – Avete altri momenti di preghiera insieme come famiglia?

Adele – Al mattino, ai pasti e poi prima di andare a letto.

Valter – É un periodo che sento vivo il desiderio di poter vivere il Rosario in famiglia, un po’ sollecitato anche dal Papa che nel mese di ottobre l’ha proprio chiesto. Ma non è facile. Però non perdo la speranza. La mia famiglia di origine era sì cattolica, ma non si viveva la preghiera in famiglia, é una cosa che il Signore mi ha messo nel cuore, non viene fuori da un’esperienza vissuta.

Domanda: – Una conversione?

Valter – Sì, diciamo una conversione, C’era quella cristianità molto diluita, senza nessuna appartenenza. Mi sto affezionando alla preghiera del Rosario prima di tutto per quel che dice il Papa, sento che effettivamente è una preghiera semplice, è un modo semplice per cui Domandare al Signore, porsi vicino al Signore e arrivare a ringraziare il Signore che ci ha instillato nel cuore questa capacità di chiedere a Lui il passo di ogni giorno. Tante volte uno si mette davanti al Signore per chiedere delle cose, ma la prima cosa che dobbiamo chiedere, questa è esperienza per me, è di ringraziare di averci dato la coscienza di chiedere. «Se tu avrai la bontà di farcelo ricordare», ci diceva don Giussani, se avrai la bontà di farci destare di fronte a un’appartenenza. Secondo me nel rosario, che è la preghiera alla madre di Gesù, è come se la madre ci accompagnasse all’incontro, come se questa coscienza si facesse ogni giorno più chiara. Per cui, con il tempo che ci vorrà, con pazienza spero di arrivarci perché questa esperienza ce l’ho nel cuore: non lo faranno con me, lo faranno con altri, non ha importanza.

Adele – Mentre lui ha questa posizione più tranquilla nell’attesa, più fiduciosa, io magari mi arrabbio, mi dico: «ma insomma, perché non riusciamo, possibile che».

Domanda – Voi lo facevate il rosario in famiglia!

Adele – Sì, io ero un po più inquadrata sotto questo punto di vista.

Valter – Sua mamma fa parte di quella generazione in cui pregavano «per» un altro, lei pregava per Pietro. A me non era mai capitato di pregare per qualcun altro. Era una cosa che mi colpiva moltissimo. Era importante il fatto che qualcuno mi amasse, un po come il cammino nel Movimento in questi anni in cui diciamo che dobbiamo ricreare ambienti in cui uno sia accolto, sia abbracciato

Adele – Volevo aggiungere che comunque la storia di Pietro si portava dentro fin dall’inizio qualcosa di particolare. Non l’abbiamo cercato, perché razionalmente parlando ci sembrava che la nostra situazione potesse andare bene così com’era, anzi diciamo che in cuor nostro c’era proprio il desiderio che non accadesse. É accaduto, siamo quindi abbastanza stupiti di questa cosa, però anziché sentirci fregati, fin dall’inizio ci siamo posti nei confronti di questa gravidanza come un dono speciale, proprio perché a noi sembrava così impossibile che potesse esserci, con questa attesa che si svelasse qualcosa. Visto adesso è come se assumesse tutto un senso. Faccio un po’ fatica a parlare della gravidanza e del parto perché sembra ricostruito a posteriori. Tante volte prima di andare al lavoro lui diceva: Chissà cosa sarà di questo figlio!. Era come se si intuisse che qualcosa sarebbe accaduto. Questo avvenimento così inaspettato, gratuito era come se fosse un annuncio di qualcosa di speciale. Anche durante la gravidanza che è stata splendida, verso la fine tutti mi dicevano: Non vedrai l’ora di partorire!, invece no, per me era una compagnia che avevo in modo preferenziale. c’è un altro fattore importante: quando abbiamo calcolato la data presunta era il 21 maggio e sarebbe stato il compleanno di mio papà; mio papà è morto che io non avevo ancora diciassette anni ed è rimasto un forte legame negli anni: tutto quello che riguarda mio papà mi fa sempre un gran piacere. Quindi c’era questa cosa inaspettata, con la data del 21 maggio (anche mia mamma non aveva detto nulla; ad ogni gravidanza era disperata. Figli ne sono nati cinque, ma le gravidanze sono state nove: quattro li abbiamo persi nei primi mesi, altro elemento in comune con i Martin. Ha solo detto: Speriamo che tra tanti figli qualcuno lo prenda al Suo servizio). Tutta la gravidanza io ho proprio vissuto questa compagnia con questo bambino e non ho mai avuto fretta che nascesse. Il 21 maggio non è nato ed è stato l’unico giorno in tutta la gravidanza in cui mi sono sentita un po’ giù. Era come se quella che avevo vista come promessa all’inizio non fosse stata poi mantenuta. Quel giorno ero anche un po arrabbiata. Dicevo: Insomma, ci tenevo così tanto che nascesse lo stesso giorno proprio perché era un avvicinare mio papà. c’è anche una cosa buffa. Tra me e padre Pio non c’è un gran feeling, non mi sento nella stessa spiritualità, mi sento più vicina a santa Teresa. Quindi non mi interessava che nascesse il 25, che è il giorno in cui è nato padre Pio. Siamo andati diverse volte a san Giovanni Rotondo, ma mi sembrava cupo. Quindi fra le date che giravano intorno alla nascita di Pietro è stata detta anche quella del 25, che è la data di nascita di padre Pio, non è che la cosa mi interessasse. é nato proprio il 25. Un’altra cosa che sanno per ora solo Valter e la mia ostetrica è questa: quando è nato Pietro, in una vasca molto ampia, è stata un’esperienza molto bella. Devo dire che è stato il parto più bello come coscienza perché gli altri parti sono stati momenti così coinvolgenti, quasi da portarti via la coscienza, che erano fatti più grandi della tua capacità di stare dietro a quello che accade con la tua testa. Quando è nato Lorenzo ero dispiaciuta, la ragionevolezza mi diceva che sarebbe stato l’ultimo, e mi spiaceva di perdere l’occasione di vivere il parto partecipando in un altro modo. Con la prima avevo fatto il corso e suggerivano il canto, che erano poi delle sillabe ripetute, che non avevano significato; con gli altri avevo ripetuto questo tipo di canto. Invece con Pietro accompagnavo la contrazione con un Amen, c’è stato un cadenzare, un accompagnare il momento della contrazione con questo Amen. Già questo è stata una grazia, il parto. é come se avessi ripreso la coscienza anche di tutti gli altri. Vivere quest’offerta nel dolore in questo modo è stata proprio una bella esperienza, l’affidare, il fidarsi di quello che stava accadendo. Visto poi in relazione a tutto quello che è accaduto acquista anche maggiore significato. Siete i primi a cui lo racconto perché è stata una cosa che, detta dopo, può sembrare forzata perché è accaduto quello che è accaduto.

Valter – Però È successo proprio così, c’è anche il testimone.

Adele – Che qualcosa sarebbe accaduto è una percezione che avevo, perché poi, quando hanno portato via Pietro, nel dolore che vivevo, era come se io mi aspettassi che qualcosa sarebbe successo; nei giorni prima del parto ero anche andata a confessarmi perché dicevo: Non si sa mai!.

Domanda: – Con gli altri figli non era capitato?

Adele – Così no. Che ero sempre di fronte al mistero certo, ma che sarebbe accaduto qualcosa no, non avevo mai avuto questa sensazione:

Domanda: – Ma lhanno portato via subito?

Adele – Subito. La diversità l’ho sentita quando stava uscendo, poi quando l’ho visto aveva un colore brutto, l’ho visto per una frazione di secondo.

Valter – Sì, fin che era attaccato al cordone ombelicale un po d’aria la prendeva, ma appena l’hanno tagliato aveva un colore giallastro, terrificante. Io ero presente e mi aspettavo una certa reazione: ne avevo visti altri quattro! Invece no e l’ostetrica si è subito accorta che qualcosa non andava. Non ce lo aspettavamo, perché era andato tutto perfettamente, tutto bene fino a quel momento, gli altri parti erano andati tutti bene, per cui nessuno immaginava quel che sarebbe successo. Nel giro di pochi minuti si è svolto tutto. É nato, fatto la profilassi di consuetudine, il bambino non reagisce, appoggiato sul lettino caldo ma il bambino faceva fatica a respirare, poi avvolto su qualche coperta di corsa l’ostetrica è sparita. Da quando è nato a quando è uscito saranno passati due o tre minuti.

Adele – Io l’ho preso in braccio per la prima volta il 2 luglio. Me lhanno appoggiato sulle braccia dopo la biopsia perché pensavano che non avrebbe passato la notte e quindi me l’hanno appoggiato sulle braccia qualche istante ma sembrava morto perché era sedato, curarizzato, con tutte queste cose dentro, non si muoveva, era proprio a peso morto e non è stato proprio un incontro.

Domanda: – Un’ultima Domanda: voi avete rivestito lo scapolare?

Adele – No, avevo letto il libretto sullo scapolare, ma (mia mamma lo porta) su questa cosa non ho mai approfondito proprio perché la spiritualità carmelitana è come se fosse di fianco a noi in questi anni, come se ci accompagnasse di fianco.

Intervista (a cura dei coniugi Terranova (MCS) )

Omelia del 18 ottobre 2008 del Card. J. S. Martins

Omelia di Sua Eminenza

il CARDINALE JOSÉ SARAIVA MARTINS

Prefetto emerito della Congregazione per le Cause dei Santi

Rappresentante di Sua Santità

BENEDETTO XVI

in occasione della solenne veglia di preparazione
alla beatificazione dei Venerabili Servi di Dio

LUIGI MARTIN E ZELIA GUÉRIN
laici, coniugi e genitori

 

UNA SANTITÀ CHE NON FA RUMORE

 

Veglia aNotre-Dame d’Alençon, 18 ottobre 2008
XXIX domenica del Tempo Ordinario
Giornata Mondiale delle Missioni

Venerabili confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Eminenti Autorità,
Cari pellegrini, fratelli e sorelle, in Cristo.

1. Due personalità affascinanti e ricche
Ritorno di nuovo in questo luogo così importante e significativo per i Coniugi Martin, qui infatti si svolse la loro giovinezza qui si unirono in matrimonio, qui lavorano insieme per 19 anni e qui probabilmente si sarebbe conclusa la loro parabola terrena se la provvidenza non avesse avuto altri progetti. Dio conduce l’uomo per sentieri misteriosi il cui senso appare solo alla fine. In questa coppia la Chiesa ha intravisto un esempio particolarmente riuscito di sposi cristiani, che nella fedeltà allo stato di vita voluto dal Signore hanno raggiunto la perfezione della santità come persone singole, come coppia e come famiglia, lungo tutto l’arco della loro vita. Generando, allevando ed educando, il frutto più bello del loro amore coniugale, Teresa, la Patrona secondaria della Francia, la Patrona delle Missioni e il Dottore della Chiesa. Primo esempio, e speriamo non l’ultimo, della versione moderna della vita della Santa Famiglia di Nazareth. Senza timore si può affermare che Teresa visse sottomessa a Luigi e Zelia in modo esemplare, come Gesù “a Nazareth stava sottomesso” a Maria e a Giuseppe (Lc 2,51) e come Gesù, anche Teresa poté crescere alla scuola del suo papà e della sua mamma “in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini”.
La società nella quale hanno vissuto si orientava verso un laicismo sfrenato che esalta matrimonio civile e divorzio i Martin osservano il modello della Famiglia di Gesù, non come nostalgia per il passato, ma piuttosto come la manifestazione della loro fede profonda di proporre come vivibile il modello del matrimonio come l’ha voluto il Creatore. Qui, da voi, in questa città di Alençon, hanno concepito di vivere all’ombra della famiglia di Nazareth. Si potrebbe quasi dire che Alençon è la Nazareth dei Martin, di fatto Maria, Gesù e Giuseppe sono il modello che hanno seguito fin dai primi giorni del loro matrimonio.
Vengono in mente le parole di Paolo VI, pronunciate in occasione della sua visita a Nazareth (1965): “La casa di Nazareth è la scuola dove si è iniziati a comprendere la vita di Gesù, cioè la scuola del Vangelo. Qui si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa manifestazione del Figlio di Dio tanto semplice, umile e bella. Forse anche impariamo, quasi senza accorgercene, ad imitare”.
È a questa scuola che Luigi e Zelia hanno forgiato lo stile di vita della loro famiglia. Maria e Giuseppe sono stati amati non tanto come protettori ma come modelli da imitare. Tanto era forte questo convincimento che tutti i figli al battesimi riceveranno come primo nome quello di Maria ed se maschietti anche quello di Giuseppe. Silenzio, preghiera, lavoro, opere di misericordia relations amicali hanno ritmato la loro quotidianità.
A questa scuola, Luigi e Zelia hanno capito che potevano santificarsi non nonostante il matrimonio ma attraverso il matrimonio, nel matrimonio e con il matrimonio, e che le loro nozze erano il punto di partenza per una scalata a due verso il monte della perfezione. Quanto è difficile oggi fare intendere questa semplice verità. Famiglia specchio di Dio non per avere fatto cose straordinarie ma per la trasparenza del loro amore. Questa scalata a due è diventata poi anche una scalata a tre a quattro a cinque, fino alla piccola Thérèse. In una parola hanno coinvolto tutti i loro bambini poiché l’esempio offerto è stato convincente soprattutto Thérèse che allenata dall’esempio della sua relazione spingerà ancor più lontano questa scalata verso Dio.
Oggi sono qui non solo in veste di Prefetto emerito della Congregazione per le Cause dei Santi, ma come Rappresentante del Santo Padre il Papa Benedetto XVI che mi ha incaricato personalmente a procedere alla Beatificazione di questi incomparabili coniugi e genitori che in modo egregio illustrano la bellezza e il fascino della vocazione cristiana e matrimoniale. Sono veri e autentici figli della Chiesa di Dio, figli esemplari di questa chiesa diocesana e in modo del tutto particolare di questa parrocchia, che hanno amato e servito con dedizione indefettibile lasciando dietro di sé il buon “profumo di Cristo… ma non come molti che falsificano la parola di Dio” (2 Corinzi 2,14-17).
Passarono in mezzo a voi quasi inosservati, solo qualcuno si accorse di loro, anche oggi non tutti sembrano apprezzare nella giusta ottica lo loro beatificazione, domani a Lisieux il Successore dell’Apostolo Pietro con autorità inscriverà nel Libro dei Beati i nomi dei Venerabili Servi di Dio Luigi e Zelia. Domani voi vedrete la loro gloria. Siamo qui riuniti come alla vigilia di un grande avvenimento e ci prepariamo con la preghiera ad accogliere domani il dono di grazia che Dio tramite la Chiesa fa a tutti.
Luigi e Zelia, sono figli della Francia travagliata del XIX, appena uscita dalle convulsioni dell’era napoleonica e avviata alla quasi radicale trasformazione culturale, economica, civile e religiosa. Appartengono alla piccola borghesia, non sperimentano le tragiche difficoltà di folle di proletari del loro tempo, ma conoscono anch’essi la dura lotta quotidiana della vita, sfoderando perciò una concretissima.
Entrambi da giovani ipotizzano seriamente la vita religiosa consacrata, Luigi in un ordine monastico, Zelia in un istituto di carità; poi, conosciuta la loro vocazione matrimoniale, vi entrano non per ripiego e con la chiara volontà di santificarsi in essa.
Lui, Luigi Martin, dall’aspetto distinto ed elegante, di intelligenza portata alla tecnica e anche alla riflessione e meditazione, si impone come orologiaio e gioielliere e, sul piano più vero, come uomo saggio, misurato e coerente. Lei, Zelia Guérin, minuta, graziosa e vivace, si specializza nel merletto che conoscete molto bene il Punto d’Alençon, dando lavoro anche a numerose operaie, ma è soprattutto dedita al marito e alle creature che arrivano (e anche partono!), con tutte le risorse dell’intelligenza pronta e dell’affetto ben temprato che si rivelano nelle molte lettere che ha lasciato.
Davanti a loro non si può restare indifferenti, perché non sono persone opache e insignificanti, bensì ben definite nella loro fede e nelle loro qualità umane, imponendosi come persone di grande caratura umana e cristiana, persone cioè
* persone semplici, umili e insieme piene di dignità
* persone attente al Cielo non meno che alla Terra
* persone obbedienti e pur sempre libere interiormente
* persone pronte e spedite nell’agire, ma sempre ponderate e vigilanti
* persone attaccate ai figli, capaci di distacco da essi
* persone sagge senza presunzione, coraggiose senza ostentazione
* persone adorne delle virtù teologali
* persone ricche di tutte le virtù, conquistate via via con un’attenta vita morale

2. Centro della loro vita è Dio
In un’epoca in cui l’Europa si allontana dalle sue radici cristiane e ostenta un ateismo aspro e rozzo o magari un teismo sospetto, questi vostri concittadini, sentono intuitivamente di dover accrescere la loro adesione al Dio della rivelazione, che a noi si fa presente nell’Umanità di Cristo. Con una presa di coscienza sempre più netta, mettono Dio al centro della loro vita, là dove molti altri tendono a porre se stessi e le loro mille faccende umane.
Contro ciò che ai loro e ai nostri giorni si pensa spesso, Dio è per loro una presenza luminosa e viva: altro che frutto di un sentimento pessimistico della vita, come vanno da tempo sentenziano “i prudenti e sapienti del mondo”. Mentre molti anche ad Alençon e Lisieux vivono “quasi Deus non daretur”, come se Dio non ci fosse, essi al contrario mostrano quanto è positivo e illuminante vivere e pensare e lavorare e amare per la gloria di Dio, che sentono che va onorato tutti i giorni, ma specialmente nel “dies Domini”, nel giorno del Signore che purtroppo già allora molti tendono a ridurre a “dies hominis”, per cui Luigi si impone esemplarmente di non aprire mai il negozio e neppure di viaggiare di domenica.
Ogni mattina presto, escono silenziosamente di casa di rue Pont-Neuf prima e di rue Saint-Blaise dopo, ma i vicini li sentono: “Sono i Martin che vanno a messa”, si portano in parrocchia per porre il giusto sigillo alla giornata. Inginocchiarsi davanti all’Eucaristia è per loro il più autentico atto di libertà e prendere quel Cibo è garantirsi la forza per e compiere bene tutto il resto. In sostanza, danno a Dio quel che è di Dio, cioè Gli consacrano tutta la loro mente, il loro cuore, le loro attività. Consapevoli poi che un po’ tutte le cose passano per le più varie mediazioni umane, non si sottraggono affatto ad esse, per cui attendono al dovere di dare concretamente ai figli, ai parenti, agli amici, alla parrocchia, ai diversi circoli cui sono iscritti, alle istituzioni civili e politiche quel che è dovuto e anche più del dovuto, sapendo che la carità è l’adempimento vero della giustizia e della legge.
Questi sposi cristiani, bandendo ogni falso pietismo o devozionismo, si lasciano plasmare docilmente nelle fibre più profonde del loro essere dal mistero di Dio, cosicché la fede per loro non è arida dottrina o teoria, ma adesione totale a Dio e visione lucida su tutto l’arco dell’esistenza; la speranza è più che una attesa, divenendo una continua proiezione verso l’eterno (“Il tempo è la tua nave, non la tua dimora” ripete spesso con il poeta alle figlie Luigi Martin); la carità è la forza che unifica le loro persone, le consegna l’una all’altra nell’amore sponsale, le rende disponibili a tempo pieno non solo ai loro cari, ma anche ai poveri e ai bisognosi, spesso con grande dispendio di tempo e denaro e soprattutto attenzione umana. In breve, mettendo Dio al centro di tutto, essi vivono una presenza amorosa a Lui e altrettanto amorosa al mondo, senza quella schizofrenia così frequente anche in coloro che dicono di credere.

3. Pronti a dare a Cesare quel che è di Cesare
Luigi e Zelia nella grande storia del loro tempo, se stiamo alle corte valutazioni umane, non hanno un particolare rilievo. Ma in realtà partecipano in maniera sostanziosa ed efficace alla costruzione di un mondo più giusto secondo tutte le esigenze ed urgenze che si presentano al loro orizzonte.
Sospinti dalla loro coscienza cristiana prima ancora che dalle provocazioni della realtà sociale circostante, si fanno sinceri e umili testimoni di Cristo. Sono quei laici che la Chiesa ha sempre cercato: fieri del loro battesimo, forti del sacramento della cresima (tanto festeggiato e apprezzato anche dalla loro figlia Teresa), solidamente preparati in quella dottrina cristiana che non riducono a semplice morale, ma che si concretizza in uno stile di vita inconfondibile.
Come sanno che le cose della terra hanno un inestimabile valore se sono tenute in relazione con il cielo, così vogliono andare verso il loro prossimo passando per Dio, non permettendo che si tolga nulla al prossimo come neppure a Dio. La loro visione politica e sociale non si distingue molto da quella di altri che vivono nel loro ambiente e nella loro condizione sociale: è una visione datata e imperfetta, tuttavia in loro non per impostazione egoistica.
Per essi i due regni, quello di Dio e quello di Cesare, sono diversi, ma non necessariamente opposti e neppure separati. In ogni caso, il regno di Dio non è un mito o una chimera, ma una realtà che comincia già qui. E la città terrena non è l’unica realtà e invano si proporrebbe come il paradiso terrestre, ma ha una importanza insopprimibile per cui bisogna collaborare lealmente per costruirla giorno per giorno.
Luigi e Zelia avvertono chiaramente che nella loro Francia, in concreto nelle cittadine di Alençon e di Lisieux, è in corso un distacco tra Chiesa e mondo un po’ a tutti i livelli: culturale, sociale, tecnico, imprenditoriale, lavorativo. E sentono che sono in discussione i grandi valori. Essi sanno che non devono fare altro che impegnarsi a difendere tali valori dentro il perimetro segnato loro dal Signore.
Per il valore-famiglia, senza chiasso ma anche senza alcuna paura, propongono la loro testimonianza di sposi che si stimano, si rispettano, si amano in maniera inequivocabile; e poi offrono la loro dedizione incondizionata alle nove creature che nascono nella loro casa e che fanno versare loro tante lacrime di gioia e anche di dolore per la malattia e purtroppo la morte.
Quanto al valore-lavoro essi vi sono talmente fedeli che ha un certo momento si accorgono lucidamente di dovere imporsi un limite per non essere travolti dagli impegni che arrivano eccessivi, specialmente nel laboratorio di Zelia.
Per l’educazione delle cinque figlie sopravvissute ai lutti dolorosi affrontano spese onerose pur di prepararle convenientemente e di tenerle al riparo da influssi dannosi, badando però a non parcheggiarle comodamente presso qualche istituzione. E quando esse saranno nell’età giusta per scegliere la propria strada (mamma Zelia sarà già morta), Luigi non avanzerà nessuna obiezione, ma anzi, vedendole orientate verso il monastero, si sentirà onorato dal Signore, anche se umanamente proverà una comprensibile fatica, specialmente nel caso della prediletta Teresa.
È così che questi Sposi e Genitori seri e responsabili danno concretamente a Dio e alle realtà terrene quello che è loro richiesto. Per quello che danno a Dio vengono criticati da alcuni cui pare tutto eccessivo; ma essi sanno valutare e superare le critiche con saggezza e serenità. Nessuno invece osa mai rimproverarli di non essere fedeli e generosi negli impegni cosiddetti terreni. Essi seguono il principio di Federico Ozanam che conoscono bene poiché frequentano le Conferenze da lui fondate: “Non farsi vedere, ma lasciarsi vedere”.

4. Veri cristiani, cioè autentici missionari
C’è in questa straordinaria coppia cristiana una tale unanimità di propositi e di realizzazioni da lasciare incantati e stupefatti, nel momento stesso che essi sanno accettarsi nelle loro differenze e nei distinti ruoli. Un punto nel quale sono ben uniti e d’accordo è quello dello spirito missionario che fanno aleggiare nella loro famiglia e che trasmettono in maniera assai marcata specialmente alla piccola Teresa.
Sognano di avere un figlio che diventi sacerdote e parta per le missioni in terre lontane. Tanto Luigi che Zelia si iscrivono all’Opera della Propagazione della Fede e versano ogni anno consistenti offerte con animo così convinto e che, alla loro morte, le figlie decidono di continuarle in loro memoria.
Sono molti su questo argomento i particolari che si narrano: per esempio, Luigi ama firmarsi Xavier come il grande Missionario che egli ammira; egli si affretta a iscrivere tutte le sue figlie all’Opera della S. Infanzia e a Teresa bambina concede un borsellino personale da cui ella prende le sue offerte per i poveri e per le missioni. Interessato alla evangelizzazione del Canada, invia una somma assai consistente per un seminario e una cappella in quella terra.
Secondo l’espressione del tempo, è la salvezza delle anime ciò che a questi sposi cristiani preme maggiormente, sia nel piccolo mondo dove risiedono, sia in Francia, sia nel mondo intero. Per essi l’uomo realizzato e compiuto è quello che vive nella grazia di Dio, sentendosi amato da Dio e fedele a questo amore. Per essi c’è davvero una sola tristezza: quella di non essere santi della santità di Cristo e di non vivere della vita della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.
Mamma Zelia è affascinata dalla umiltà e insieme dalla carità missionaria della Vergine Santa quando accorre a visitare la cugina Elisabetta e a portarle la presenza del Verbo di Dio fatto carne: icona questa tra le più significative dell’indole missionaria di coloro che siano in qualche modo “eletti” da Dio; icona che tutta la Chiesa vuole imitare e prolungare fino alla fine dei tempi, come S. Teresa di Gesù Bambino ha icasticamente espresso in pagine indimenticabili, che qui, in questa città, per le sue vie e, mi auguro ancor più nella sua case, nelle sue famiglie, riecheggiano, risuonino proprio come un’eco, i sentimenti che ha appreso dai suoi venerabili genitori.

5. “Compimento integrale di volontà divina”
Ma prima di terminare – permettetemi – di tratteggiare per questa chiesa parrocchiale un piccolo  profilo di questa coppia ammirevole e lasciarlo come riassunto alla riflessione delle famiglie venute qui questa sera: Ho appena detto che Luigi e Zelia “non erano due santi di cera, senza ardore, senza passioni, che, il 13 luglio 1858, a mezzanotte, secondo i costumi del loro tempo, oltrepassavano questo portico prestigioso di Notre-Dame per unirsi dinanzi a Dio. Erano due esseri di carne e di sangue, si amavano con entusiasmo, volevano reciprocamente la propria felicità, ed erano talmente uniti che la minima separazione sembrava loro insopportabile, mai l’ombra di una discordia sfiorò il loro pensiero, e dopo cinque anni di matrimonio, la signora Martin auspicava a tutte le donne un coniuge come il suo. Il gioielliere dal portamento di gentiluomo, la merlettaia smagliante che non aveva uguale nel lavorare il punto di Alençon, formavano in quella città aristocratica il più invidiato dei matrimoni. Non è non da loro che la letteratura romantica si fornirebbe in temi scabrosi. Luigi e Zelia hanno arricchito invece la Storia della Chiesa di un episodio di pura luce. Delusi nelle loro aspirazioni di gioventù verso la vita religiosa, avevano scalato uno verso l’altro, in una castità inviolabile, il versante della montagna dell’amore, dove, all’ora di Dio, si incontrarono sulla cima. Dopo un preludio virginale, dieci mesi di relazioni fraterne dove i loro cuori si armonizzarono sotto il segno del sacrificio, vissero solo per la loro famiglia, si santificarono con e nel matrimonio, imprimendo all’opera di vita il sigillo della carità sovrannaturale che di fatto, secondo la parola di San Paolo, è “un grande sacramento” immagine dell’unione del Cristo e della chiesa. Le nove nascite che, in meno di quindici anni, allietarono la loro unione attestano che, per questi coniugi coraggiosi il dovere non conosceva nessuno sconto. “Viviamo soltanto per i nostri bambini” – scriverà la signora Martin poco prima della sua morte, in una lettera che ricapitola le sue gioie e le sue prove. I figli “Sono tutta la nostra felicità, e noi l’abbiamo trovata soltanto in loro. Nulla ci sembrava pesante per loro; il mondo noi non era più un peso. Per me, erano la grande ricompensa, così desideravo averne molti, per crescerli per il cielo”. L’unità dei cuori si realizza solo sulle cime. Luigi Martin e Zelia Guérin avevano ereditato dei loro genitori un senso splendido della sovranità di Dio. La loro comunione di vita fece più che raddoppiare questo contributo, lo moltiplicò. (…) La spiritualità della famiglia ha per centro e per legge il compimento integrale della volontà divina. Ciò che Dio chiede non si discute, che si tratti degli ordini o degli eventi, del dovere di stato o degli insegnamenti della Chiesa, delle malattie che si moltiplicano o delle altre tombe che si scavano prematuramente.
Suor Genoveffa del Volto Santo amava ricordare le citazioni poetiche dove la mamma faceva trasparire il suo desiderio delle realtà celesti. La corrispondenza familiare è ricchissima di caratteristiche dove si scopre l’abbandono più totale a Dio. Al Processo di Beatificazione di Teresa, Maria, la figlia maggiore dei Martin, potrà testimoniare sotto giuramento. “Mio padre e mia madre avevano una fede profonda, a sentirli parlare insieme dell’eternità, ci sentivamo disposti, benché giovani a considerare le cose del mondo come una pura vanità […] .

Vi attendo tutti domani a Lisieux per la Beatificazione.

Stéphane-Joseph Piat, Un foyer idéal, in Etudes et Documents, 1955, n° 2 (avril), pp. 19-24.

Omelia del 19 ottobre 2008 del Card. J. S. Martins

Omelia di Sua Eminenza

il CARDINALE JOSÉ SARAIVA MARTINS

Prefetto emerito della Congregazione per le Cause dei Santi

Rappresentante di Sua Santità

BENEDETTO XVI

 

in occasione della beatificazione dei Venerabili Servi di Dio

LUIGI MARTIN E ZELIA GUÉRIN
laici, coniugi e genitori

“… splendete come astri nel mondo,
tenendo alta la parola di vita”
Fil 2,15d-16a

TESTIMONI DELL’AMORE CONIUGALE

XXIX domenica del Tempo Ordinario
Giornata Mondiale delle Missioni
Basilica di santa Teresa di Gesù Bambino, 19 ottobre 2008

TESTIMONI DELL’AMORE CONIUGALE

Venerabili confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Eminenti Autorità,
Cari pellegrini, fratelli e sorelle, in Cristo.

“Degni del cielo”
In Storia di un’anima, Teresa scriveva: Ah, perdonami, Gesù, se sragiono volendo ridire i miei desideri, le mie speranze che si dilatano all’infinito! Perdonami e risana la mia anima donandole  ciò che spera! … (Ms B, 2v°). Gesù ha sempre esaudito i desideri di Teresa; anche quello che aveva confidato in una lettera al Reverendo Bellière, e che molti conoscono ormai a memoria: Il buon Dio mi ha dato un padre ed una madre più degni del Cielo che della terra (LT 261).
Ho appena terminato il Rito di Beatificazione con il quale il Santo Padre ha iscritto, congiuntamente, nel Libro dei Beati questi due coniugi. Si tratta di una prima un’importante la Beatificazione di Luigi Martin e Zelia Guérin che Teresa definiva genitori senza pari, degni del Cielo, terra santa e come tutta impregnata di profumo virginale.
Il mio cuore rende grazie a Dio per questa esemplare testimonianza di amore coniugale, capace di stimolare le famiglie cristiane nella pratica integrale delle virtù cristiane come ha stimolato Teresa.
Mentre leggevo la Lettera Apostolica del Santo Padre, ho pensato a mio padre e a mia madre e vorrei, in questo momento, che anche voi pensiate al vostro papà ed alla vostra mamma; insieme poi ringraziamo Dio per AVERCI CREATI e FATTI CRISTIANI attraverso l’amore coniugale dei nostri genitori. Se aver ricevuto la vita è una fatto meravigliosa, per noi cristiani è ancora più lodevole che i nostri genitori ci abbiano introdotti nella Chiesa, la sola capace di farci cristiani. Nessuno infatti può farsi cristiano per conto suo.

Figli della terra di Normandia, un dono per tutti.
Tra le vocazioni a cui gli uomini sono chiamati dalla Provvidenza, il matrimonio è uno dei più nobili e dei più elevati. Luigi e Zelia hanno capito che potevano diventare santi non malgrado il matrimonio, ma attraverso e con il matrimonio, e che lo stesso matrimonio doveva essere considerato come il punto di partenza di una salita a due. Oggi la Chiesa non ammira soltanto la santità di questi figli della terra di Normandia, un dono per tutti, ma si riflette in questa coppia di Beati che contribuiscono a rendere più splendido e bello l’abito nuziale della Chiesa. Non ammira solamente la santità della loro vita, ma riconosce in questa coppia la santità eminente dell’istituzione dell’amore coniugale, come è stato concepito dal Creatore stesso. L’amore coniugale di Luigi e Zelia è un puro riverbero dell’amore di Cristo per la sua Chiesa, ma è anche un puro riverbero dell’amore rispledente, senza macchia, nè ruga, o alcunché di simile, ma santo e immacolato (Ep 5,27) del modo con cui la Chiesa ama Cristo, il suo Sposo. Il Padre ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nell’amore (Ef 1,4).

“Solo i violenti si impadroniscono del regno”
Luigi e Zelia hanno testimoniato la radicalità dell’impegno evangelico della vocazione matrimoniale, fino all’eroismo poiché dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza ed i violenti se ne impadroniscono (Mt 11,12). Coloro che sono violenti nei loro discorsi non sono i violenti che Dio cerca, né sono coloro che soffrono le torture. Sono coloro che fanno violenza a se stessi, che sono moderati, dolci e pacifici. I Martin non hanno avuto paura di far violenza a se stessi per rapire il regno dei cieli. Sono diventati così la luce del mondo che oggi la Chiesa mette sopra il lampadario perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa (Chiesa). Splendono davanti agli uomini perchè vedano le loro opere buone e rendano gloria al nostro Padre che è nei cieli. Il loro esempio di vita cristiana è come una città collocata sopra un monte che non può rimanere nascosta (Mt 5,13-16).

Il Vangelo in casa Martin non è stato una semplice parola.
Le parole dell’apostolo Paolo nella Prima lettera ai Tessalonicesi, di questa domenica, non descrivono semplicemente la vita di ogni Chiesa (Diocesi), di ogni Comunità ecclesiale (parrocchia), ma delineano anche – e può sembrare paradossale – il programma di vita per ogni famiglia cristiana. Ciò che si afferma della Chiesa, si può affermare anche della famiglia, piccola Chiesa domestica, cellula viva e vitale che genera i membri della Chiesa attraverso i quali la Chiesa esiste e realizza la missione voluta dal Capo del suo corpo: il Cristo.
Ma le parole dell’apostolo delineano anche il ritratto morale e spirituale dei nuovi Beati: Luigi e Zelia hanno praticato nel corso della loro vita l’operosità della fede, la fatica della carità e la fermezza della speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, e oggi l’autorità di Pietro ce lo ha confermato, che i coniugi Martin sono stati scelti da Dio. Infatti il Vangelo fu accolto da loro non come semplice parola, ma potenza dello Spirito Santo e profonda convinzione.
Il Vangelo in casa Martin non è stato una semplice parola. Maestro, gli dicono, sappiamo che sei veritiero e che insegni la via di Dio; per loro, Gesù è il Maestro, il solo Maestro che insegna la vera via di Dio. Non c’è dicotomia tra Gesù e la Chiesa; Gesù e la Chiesa sono una cosa sola, non sono più due ma una sola carne, come l’uomo e la donna, come lo sposo è unito alla sua sposa. Gesù è la Chiesa, la Chiesa è Gesù. E come dice l’apostolo Paolo: Questo mistero è grande, lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa. Luigi e Zelia non sono due santi di cera, senza ardore, senza passione. Sono due esseri di carne e di sangue, che si amavano con fervore, che volevano la felicità l’uno dell’altra, che fondevano a tal punto che la minima separazione gli sembrava pesante (P. Piat).

“Maestro, dacci il tuo parere”
Quale è il segreto del successo della loro vita cristiana? Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che il Signore richiede da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio (Mi 6,8). Luigi e Zelia, un uomo ed una donna che camminato umilmente con Dio alla ricerca del parere del Signore. Maestro, dacci il tuo parere. Ricercavano il parere del Signore. Erano assetati del parere del Signore. Amavano il parere del Signore. Si sono conformati al parere del Signore senza recriminare, senza discutere o peggio contestare. E per essere sicuri e certi di camminare nel veritiero parere del Signore, si sono sempre fidati del parere della Chiesa, maestra esperta in umanità, ed al suo insegnamento. Non c’è un aspetto della loro vita privata o pubblica che non sia in perfetta armonia con gli insegnamenti della Chiesa, tanto della loro epoca che della nostra.
Ipocriti! Perché mi tentate? Si ha l’impressione che questo modo di interrogare Cristo – o la Chiesa – non sia soltanto un atteggiamento dei contemporanei o degli oppositori di Cristo, ma che covi in modo sornione, mascherato sotto forma di razionalità, anche negli ambienti cristiani… Si pongono domande non per conoscere la verità, ma per fare obiezioni. La risposta di Cristo e della Chiesa è sempre la stessa, ieri come oggi: Ipocriti! Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.

“Dio, primo servito”
Per i coniugi Martin, quello che è di Cesare e quello che è di Dio era molto chiaro. Nessuna esitazione a mettere Dio al primo posto nella loro vita. Messer Dio è il primo servito, era il motto di Giovanna d’Arco e i Martin ne hanno fatto il motto della loro famiglia. È rilevante vedere come questa coppia si è sempre sottoposta alla volontà divina. Nella loro casa Dio era sempre il primo servito. Quando la prova raggiungeva la loro famiglia, la reazione spontanea era sempre l’accettazione della volontà divina. Se la signora Martin diceva spesso che Dio è il Maestro e fa ciò che vuole, il signor il Martin gli faceva eco ripetendo Dio è il primo servito. Hanno servito Dio soprattutto nel povero e non per uno slancio di generosità né per giustizia sociale, ma semplicemente perché il povero è Gesù. Servire il povero significava servire Gesù e rendere così a Dio quello che è di Dio: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (Mt 25,34-40).

Un “Cielo popolato di anime”
Tra alcuni istanti proclameremo la nostra Professione di Fede che Luigi e Zelia hanno ripetuto tante volte alla Messa e soprattutto hanno insegnato ai loro bambini. Dopo avere confessato la santa Chiesa cattolica, il Simbolo degli Apostoli aggiunge la Comunione dei Santi. Questo termine designa non soltanto l’assemblea di tutti i santi, ma anche la comunione delle persone sante in Cristo che è morto per tutti, in modo che quello che ciascuno fa o soffre in Cristo e per Cristo porta frutto per tutti.
Teresa, nel Vangelo che portava sempre con sé, aveva scritto il Credo con il suo sangue e tutti noi conosciamo l’amore che aveva per la Chiesa: Nel cuore della Chiesa, mia madre, io sarò l’Amore! Quest’amore per la Chiesa, Teresa l’ha visto vissuto dai suoi genitori e lo ha imparato a memoria sulle loro ginocchia. Credevo, sentivo che c’è un Cielo e che questo Cielo è popolato di anime che mi amano, che mi considerano come loro figlia… (Ms B 2v°).
In questo cielo popolato di anime – come dice Teresa – che ci amano oggi possiamo contare ormai i Beati Luigi e Zelia, e possiamo per la prima volta invocarli: pregate Dio per noi. Vi prego: amateci, considerateci come i vostri figli. Amate la Chiesa intera come avete amato i vostri figli. Considerate te le nostre famiglie e i loro bambini come se fossero i vostri.

Luigi e Zelia sono un dono per i giovani fidanzati per il coraggio che hanno manifestato obbedendo alla Chiesa anche quando questa gli domandava di andare contro corrente, contro tendenza. Non hanno avuto timore delle parole come purezza, castità o verginità, non hanno bruciato le tappe, hanno vissuto, anche se per breve tempo, un fidanzamento rispettoso della volontà di Dio e dell’insegnamento della Chiesa.

Luigi e Zelia sono un dono per gli sposi di qualsiasi età per la stima, il rispetto e l’armonia con i quali si sono amati reciprocamente per 19 anni. Zelia scriveva: Non posso vivere senza te, mio caro Luigi. E lui le rispondeva: Tuo marito e amico che ti ama per la vita. Entrambi hanno vissuto con eroismo le promesse matrimoniali di fedeltà dell’impegno, d’indissolubilità del legame, di fecondità dell’amore, nella felicità e nella prova, nella salute e nella malattia.

Luigi e Zelia sono un dono per i genitori per l’abnegazione evangelica con la quale, di comune accordo, vollero numerosi figli da offrire al Signore. Veri ministri dell’amore e della vita, hanno ricercato la fecondità come servizio. Come un sacerdote serve la chiesa. Tutti noi ammiriamo Teresa, figlia incomparabile di questa coppia, capolavoro della grazia di Dio, ma anche capolavoro del loro amore per la vita e per i figli.

 

Luigi e Zelia sono un dono per gli educatori perché hanno rispettato e saggiamente guidato la scelta vocazionale delle loro figlie. La signora Martin auspicava alle figlie di condurre una vita santa, nella vocazione che Dio darà loro (cf. Lettere famigliari. L 154,163,184). Sappiamo che durante la loro gioventù, Luigi e Zelia, prima di incontrarsi, avevano pensato seriamente alla vita religiosa consacrata. Restava nel loro cuore una nostalgia della vocazione alla vita consacrata? Sì, certo. In ogni vocazione cristiana seriamente accolta è contenuta la possibilità di tutte le altre vocazioni. Anche questo Teresa lo ha appreso dai suoi genitori, quando scriveva in Storia di un’anima che avrebbe desiderato tutte le vocazioni e tutte le missioni possibili.

Luigi e Zelia sono un dono per tutti coloro che hanno perso un coniuge. Oggi, forse più che in altre epoche, la vedovanza è una condizione dura ad accettare. Luigi ha vissuto la perdita di Zelia con fede fino al dono di sé. Non ha ascoltato le sue giuste rivendicazioni, le ha rinviate per le figlie.

Luigi e Zelia sono un dono per tutti coloro che devono affrontare una morte annunciata. Ella morì per un cancro al centro, Luigi terminerà la sua esistenza a causa di uno arteriosclerosi cerebrale. In un mondo che mortifica la morte e che lascia solo coloro che muoiono, Luigi e Zelia ci insegnano a guardare in faccia la morta con totale abbandono in Dio. Ad un mondo che si chiede dove trovare le ragioni che giustificano la morte, offriamo il loro esempio umano e cristiano. Zelia scriveva al marito: Il buon Dio mi fa la grazia di non spaventarmi (della morte), sono molto serena. Quasi felice. Non cambierei la mia sorte con nessun’altra. Luigi è animato dello stesso sentimento. Quando gli dicono che tutta la famiglia sta facendo un novena a san Giuseppe per la sua guarigione, egli rispose: No, non bisgona chiedere questo, ma solo la volontà del buon Dio.

Modello esemplare di famiglia missionaria
Infine rendo grazie a Dio, in questa 82a Giornata Mondiale delle Missioni, poiché Luigi e Zelia sono un modello esemplare di famiglia missionaria. Ecco la ragione per la quale il Santo Padre ha voluto che la beatificazione si avveri in questo giorno così caro alla Chiesa universale, come per unire Luigi e Zelia alla discepola Teresa, loro figlia, proclamata Patrona delle Missioni e Dottore della Chiesa.

Le testimonianze delle figlie Martin sullo spirito missionario che regnava nella loro famiglia sono unanimi e sorprendenti: I miei genitori si interessavano molto alla salvezza delle anime… Ma l’opera di apostolato più osservata nella nostra casa era la Propagazione della Fede per la quale, ogni anno, i nostri genitori facevano un’importante offerta. Per questo zelo delle anime desideravano inoltre avere un figlio missionario e delle figlie religiose. Mio padre, per devozione all’apostolo delle Indie, amava firmarsi Xavier (Positio, vol. II, p. 972). Teresa racconta che: Per ricompensarmi papà mi dava una graziosa monetina che mettevo in una scatola e che era destinata a ricevere quasi ogni giovedì una nuova moneta. Era da questa scatola che attingevo quando, durante alcune grandi festività, volevo fare un’elemosina dalla mia borsa per la questua, sia alla Propagazione della Fede sia ad altre opere simili (Positio, vol. II, pp. 895-896).Recentemente, il cardinale Dias, Prefetto della congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli (Propagande Fide) scriveva: Per un discepolo di Cristo, annunciare il Vangelo non è un’opzione ma un comandamento del Signore… Un cristiano deve considerarsi in missione (…) per diffondere il Vangelo in ogni cuore, in ogni casa, in ogni cultura (Conférence di Lambeth, 23 luglio 2008).Ma la famiglia Martin non ha soltanto ammiratori. Molto vi vedono i numerosi difetti del secolo della “belle époque” che si traducono in una storia mediocre e che non avrebbe nulla di straordinario. Ritengono che il terreno sul quale Teresa fiorì fu un terreno povero e banale dal punto di vista culturale e religioso. In verità non so se esistono epoche migliori o peggiori per la “qualità” degli uomini che vi vissero, ma fra loro, ci sono persone che la Chiesa riconosce come modelli di santità. Questi due coniugi hanno vissuto i limiti del loro tempo, come del resto noi viviamo i nostri, ma sono stati discepoli appassionati di Gesù, fino al paradiso. Personalmente non ho alcun dubbio sul mistero della santità di Luigi Martin e di Zelia Guérin, ma per coloro che avessero ancora dei dubbi, lascio la parola, ancora una volta, alla piccola Teresa che è una parola, anche in questo caso, di un Dottore della Chiesa:Gesù si è degnato di istruirmi su questo mistero: mi ha messo davanti agli occhi il libro della natura ed ho capito che tutti i fiori che ha creato sono belli, che lo splendore della rosa ed il candore del giglio non tolgono il profumo alla piccola viola o la semplicità incantevole alla pratolina… Ho capito che, se tutti i piccoli fiori volessero essere rose, la natura perderebbe il suo manto primaverile, i campi non sarebbero più smaltati di fiorellini… Così avviene nel mondo delle anime che è il giardino di Gesù. Egli ha voluto creare i grandi santi che possono essere paragonati al giglio e alle rose, ma ne ha creati anche di più piccoli e questi devono accontentarsi di essere delle pratoline o delle violette destinate a rallegrare lo sguardo del buon Dio quando Egli lo abbassa verso terra: la perfezione consiste nel fare la sua volontà, nell’essere ciò che Egli vuole che noi siamo… (Opere Complete, Ms A, 2v°).Fratelli miei, possano le vostre famiglie, le vostre parrocchie, le vostre comunità religiose di Normandia, di Francia… e del mondo intero, essere anche famiglie sante e missionarie, come lo fu quella dei Beati coniugi Luigi e Zelia Martin. Se questa sera osserverete il cielo, accanto al nome di Teresa, splenderanno anche i nomi del suo papà e della sua mamma.

Amen.

Conferenza del 12-13 luglio 2008 del Card. J. S. Martins

I CONIUGI MARTIN
un percorso di santità che ha trasmesso la fede

del Cardinal José Saraiva-Martins

Alençon-Lisieux, 12-13 luglio 2008
in occasione del 150° anniversario di matrimonio
dei Venerabili Sposi Luigi e Zelia Martin

“Nozze di granito”

È molto emozionante per me, ed è una grazia di Dio, essere oggi con voi in questo luogo. La chiesa di Notre-Dame d’Alençon, col suo portico in gotico fiammeggiante, è un vero gioiello, o come dite voi, un vero merletto, il punto d’Alençon in pietra; mi hanno detto che “se si vuole collocare Dio nel posto più bello della Chiesa occorre metterlo alla porta!”.

Ringrazio per la squisita attenzione di volere che in questa sera del 12 luglio sia qui con tutti voi a fare memoria del 150° anniversario delle nozze dei Venerabili Servi di Dio, Zelia Guérin e Luigi Martin. Nozze e vita, direi, realizzate con rara maestria, dal vero artefice di questo finissimo capolavoro: i coniugi Luigi e Zelia Martin sono pietre scelte, vere “pietre vive e preziose scolpite dallo Spirito”, come un finissimo merletto al punto d’Alençon per la Chiesa di Dio che è in Sées e di Bayeux-Lisieux, dove vissero e morirono.

Nozze d’oro in Cristo, anzi tre volte d’oro, perché durano da 150 anni. Credo sia giusto definire queste nozze: “nozze di granito”, come sul Sito della Diocesi le ha caratterizzate Sua Eccellenza Mons. Jean-Claude Boulanger, il vostro vescovo. Osservando le case del centro storico della vostra bella e famosa città ho potuto ammirare – e continuo ad ammirare anche qui – il vostro granito particolarmente fine e trovo molto adeguata l’immagine del granito per caratterizzare la solidità e semplicità dell’amore e della fede di questi sposi.

Sembrano applicarsi perfettamente ai coniugi Martin le parole che Paul Claudel (1868-1955), contemporaneo della loro figlia Therese, scrive nel Prologo de  L’Annuncio a Maria:

“Non alla pietra tocca fissare il suo posto, ma al Maestro dell’Opera che l’ha scelta … Santità non è farsi lapidare in terra di Paganìa o baciare un lebbroso sulla bocca, ma fare la volontà di Dio, con prontezza, si tratti di restare al nostro posto, o di salire più in alto”.
I Martin sono santi scelti da Dio per essere questi santi ed essere impiegati nella costruzione della sua Chiesa. La santità è proprio tutta qui: “fare la volontà di Dio con prontezza”, la dove Egli ci ha collocati, “si tratti di restare al nostro posto, o di salire più in alto”.

Dio è il “tre volte santo”, Dio è quel “Padre veramente santo, fonte di ogni santità”, che “santifica” doni e fedeli “con l’effusione del suo Spirito” . Per ciò la santità, ogni santità, è solo un riflesso della sua gloria. La Chiesa, elevando qualcuno agli onori degli altari, prima di tutto racconta e proclama la gloria e la misericordia di Dio. Allo stesso tempo, attraverso la loro testimonianza, offre ai credenti un esempio da imitare e, attraverso la loro intercessione, un aiuto a cui ricorrere.

Proprio come oggi, il 12 luglio 1858 alle ore 22 in comune, i Venerabili Servi di Dio Zelia Guérin e Luigi Martin contraevano il matrimonio civile. Un paio d’ore dopo, a mezzanotte, con qualche parente e amico intimo, attesi da l’Abbé Hurel, un sacerdote amico, varcavano la soglia di questa chiesa parrocchiale per celebrare le loro nozze in Cristo nella più stretta intimità. La notte delle loro nozze richiama la notte di Natale e di Pasqua, la notte che “sola fra tutte” ha meritato di conoscere il momento e l’ora del fatto che ha sconvolta la storia dell’umanità. Così è cominciato il loro “Cantico dei Cantici”.

Una “coppia apostolica”

Teresa, già monaca al Carmelo di Lisieux, invita la sorella Celina a sciogliere un canto di ringraziamento a Gesù per la Vestizione: “Alza gli occhi verso la Celeste Patria, E tu vedrai su dei seggi d’onore Un Padre amato… Una Madre cara… Ai quali tu devi la tua immensa felicità!…” . I Venerabili Servi di Dio Zelia e Luigi, che presto, attraverso la mia voce, il Papa avrà la gioia di elevare agli onori degli altari, sono stati innanzitutto una coppia unita in Cristo che ha vissuto la missione della trasmissione della fede con passione e con raro senso del dovere. Pur vivendo in un momento storico particolare, quello dell’Ottocento, molto diverso dal nostro, entrambi hanno testimoniato con impegno e si sono coinvolti in modo del tutto naturale, direi quasi fisiologico, in quello che noi oggi chiamiamo evangelizzazione. Possiamo addirittura definirli una “coppia apostolica” come Priscilla ed Aquila: i coniugi Luigi e Zelia si sono impegnati come coppia cristiana laica nell’apostolato d’evangelizzazione, e lo hanno fatto in modo serio e convinto per tutto l’arco della loro esistenza, dentro e fuori le mura domestiche. Nella testimonianza di vita dei Venerabili Servi di Dio, che come tutti sanno sono gli “incomparabili genitori” di santa Teresa di Gesù Bambino del Volto Santo è sovrabbondante il “dono di sé”… Ma la vita e la fama di santità di questi sposi non abbraccia solo l’arco delle loro nozze e della loro vita coniugale. Essa è presente in maniera inequivocabile anche prima delle loro nozze. La vita di entrambi si è sviluppata nella ricerca di Dio, nella preghiera, animata dal profondo desidero di realizzare soprattutto la Volontà di Dio. Si sono orientati, dapprincipio, verso la vita religiosa consacrata, cercando aiuto e discernimento.  Non si finirebbe di ricrearci raccontando i numerosi episodi della carità che sono accaduti proprio qui, nelle vie della vostra città. Diversi vostri cittadini, discendenti e amici dei Martin, sono stati i testimoni concreti del loro “dono di sé” e hanno deposto, prima per Teresa e più tardi per i suoi genitori, nei differenti Processi Informativi, che sono l’inizio di ogni iter per verificare la santità nella chiesa. Già raccogliendo le testimonianze per Teresa, molti hanno parlato dei suoi genitori e delle loro qualità squisitamente cristiane  Basterebbe leggere Storia di un’anima e passeggiare per le vie della città per scoprire i luoghi dove Luigi e Zelia sono cresciuti, hanno ricevuto la loro formazione umana e cristiana, hanno lavorato: come merlettaia (e che merlettaia!), Zelia in rue Saint-Blaise; come fabbricante di orologi e gioielliere, Luigi in rue Pont-Neuf. Qui hanno approfondito la loro fede e pensato di donarsi al Signore. Dio però aveva altri progetti per loro e un giorno qui, sul ponte Saint-Léonard si sono incrociati, si sono conosciuti e si sono amati. Poi si sono sposati e sono diventati genitori. È proprio qui, in questa chiesa, che Teresa, la loro ultima figlia, è rinata in Cristo. Il fonte battesimale è ancora il medesimo, vero grembo della Chiesa, Madre e formatrice di santi, unico grembo che ci fa tutti figli dell’unico Padre. La matrice unica della santità.  Proverbiali sono l’apertura e l’accoglienza della famiglia Martin: non solo la casa era aperta e accogliente per chiunque bussasse, ma il cuore di questi sposi era caldo, spazioso e pronto al “dono di sé”. Contrariamente all’etica borghese del loro tempo e del loro ambiente, che celava, dietro al “decoro”, la religione del denaro e il disprezzo dei poveri, Luigi e Zelia, insieme alle loro cinque figlie, impiegavano buona parte del loro tempo e del loro denaro per aiutare chi era nel bisogno. Al processo per i genitori, Celina Martin, al Carmelo Suor Geneviève, depone circa l’amore del papà e della mamma verso i poveri:“Se in casa nostra regnava l’economia, quando si trattava di soccorrere i poveri vi era la prodigalità. Li si preveniva, li si cercava, quando non si insisteva per farli entrare in casa, dove erano nutriti, riforniti di viveri, vestiti, esortati al bene. Vedo ancora la mamma sollecita verso un povero anziano. Io potevo avere allora sette anni, ma mi ricordo come se fosse stato ieri. Stavamo passeggiando quando incontrammo sulla strada un uomo che faceva compassione. La mamma mandò Teresa a portargli l’elemosina. Quel povero si mostrò così riconoscente, che Teresa si mise a parlare con lui. Allora la mamma lo invitò a seguirci e rientrammo in casa. Lei gli preparò un buon pranzo – moriva di fame – e gli diede dei vestiti, e gli regalò un paio di scarpe… E lo invitò a ritornare a casa nostra se avesse avuto ancora bisogno…”. E a proposito del papà aggiunge: “Si preoccupava di trovar loro lavoro secondo la loro condizione, li faceva ricoverare in ospedale quando c’era bisogno, o procurava loro una soluzione onorevole secondo i casi. In questo modo aiutò una famiglia della nobiltà caduta in miseria […]. A Lisieux, ai Buissonnets, tutti i lunedì, in mattinata, i poveri venivano a chiedere l’elemosina. Si dava loro sempre qualcosa, o del cibo o dei soldi; e spesso era la piccola Teresa che consegnava l’elemosina… Un giorno, in chiesa, papà aveva incontrato una persona anziana che aveva l’aria di essere molto povera. Lo portò a casa. Gli demmo da mangiare e tutto ciò di cui aveva bisogno. Mentre stava per partire, papà gli chiese di benedirci, Teresa ed io. Noi eravamo già delle ragazzine, e ci siamo inginocchiate davanti a lui, e lui ci ha benedetti” . Sono cose dell’altro mondo capitate proprio qui! Non siamo di fronte alla semplice bontà, ma all’amore per il povero vissuto in grado eroico secondo lo spirito del Vangelo di Matteo . Risplende in questa luminosa coppia qualcosa della santità perenne che troviamo lungo il corso della storia della Chiesa. Cito un brano di una lettera che Tertulliano scrisse alla propria consorte. Mi sembra che questi sentimenti si siano realizzati in modo esemplare in Luigi e Zelia che hanno messo Dio al primo posto e al centro della loro vita. “… Che bella coppia formano due credenti che condividono la stessa speranza, lo stesso ideale, lo stesso modo di vivere, lo stesso atteggiamento di servizio! Ambedue fratelli e servi dello stesso Signore, senza la minima divisione nella carne e nello spirito, insieme pregano, insieme s’inginocchiano e insieme fanno digiuno. S’istruiscono l’un l’altro, si esortano l’un l’altro, si sostengono a vicenda. Stanno insieme nella santa assemblea, insieme alla mensa del Signore, insieme nella prova, nella persecuzione, nella gioia. Non c’è pericolo che si nascondano qualcosa l’uno all’altro, che si evitino l’un l’altro, che l’uno all’altro siano di peso. Volentieri essi fanno visita ai malati ed assistono i bisognosi. Fanno elemosina senza mala voglia, partecipano al sacrificio senza fretta, assolvono ogni giorno ai loro impegni, senza sosta. Ignorano i segni di croce furtivi, rendono grazie senza alcuna reticenza, si benedicono senza vergogna nella voce. Salmi ed inni essi recitano a voci alternate e fanno a ara a chi meglio canta le lodi al suo Dio. Vedendo e sentendo questo, Cristo gioisce e ai due sposi manda la sua pace. Là dove sono i due, ivi è anche Cristo…” .

La fama di santità

Tutti i Pontefici che hanno dovuto occuparsi della piccola Teresa hanno messo in luce l’esemplarità della santità dei coniugi Martin, vedendovi una relazione tra la loro santità e quella della figlia. San Pio X, Benedetto XV, Pio XI, Pio XII, il beato Giovanni XXIII, il Servo di Dio Paolo VI – di Papa Luciani dirò tra poco – fino al grande Papa Giovanni Paolo II.La santità di questi coniugi non è una santità di riflesso, a causa della santità della loro figlia, ma vera e propria santità personale voluta, perseguita attraverso un cammino d’obbedienza alla volontà di Dio che vuole tutti i suoi figli santi come lui è Santo. Anzi, possiamo dire che Teresa è stata la prima “postulatrice” della santità dei suoi genitori; santità nella accezione più vera del termine non un semplice modo di dire. Teresa parla del papà usando più volte termini come santo, servo di Dio, giusto. Ammira nei suoi genitori non solo le doti e il tatto umano o la loro laboriosità, ma osserva acutamente la fede la speranza e la carità, l’esercizio eroico delle virtù teologali. Osserva tutti quegli elementi che sono presi in esame da ogni processo canonico. Se potessi la raccomanderei come postulatrice.  La Chiesa è debitrice a Luigi e Zelia, veri maestri e modelli della santità di Teresa, come ha giustamente affermato Von Balthasar che, in Sorelle nello Spirito, scrive: “Teresa realizza nel soprannaturale soltanto ciò che in qualche modo ha vissuto nel naturale. E nulla ella ha forse esperimentato in modo più intimo e più travolgente dell’amore del padre e della madre. Per questo la sua immagine di Dio è determinata dall’amore filiale. In ultima analisi è a Luigi e Zelia Martin che dobbiamo la dottrina della ”piccola via”, dell’infanzia spirituale, perché furono loro a rendere vivo e palpitante nel cuore di Teresa di Gesù Bambino il Dio che è più del padre e della madre”. L’osservazione di Von Balthasar è di capitale importanza. Egli afferma in modo chiaro che la dottrina della “piccola via”, che ha fatto di Teresa un Dottore della Chiesa nella Scienza dell’amore di Dio, la dobbiamo alla santità ed esemplarità di vita di Luigi e Zelia; la Chiesa, apprestandosi oggi a beatificare questa coppia, mostra che la santità, qualunque sia la scelta o lo stato di vita che abbiamo abbracciato, è possibile, è praticabile da tutti. E può essere grande santità.  Ma questo non dovrebbe essere realtà per ogni coppia? La famiglia non è chiamata a trasmettere ai figli il mistero del Dio che è più del padre e della madre”? La famiglia non è forse scuola di umanità vera e palestra di santità? Essa è il luogo privilegiato per forgiare carattere e coscienza. Ecco la missione, il compito di sempre della coppia, della famiglia cristiana. A ben guardare, la fama di santità di questi coniugi, supera già i confini delle vostre Diocesi, è presente oggi possiamo dire in tutto l’Oikoumene cattolico come si evince dalla numerosissima e dettagliata documentazione, che in più di 80 anni è andata sempre crescendo.  Questo prodigio lo dobbiamo proprio a Teresa. Se è vero che Storia di un’anima, la cui prima edizione è del 1898, dopo la Bibbia è il libro tradotto in più lingue, ognuno comprende benissimo la vastità della risonanza che i coniugi Martin hanno nel mondo. Forse non è esagerato dire che, quanto a fama, dopo la Santa Famiglia di Nazareth, la “santa famiglia Martin” stia al secondo posto. Il Servo di Dio Giovanni Paolo I, ancora Patriarca di Venezia (1969-1978), in un noto libro, Illustrissimi , scrisse: “Quando ho sentito che era introdotta la causa di beatificazione dei genitori di santa Teresa di Gesù Bambino, ho detto: “Finalmente una causa a due! San Luigi IX è santo senza la sua Margherita, Santa Monica senza il suo Patrizio; Zelia Guérin, invece, sarà santa con Luigi Martin suo sposo e con Teresa sua figlia!”. Già nel 1925, il Cardinal Antonio Vico – inviato da Pio XI come suo Legato a Lisieux a presiedere i solenni festeggiamenti in onore di Santa Teresa di Gesù Bambino, da poco canonizzata – rivolgendosi a Madre Agnese di Gesù (Paolina, la secondogenita dei Martin) pronunciò queste parole: “Ora bisogna occuparsi di papà… Da Roma stessa proviene questa commissione, che mi ha incaricato di farvi” . Se la cosa non ebbe subito seguito lo si deve attribuire alle giuste perplessità di Madre Agnese di Gesù.

“Incomparabili genitori”

Chiunque si sia avvicinato anche solo sbrigativamente a Storia di un’anima non ha potuto non osservare il profilo umano e spirituale di questi genitori che hanno costruito sapientemente un clima familiare in cui è cresciuta Teresa e non amare questi suoi “incomparabili genitori”. Il ricco epistolario della moglie Zelia, è una testimonianza di come la signora Martin seguisse la formazione umana, cristiana e spirituale di tutti i membri della famiglia, dal fratello Isidoro prima e, dopo le sue nozze, della cognata Celina Fournet e delle proprie figlie. Non vi è lettera di Zelia che non aleggi la presenza di Dio, una presenza fatta non di formalità, di convenevoli, di circostanza, ma chiaro riferimento alla luce del quale viene affrontato ogni aspetto della vita. Un epistolario che testimonia una squisita attenzione al bene di tutta la persona e alla sua crescita globale. Crescita che è piena e valida se non esclude Dio dal proprio orizzonte. Il marito Luigi, meno loquace e restio a scrivere, non si tira indietro di fronte all’aperta testimonianza della propria fede e non teme di essere preso in giro: nei rapporti con la propria consorte, in casa con le sue cinque figlie, nella gestione della sua bottega di orologiaio gioielliere, sia con gli amici, per strada o in viaggio, in ogni circostanza, per lui “messer Dio è sempre il primo servito”. Una famiglia missionaria della prima ora quando in Francia da poco muove i prima passi l’opera della Propagazione della fede di Pauline Jaricot (1799-1862) e cominciano i movimenti missionari del XIX secolo. Ricordiamo che i coniugi Martin iscrissero tutte le loro figlie all’Opera della Santa Infanzia (si conserva ancora l’immagine-ricordo dell’iscrizione di Teresa, 12 gennaio 1882) e che inviarono generose offerte per la costruzione di nuove chiese in terra di missione. Il fatto di partecipare fin da bambina alle attività dell’Opera della Santa Infanzia contribuì senz’altro a svegliare e a sviluppare lo zelo missionario in Teresa. Luigi e Zelia furono santi che generarono una santa, coniugi missionari che, non solo, parteciparono allo slancio missionario del loro tempo, ma, addirittura, educarono per la Chiesa la Patrona delle Missioni Universali (1927).  Luigi e Zelia sono santi non tanto per il metodo o i mezzi scelti per partecipare all’evangelizzazione, che sono evidentemente quelli della chiesa e della società del loro tempo, ma sono santi per la testimonianza della serietà in cui era vissuta e trasmessa la fede nella loro famiglia. Hanno evangelizzato i loro figli prima con la loro esemplare vita di coppia, poi con la parola e l’insegnamento domestico. A questo riguardo basterebbe ricordare quanto Teresa stessa scrive in Storia di un’anima, a proposito del fascino che hanno esercitato su di lei il papà e la mamma: “Tutti i particolari della malattia della nostra mamma tanto cara sono presenti al mio cuore, ricordo soprattutto l’ultima settimana che passò sulla terra; eravamo, Celina e io, come povere piccole esiliate, tutte le mattine la signora Leriche veniva a prenderci, e passavamo la giornata da lei. Un giorno non avevamo avuto il tempo di fare la nostra preghiera prima di uscir di casa e durante il tragitto Celina mi disse piano: “Dobbiamo dire che non abbiamo fatto la nostra preghiera?”. – “Oh, si!” le risposi: allora lo raccontò molto timidamente alla signora Leriche, e questa concluse: ”Ebbene, bambine mie, ditele ora”. Poi ci mise tutte due in una grande stanza e se ne partì… Celina mi guardò e dicemmo: “Ah! non è come la mamma! Lei le preghiere le dice sempre con noi!” .  Il papà, “il Re di Francia e di Navarra” , come amava chiamarlo Teresa esercitò un positivo fascino spirituale su di lei. La sua figura di uomo ispirava venerazione e rispetto:  “Che potrò dire delle veglie d’inverno, soprattutto di quelle domenicali? Com’era dolce per me, dopo la partita a dama, stare seduta con Celina sulle ginocchia di Papà. Con la sua bella voce cantava delle arie che empivano l’anima di pensieri profondi, oppure, cullandoci dolcemente, diceva delle poesie improntate di verità eterne. Dopo, salivamo per fare la preghiera in comune, e la piccola reginetta era sola accanto al suo re: non aveva che da guardarlo per sapere come pregano i santi!” .

Un’iniziazione cristiana in famiglia

Potremmo definire il Manoscritto A “il Manoscritto dell’iniziazione cristiana familiare di Teresa”. Iniziazione portata avanti con la stessa preoccupazione di quella scolastica. La fede per i Martin era una fede incarnata non una serie di norme da rispettare. Teresa, sempre nel Manoscritto A (1895), ringrazia non solo i genitori, ormai scomparsi: la mamma nel 1877 e il papà nel 1894, ma anche le sorelle maggiori che l’hanno accompagnata nella preparazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. Qui sta il valore singolare, non solo dei coniugi, ma anche delle figlie maggiori, quindi dell’intera famiglia Martin. I genitori, che prima sono stati educati ed ammaestrati dalla Chiesa, a loro volta hanno trasmesso l’insegnamento ricevuto a tutti i figli E tanto bene da meritare che la loro figlia più illustre, dopo essere stata ammaestrata da così “incomparabili genitori” è divenuta Santa Teresa di Gesù Bambino del Volto Santo, e oggi ammaestra tutta la Chiesa come Dottore (1997). Ab ipsis docta docet. Istruita da loro istruisce, cioè insegna. Questa è la sfida che la chiesa lancia oggi a tutte le famiglie cristiane con la beatificazione di questa famiglia.Non sono stati semplici strumenti che hanno veicolato la fede come un acquedotto veicola l’acqua, ma il depositum fidei da loro insegnato era arricchito dalla loro personale esperienza fatta di fede, di speranza e di carità. Non hanno trasmesso la fede come qualcosa di tradizionale, di frammentario, di nozionistico, ma di vivo. Non una fede come eredità – quella la lasciano i morti – ma hanno inserito i figli innestandoli con il battesimo nella corrente viva e vitale della Chiesa e affiancandosi ad essa, non sostituendosi ad essa, con la Chiesa e nella Chiesa, hanno collaborato in perfetta sintonia. C’è da osservare che la santità di questa coppia è in armonia e consonanza col Concilio Vaticano II e con diversi Documenti della Chiesa. Uno fra tutti la Gaudium et Spes. Prendo dalla parte II il Capitolo I su Dignità del Matrimonio e della famiglia e sua valorizzazione. Qui, al numero 48, intitolato Santità del matrimonio e della famiglia, si legge:  “Prevenuti dall’esempio e dalla preghiera comune dei genitori, i figli, anzi tutti quelli che vivono insieme nell’ambito familiare, troveranno più facilmente la strada di una formazione veramente umana, della salvezza e della santità” . Come non vedere la prossimità della famiglia Martin con questo importante testo? Tutto ciò può sorprenderci se pensiamo quanto i loro tempi sono distanti dai nostri. Il 12 luglio 1858 sono 150 anni fa e siamo nella Francia del secondo Impero. Noi, uomini e donne del secondo millennio, possiamo provare qualche disagio ad immaginarci il genere di vita quotidiana che conduceva questa coppia senza elettricità, riscaldamento, radio, televisione, tutti quei mezzi moderni di comunicazione che caratterizzano il nostro villaggio globale. Ma noi giudichiamo la santità, non le distanze che ci separano dalla loro testimonianza; giudichiamo la santità, non la forma in cui essa è giunta a noi. La loro è una distanza di forma non di sostanza, non di contenuto, non di dottrina. I Martin hanno “conservato il vino buono fino alla fine” (cf. Giovanni 2,10).

Proprio alla luce dei documenti della Chiesa, questa coppia può essere proposta come famiglia impegnata nell’evangelizzazione dei figli. Allora forse più improntata al catechismo, ai precetti, la dottrina della Chiesa era insegnata, oltre che nella parrocchia, nella famiglia, mandando a memoria le stesse verità della fede. In questo la Chiesa seguiva il metodo di insegnamento comune a quel tempo, dove la memoria aveva un ruolo importante. La famiglia Martin è testimone nella sua casa – con i figli, con i dipendenti, con i parenti, con i domestici – del ruolo di evangelizzazione, che non solo la coppia, ma tutta la famiglia, ha come missione e compito da svolgere. Paolo VI scriveva, nella Evangelii Nuntiandi, qualcosa che vediamo vissuto in modo esemplare proprio dalla famiglia Martin. “Nell’ambito dell’apostolato di evangelizzazione proprio dei laici, è impossibile non rilevare l’azione evangelizzatrice della famiglia. Essa ha ben meritato, nei diversi momenti della storia della Chiesa, la bella definizione di “Chiesa domestica”, sancita dal Concilio Vaticano II… La famiglia, come la Chiesa, deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia. Dunque nell’intimo di una famiglia cosciente di questa missione, tutti i componenti evangelizzano e sono evangelizzati. I genitori non soltanto comunicano ai figli il Vangelo, ma possono ricevere da loro lo stesso Vangelo profondamente vissuto. E una simile famiglia diventa evangelizzatrice di molte altre famiglie e dell’ambiente nel quale è inserita” .  La Casa di rue Pont-Neuf, quella di rue Saint-Blaise e quella dei Buissonnets sono sempre, anche nei vari trasferimenti, una piccola “Chiesa domestica” dove, ancora una volta, i Martin mostrano di essere al passo con i nostri tempi. La famiglia di Luigi e Zelia, per le loro cinque figlie – altri quattro, due bambine e due maschietti, sono morti in tenera età -, è stata il luogo privilegiato dell’esperienza dell’amore, nonché dell’esperienza e della trasmissione della fede. In casa, fra le calde e amorose pareti domestiche, ognuno ha ricevuto e dato. Nonostante il lavoro di entrambi, l’uno e l’altro hanno comunicato i primi elementi della fede ai propri figli, sin da bambini. Sono stati i primi maestri nell’iniziare i figli alla preghiera, all’amore e alla conoscenza di Dio, facendosi vedere a pregare da soli e insieme, accompagnandoli alla messa e alle visite al SS. Sacramento, non dicendo semplicemente dite le preghiera, ma le hanno loro insegnate facendo anche della casa una “scuola di preghiera”. Hanno insegnato quanto sia importante stare con Gesù, ascoltando i Vangeli che ci parlano di lui. Di più, la vita spirituale coltivata fin dalla giovinezza, come quella di Zelia e di Luigi, s’è alimentata alla sorgente della vita parrocchiale. Erano fedeli lettori de l’Année liturgique di Dom Guéranger, libro molto apprezzato anche da Teresa che ha proprio imparato a conoscerlo in casa.Cari fratelli e sorelle, Luigi e Zelia sono portatori di una verità semplice, anzi semplicissima: la santità cristiana non è un mestiere per pochi. È bensì la vocazione normale di tutti, di ogni battezzato. Ci hanno detto semplicemente che la santità ha a che fare con la moglie, con i figli, con il lavoro e con la sessualità. Il santo non è un superuomo, il santo è un uomo vero.Il 4 aprile 1957, la figlia Celina, Suor Genoveffa del Volto Santo, deponendo al Processo sull’eroicità delle virtù del papà, parla “della bellezza di una vita coniugale vissuta interamente solo per il Buon Dio senz’alcun egoismo ne ripiegamento su di sé. Se il Servo di Dio desiderò avere molti figli fu per donarli a Dio senza riserva. Tutto questo nella semplicità di un’esistenza ordinaria, laboriosa, disseminata di prove accolte con abbandono e fiducia nella Divina Provvidenza”; (Processo, Vol. II, pag. 22, Ad 6). “Abbiamo presenti due coniugi e una famiglia, vissuti e operanti in piena consonanza evangelica, preoccupati soltanto di attuare in ogni momento della giornata il piano preparata da Dio neri loro confronti. Interrogandolo e ascoltandone la voce, essi non facevano altro che perfezionarsi. Non sono protagonisti di gesti clamorosi o di particolare peso apostolico, ma sono vissuti nella quotidiana normalità di ogni famiglia, illuminati sempre dal divino e dal soprannaturale. È questo l’aspetto centrale, di portata ecclesiale, offerto all’imitazione delle famiglie di oggi. Ponendosi innanzi alla famiglia Martin, si potrà ricevere indirizzo, alimento e forza, per evitare il laicismo e la secolarizzazione moderna, trionfare di tante bassezze, vedere il dono dell’amore coniugale e il conseguente dono della paternità e della maternità nella luce di un incommensurabile dono di Dio”.

Conferenza del 10 novembre 2011 (Ferrara) del Card. J. S. Martins

Una santità per tutti i tempi

I santi di tutti i tempi cambiano il mondo Benedetto XVI

Carissimi fratelli e sorelle,

non nascondo la mia gioia di essere qui questa sera a Ferrara invitato dai Padri Carmelitani Scalzi e dal Centro Culturale l’Umana Avventura, nel quadro dei preparativi per il VII Incontro Mondiale della Famiglia che si terrà a Milano dal 30 maggio al 3 giugno 2012 e che vedrà come partecipanti d’eccezione l’Urna delle reliquie dei Beati Coniugi Luigi e Zelia Martin, “genitori senza eguali” per usare l’espressione della loro figlia più piccola: Santa Teresa di Gesù Bambino.

Sono stato invitato come Prefetto Emerito della Congregazione dei Santi, per aver seguito molto da vicino e con vero interesse il Processo Super Miro, la guarigione miracolosa del piccolo Pietro Schilirò che ha elevato agli onori degli altari i Coniugi Martin. Una Beatificazione che ho presieduto come legato pontificio a Lisieux in un’indimenticabile 19 ottobre 2008 di cui mi è sempre grato il ricordo.

Presento quindi con molto piacere il libro di Jean Clapier: Luigi e Zelia Martin, una santità per tutti i tempi. Edito da Punto Famiglia nella Collana Percorsi di santità coniugale.

Un libro che – dico subito – mi sta a cuore e ancor più ne incoraggio la sua lettura. Vi assicuro che libri che hanno come soggetto una coppia di coniugi nel campo dell’agiografia, con i tempi che corrono, sono piuttosto insoliti se non addirittura rari, non perché la santità nella chiesa sia l’eccezione, ma perché si tratta della santità di una coppia di sposi e di genitori che hanno generato e educato santi. Il Matrimonio per Luigi e Zelia fu l’occasione di partenza di un’ascesa più ardente e tanto più eccezionale perché fatta a due. “I nostri sentimenti – afferma Zelia – sono stati sempre all’unisono”. (lettera alla figlia Paolina del 1877).

L’Edizione italiana del libro è preceduta da un’ampia prefazione fatta da un mio carissimo confratello Sua Eminenza il Card. Ennio Antonelli, Presidente del Pontificio consiglio per la Famiglia. Leggendola si comprende subito che questo testo riveste un interesse notevole per il tema che tratta: la famiglia e la sua vocazione alla santità. Il Card. Antonelli, afferma citando la Lumen Gentium che “La santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano” (LG, 40). Proprio per questo il libro del Clapier si riveste di grande attualità. Con gioia, assieme a Lui, lo deponiamo nel cuore delle coppie che vogliono avere una buona compagnia nel portare avanti, spesse volte con fatica, la loro missione coniugale” (Dalla Prefazione).

Il testo è una vera sfida rivolta a sposi, educatori, fidanzati e figli offrendo all’intero universo con cui si compone una famiglia una vera e propria “storia” appassionante di un’esperienza coniugale e familiare che nell’ordinarietà di una vita semplice ha messo Dio non solo al centro di tutta la loro esistenza, ma al “primo posto”. Servire Dio, mettersi al suo servizio in ogni ambito della vita era una prerogativa che Luigi Martin ha inciso nei membri della sua famiglia, generando una vera e propria santità cristiana laicale come coppia e come famiglia.

L’autore, analizza il percorso umano, cristiano e spirituale della coppia Martin, attingendo in modo attento e sapiente alla documentazione speciale dei testi del processo per la loro Canonizzazione. L’aver investigato a fondo questi formidabili documenti pone questa nuovissima biografia teologico spirituale tra i primissimi libri che affrontano in modo completo ed esaustivo l’intero itinerario coniugale di Luigi e Zelia. Acuta l’osservazione dell’autore che cito: “Il fatto che Luigi e Zelia siano i genitori di santa Teresa di Gesù Bambino non deve mettere in ombra la singolarità del loro percorso e l’originalità della loro santità. La loro vita merita d’essere conosciuta e apprezzata per se stessa, a prescindere da Teresa. Possiede l’enorme vantaggio di essere la testimonianza di una santità laicale cristiana, vissuta nel quotidiano con le gioie e le pene, i successi e le prove che costituiscono il bagaglio di ogni esistenza umana”.

Fatto che mi ha sorpreso non poco, è l’aver costatato come il Clapier abbia tracciato questo particolareggiato ritratto della famiglia di Teresa quasi illustrando il tema del VII Incontro Mondiale della Famiglia e cioè: La Famiglia, lavoro e festa, anzi mostrando come questa coppia di sposi dell’ottocento possano essere considerati modelli per la qualità e lo spessore con cui si sono immersi, non senza spirito di sacrificio e di abnegazione evangelica, nella vita ecclesiale e sociale del loro tempo con gusto e passione. Una famiglia che ha generato e amato la vita, che ha vissuto con fede le prove che hanno costellato la loro esistenza, bene inserita nella società della piccola cittadina di Alençon, dando lavoro, con la piccola fabbrica a conduzione domestica del Punto d’Alençon, ma ancor più lavorando onestamente con competenza e professionalità senza confusione e rivendicazioni di ruoli e mai a scapito dei figli o della relazione interpersonale tra gli sposi. Ma sempre amando in tutto il primato di Dio: scrive Zelia a proposito del lavoro: “la domenica non posso viaggiare per tutta la mattinata, sarebbe cosa contraria ai miei principi, perché trovo che si deve fare una grande attenzione a non cooperare al lavoro di domenica… e per poter partire di domenica, da otto giorni lavoro fino a mezzanotte” (Lettera del 1871).

Nei confronti del benessere che si gode in casa, Zelia scrive alla cognata cosa pensa del precetto festivo di non lavorare e di santificare le feste: “Ecco un uomo – mio marito – che non ha mai tentato di fare fortuna; quando ha cominciato il suo commercio, il suo confessore gli diceva di aprire la sua oreficeria alla domenica, sino a mezzogiorno. Non ha voluto accettare il permesso, preferendo perdere delle belle vendite. E nonostante tutto, eccolo ricco. Non posso attribuire l’agiatezza di cui gode ad altra cosa che a una benedizione speciale, frutto della sua fedele osservanza della domenica.

Per quanto riguarda la festa in casa Martin cito questo brano di Storia di un’anima, l’autobiografia di Santa Teresa di Gesù Bambino: “Le feste! Quanti ricordi, in questa parola! Le feste, le amavo tanto! Amavo soprattutto la processione del Santissimo [Sacramento]. Le feste! Ah, se quelle grandi erano rare, ogni settimana ne conduceva una molto cara al mio cuore: la Domenica! Che giornata era la Domenica! Era la festa di Dio, la festa del riposo. Tutta la famiglia partiva per la Messa. Lungo tutto il cammino, e perfino in chiesa, la reginetta di Papà gli dava la mano, e aveva posto accanto a lui” (Manoscritto A, 17r/v”.

E ancora: “Che potrò dire delle veglie d’inverno, soprattutto di quelle domenicali? Com’era dolce per me, dopo la partita a dama, stare seduta con Celina sulle ginocchia di Papà. Dopo, salivamo per fare la preghiera in comune, e la minuscola regina era sola accanto al suo re: non aveva che da guardarlo per sapere come pregano i santi…” (Manoscritto A, 18r).

Il Clapier nella sua indagine mette in risalto quella santità specifica che oggi è forse meno evidente e scontata: la santità propria dell’esperienza coniugale, la cui caratteristica è proprio di essere vissuta insieme.

Certo, non siamo ancora del tutto abituati a pensare, nonostante il valore che ha il sacramento del matrimonio tra i cristiani, alla santità di una coppia. Ma come il Concilio Vaticano II ha spiegato, attingendo alla Rivelazione e alla Tradizione viva della Chiesa, “tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità” (Lumen Gentium, 40), dunque “È ora di ri-proporre a tutti, con convinzione, questa misura alta della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie deve portare in questa direzione” (Giovanni Paolo II, NMI, 31).

La difficoltà che s’incontra oggi a vivere le promesse del matrimonio è generata dalla convinzione generale che debba essere l’altro a compiere tale promessa.

L’uomo può amare in due modi:

1) Prescindendo da Dio, e perciò su un piano puramente umano. In questa dimensione il motivo che lo determina ad amare l’altro è l’altro stesso il quale – per perfetto che sia – è sempre una creatura. Un tale amore sarà perciò fatalmente legato alle doti umane dell’altro e limitato a una dimensione creata di felicità.

2) Se invece l’uomo ama Dio, vedrà nell’altro «Dio da amare» e l’amerà con lo stesso amore con cui ama Dio. Allora il suo amore per l’altro non sarà condizionato dalle doti umane dell’altro, né teso a procurarle una felicità puramente terrena, ma legato all’amore che egli porta a Dio stesso e teso al suo compimento eterno.

La coppia Martin, da come si evince dalla loro esperienza, ci insegna una verità fondamentale e cioè che un IO e un TU umano, limitati, suscita nell’altro un desiderio infinito e in questa esperienza si chiarisce a entrambi la propria vocazione perché non c’è sollecitazione più forte alla felicità per il proprio IO che il TU della persona amata.

L’equivoco grande che getta in confusione il nostro mondo è che l’amore sia scambiarsi qualcosa, fossero anche le qualità, le capacità e le doti… che l’altro possiede, mentre l’amore è la promessa di eternità, di infinito, per il quale cuore dell’uomo sa di essere fatto.

Zelia e Luigi lo sanno, tutto questo per loro è espresso da una parola che per molti è vuota CIELO, mentre per loro significava vivere il proprio reciproco amore educandolo e educandosi per il CIELO cioè, per l’infinito, per l’eternità. Solo in un orizzonte di un amore più grande, l’amore non si usura, non s’intristisce, non degenera in pretese e rivendicazioni nella rassegnazione. Ma gli sposi camminano insieme verso un compimento unico per entrambi, camminano verso una pienezza, il CIELO, della quale l’altro, il marito o la moglie è segno.

Anche i figli sono stati cresciuti nella prospettiva che il loro destino era il CIELO. Alla figlia Paolina la mamma scrive qualche mese prima della morte: “da quando abbiamo avuto i nostri figli (…), non vivevamo più che per loro, questa era la nostra felicità e non l’abbiamo mai trovata se non in loro. Insomma, tutto ci riusciva facilissimo, il mondo non ci era più di peso. Per me era il grande compenso, perciò desideravo di averne molti, per allevarli per il Cielo” (alla figlia Paolina 1877).

Teresa di Gesù Bambino, sempre in Storia di un’anima, lascia trasparire la bellezza della relazione coniugale del papà e della mamma: “Il Signore mi ha dato un padre e una madre più degni del cielo che della terra… Ho avuto la felicità di appartenere a genitori senza eguali… Dio mi ha fatto nascere in una terra santa… dal profumo verginale”.

Un amore coniugale, un amore di terra, terreno, quello di Luigi e Zelia, di carne diremmo noi, ma santo non solo perché fedeli ai comandamenti del Signore ma santo perché il riferimento o meglio il compimento delle loro aspirazioni non era posto non le loro qualità umane, ma in Cristo. Quindi un amore carnale ma incomparabile, senza eguali, addirittura per TERESA dal profumo VERGINALE perché lo misurava sulla santità, non sulle doti dei suoi genitori.

Intuizione geniale, dove Santa Teresa di Gesù Bambino, ora Dottore della Chiesa, ha l’audacia interpretare quell’amore come amore verginale e non amore casto, termine forse più adeguato per descrivere l’amore di una coppia di sposi. Qui Teresa forse ci offre qualcosa di nuovo, certamente da approfondire, circa il rapporto tra matrimonio e verginità.

Ho ritrovato lo stesso accento in un’interessante conferenza di Don Julian Carron, pronunciata al Family Happening di Verona, dove a proposito della famiglia afferma: “Occorre un nuovo inizio. Occorre l’orizzonte di un amore più grande. Perché senza amare Cristo più della persona amata, questo rapporto avvizzisce”.

E poi afferma: “La vocazione alla verginità è strettamente collegata alla vocazione al matrimonio. Rispondendo alla loro chiamata i vergini gridano agli sposati la verità del loro amore… Il possesso vero… è un possesso con un distacco dentro”.

Per Carron, come per Teresa: “La verginità è… la radice della possibilità di vivere il matrimonio senza pretesa e senza inganni… in forza di questa testimonianza, la verginità tiene viva nella Chiesa la coscienza del mistero del matrimonio e lo difende da ogni riduzione e da ogni impoverimento… infatti, il culmine del loro rapporto, (di ogni coppia come lo è stato per i Martin) il momento culminante del loro rapporto è là dove si sacrificano, non là dove esprimono il loro possesso”.

È interessante e sorprendente che Teresa vergine abbia colto la dimensione del compimento infinito nel “profumo verginale” dell’esperienza coniugale dei suoi genitori.

Allora grazie al Concilio Vaticano II, alla Christifideles Laici, alla Familiaris Consortio senza dimenticare – come opportunamente rileva il Clapier: leggo:

“L’intervento più decisivo sul piano magisteriale e della riflessione teologica è, senza dubbio, da attribuire agli insegnamenti di Papa Giovanni Paolo II agli inizi degli anni 80, che hanno portato la Chiesa cattolica a una rivalutazione fondamentale e sicuramente positiva della realtà della vita coniugale e della sessualità. Giovanni Paolo II utilizzò un linguaggio innovatore e una visione inedita. Con argomentazioni fondate sulle Scritture e pur ricorrendo alla tradizione teologica e alla filosofia personalista contemporanea, osò parlare molto concretamente di una «teologia del corpo» e anche di una «liturgia dei corpi», senza esitare a rilevare «la dimensione mistica del linguaggio dei corpi» nel contesto della vita coniugale. Giunse finalmente a riconciliare sessualità e santità: due termini a lungo percepiti come antagonisti. Alla luce della rivelazione biblica, Giovanni Paolo II li considera in una visione della vocazione coniugale totalmente integrata nell’eminente disegno creatore di Dio. Il suo insegnamento, purtroppo ancora poco conosciuto, resta ampiamente da scoprire e da far conoscere, a cominciare dai cristiani”.

Non possiamo però passare sotto silenzio l’acuto contributo che Benedetto XVI ha dato alle considerazioni magisteriali di Giovanni Paolo II con la Lettera Enciclica Deus Caritas est, dove “La parola ‘amore’ oggi è così sciupata, consumata, abusata” invita tutti sposi compresi a “riprenderla, purificarla e riportarla al suo splendore originario…”.

Il volume del Clapier ha il vanto di rileggere l’intera vicenda di questi coniugi, genitori, educatori di cinque dei nove figli, quattro morti in tenera età, piccoli imprenditori borghesi, impegnati nell’associazionismo cattolico del tempo; generosi sostegni di molte famiglie provate dalla povertà; fedeli che si sono santificati fra le mura e le attività domestiche.

Circa la carità di questi coniugi mi piace citare un passo che la mamma scrive alla secondogenita Paolina: “Ti ho già parlato di un pover’uomo che conosciamo dalla primavera e che era nella più profonda miseria (…). Tuo padre l’aveva notato alla porta dell’Hôtel di Francia, (…). Io poi ho voluto saperne di più, a mia volta ho avvicinato il buon uomo, l’ho condotto a casa nostra e interrogato. Ho scoperto allora che era pressa poco rimbambito e che sopravviveva senza soccorsi. L’ho pregato di venire qua tutte le volte che avesse bisogno di qualche cosa, ma non è mai venuto. Finalmente, al principio dell’inverno, tuo padre lo incontra una domenica che faceva molto freddo: aveva i piedi nudi e batteva i denti. Vinto dalla pietà per quel disgraziato, ha cominciato ogni sorta di pratiche per farlo entrare all’Ospizio. Quanti passi ha fatto e quante lettere ha scritto per avere il suo estratto di battesimo! e quante petizioni! Ma tutto senza risultato perché si è scoperto che il buon uomo aveva soltanto sessantasette anni, tre di meno dell’età richiesta. Tuttavia tuo padre non si è dato per vinto: aveva a cuore questa questione ed ha puntato di nuovo tutte le sue batterie per farlo entrare agli Invalidi. Il poveretto ha un’ernia, ma di solito non si è ricevuti per così poco ed io non speravo nulla. Finalmente vi è entrato mercoledì scorso, contro ogni speranza. Tuo padre è andato a snidarlo nella sua capanna martedì sera e l’indomani mattina l’ha sistemato. Ha riveduto oggi il vecchio che piangeva per la gioia di trovarsi così perfettamente felice; nonostante la sua mente indebolita, si sforzava di ringraziare e di dimostrare la sua riconoscenza”.

È nella famiglia che si esercita in maniera privilegiata il sacerdozio battesimale del padre, della madre, dei figli, di tutti i membri della famiglia, “col ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l’abnegazione evangelica e la carità operosa” (Lumen Gentium, 10). Alla scuola dell’insegnamento della Chiesa la famiglia Martin diventa così la prima scuola di vita cristiana e “scuola di arricchimento umano” (Gaudium et Spes 52, § 1).

È sempre all’interno della “famiglia che si apprendono la fatica e la gioia del lavoro, l’amore fraterno, il perdono generoso, sempre rinnovato, e soprattutto il culto divino attraverso la preghiera e l’offerta della propria vita” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1656-1657).

Quale santità per la sessualità, il lavoro e i soldi? Questi sono gli interrogativi cui il Clapier risponde scrutando ogni aspetto della vita coniugale dei Martin. Dall’infanzia, agli anni giovanili, alla ricerca non sempre facile della propria vocazione. Indaga a fondo anche gli aspetti della loro professione nell’apprendistato di un lavoro, lei come abilissima merlettaia e lui come orologiaio; poi l’inserimento in attività caritatevoli e sociali per Luigi, Zelia come terziaria francescana e consorella in diverse confraternite.

Un provvidenziale incontro, un breve fidanzamento segna l’inizio di una nuova tappa del loro percorso di ricerca che sfocia nelle nozze; poi la costruzione dell’edificio materiale e spirituale della casa che presto si allieterà per la nascita dei figli, nove, ma che conoscerà il dolore della malattia, della sofferenza e della morte, ai lutti per la perdita di parenti e dei genitori, quella di quattro figlioletti tra cui Elena di cinque anni e mezzo. Le preoccupazioni per il lavoro, le relazioni sociali con il personale domestico e le lavoranti a domicilio da seguire eppure tutto questo lavoro non ha mai soffocato o messo in ombra la propria identità di famiglia cristiana.

Di tutto il libro del Clapier voglio attirare la vostra attenzione in modo particolare sul sottotitolo: Una santità per tutti i tempi cui mi piace collegare la frase che Benedetto XVI ha recentemente pronunciato durante il suo ultimo viaggio in Germania quando ha dichiarato che i santi di tutti i tempi cambiano il mondo. E tra questi santi figurano oggi in modo eminente anche questi sposi degni emuli della vita familiare di Nazareth, la famiglia di Gesù Maria e Giuseppe.

Credo che il testo sia un ottimo strumento formativo che illustra e anticipa il tema del VII Incontro Mondiale delle Famiglie.

Scrive il Pontefice: “Il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie costituisce un’occasione privilegiata per ripensare il lavoro e la festa nella prospettiva di una famiglia unita e aperta alla vita, ben inserita nella società e nella Chiesa, attenta alla qualità delle relazioni oltre che all’economia dello stesso nucleo familiare”.

Alla luce delle stesse parole del Pontefice auguro a tutti una proficua lettura ed una ancor più attenta riflessione sulla storia della famiglia di Santa Teresa di Gesù Bambino.

Omelia del 10 novembre 2011 (Ferrara) del Card. J. S. Martins

Curiosità e coincidenze! Tutto il popolo cristiano conosce il segno della scapolare; nel secolo scorso, la santa Vergine ne ha dato conferma nelle due più grandi manifestazioni mariane: a Lourdes, la cui ultima apparizione avvenne il 16 luglio 1858, festa della Madonna del Carmelo; e a Fatima, il 13 ottobre 1917, ultima apparizione, offrendo lo Scapolare del Carmelo
Lourdes Giovedì 16 luglio 1858, 18° ed ultima apparizione Santa Bernadette Soubirous, la veggente di Lourdes, portava anche lei lo Scapolare. L’ultima apparizione avvenne il giorno 16 di luglio, la ricorrenza della Madonna del Carmelo. Bernadette sentì, quel giorno, interiormente una misteriosa chiamata della Vergine e si diresse verso la grotta; ma l’accesso era stato interdetto, la grotta era chiusa da una recinzione. Allora andò dall’altra parte del fiume, di fronte alla grotta. Improvvisamente il volto di Bernadette si trasfigurò: la Madonna era lì, per l’ultima volta, nella nicchia che s’intravedeva sopra la palizzata di chiusura. Bernadette dirà: “Mi sembrava di essere proprio alla grotta, alla stessa distanza delle altre volte; vedevo solo la Madonna; mai l’avevo vista così bella!” (il corsivo è nostro, ndr). La bianca Signora chinò il capo verso Bernadette, la guardò con tenerezza materna, le sorrise ancora una volta, e scomparve. Il ciclo delle apparizioni della Vergine alla grotta si conclusero il giorno della festa della Madonna del Carmelo, e ciò fu notato dalla santa come un segno di particolare predilezione. In un primo tempo Bernardette aveva pensato alla vita religiosa contemplativa. Lei conosceva il Carmelo di Bagnères. Aveva pure incontrato un carmelitano da poco passato dall’ebraismo al cattolicesimo, P. Agostino del SS. Sacramento (Ermanno Cohen), che si era interessato alle sue visioni, ma la salute cagionevole di Bernadette era poco adatta alla vita del Carmelo. Sul luogo dell’ultima apparizione, al di là del Gave, dove Santa Bernadette si inginocchiò a contemplare “Aquerò” per l’ultima volta, ora sorge un Monastero carmelitano di clausura dedicato al Cuore Immacolato di Maria.
Lisieux Domenica 13 maggio 1883 Pochi sanno che a Lisieux in Normandia, Francia, la domenica 13 maggio del 1883, festa di Pentecoste, Teresa Martin, la futura Santa Teresa di Gesù Bambino, è guarita improvvisamente dal sorriso della Madonna. Più tardi proprio un 13 maggio in Portogallo la Vergine tornerà a mostrarsi per 18 volte ai tre pastorelli. Teresa stessa cosi ricorda: “Eravamo infatti in maggio, tutta la natura si rivestiva di fiori e si respirava giocondità, solo il “piccolo fiore” (Teresa) languiva e sembrava sfiorire per sempre… Tuttavia aveva un sole vicino, questo sole era la statua miracolosa della Santa Vergine che aveva parlato due volte alla mamma, e spesso, molto spesso, il piccolo fiore rivolgeva la sua corolla verso questo Astro benedetto… Un giorno vidi entrare papà nella camera di Maria dove ero coricata; le diede molte monete d’oro con un’espressione di grande tristezza, e le disse di scrivere a Parigi per far dire delle messe a Nostra Signora delle Vittorie per guarire la sua bimba. Come fui commossa vedendo la fede e l’amore del mio re. Avrei voluto potergli dire che ero guarita, ma gli avevo giÃà dato tante false gioie, e non erano i miei desideri che potevano fare un miracolo, poiché occorreva davvero un miracolo per guarirmi… Occorreva un miracolo e fu Nostra Signora delle Vittorie che lo fece. Una domenica Maria uscì in giardino, lasciandomi con Leonia, che leggeva vicina alla finestra. Dopo qualche minuto mi misi a chiamare quasi a bassa voce: “Maman… Maman”. Leonia abituata a sentirmi chiamare sempre così, non mi prestò attenzione. Durò a lungo, allora chiamai più forte e infine Maria ritornò. La vidi perfettamente entrare, ma non potevo dire di riconoscerla e continuai a chiamare sempre più forte: “Maman…”. Soffrivo molto per questa lotta forzata e inesplicabile e Maria soffriva forse ancora più di me. Dopo vani sforzi per dimostrarmi che era vicina a me, si mise in ginocchio accanto al mio letto con Leonia e Celina, poi, rivolgendosi alla Santa Vergine, la pregò con il fervore di una mamma che domandi la vita del suo bambino. Maria ottenne quello che desiderava… Non trovando alcun soccorso sulla terra, la piccola Teresa si era pure rivolta verso la Madre del Cielo, pregava con tutto il cuore di avere pietà di lei… Improvvisamente la Santa Vergine mi parve bella, così bella che mai avevo visto qualche cosa di così bello (il corsivo è nostro, ndr). Il suo volto spirava una bontà e una tenerezza ineffabili, ma quello che penetrò fino in fondo alla mia anima fu il “sorriso incantevole della Santa Vergine”. Allora tutte le mie pene svanirono, due grosse lacrime spuntarono dalle mie palpebre e colarono silenziosamente sulle guance, ma erano lacrime di una gioia senza nubi. La Santa Vergine mi ha sorriso, pensai, come sono felice… (…) Senza alcuno sforzo abbassai gli occhi, e vidi Maria che mi guardava con amore, sembrava commossa e pareva intuire il favore che la Santa Vergine mi aveva accordato. Proprio a lei, alle sue toccanti preghiere dovevo la grazia del sorriso della Regina del Cielo. Vedendo il mio sguardo fisso sulla Santa Vergine, si era detta: “Teresa è guarita!”. Sì, il piccolo fiore stava per rinascere alla vita, il raggio luminoso che l’aveva riscaldato non doveva interrompere i suoi benefici. Non agì d’un tratto solo, ma dolcemente, soavemente, rialzò il suo fiore, lo fortificò in tal modo che, cinque anni dopo, si schiudeva sulla montagna fertile del Carmelo”. (Manoscritto A).
Fatima Sabato 13 ottobre 1917, 6° ed ultima apparizione Suor Lucia dos Santos è stata assieme a Francesco e Giacinta Marto testimone delle apparizioni mariane di Fatima, in Portogallo. È ancora un 13 maggio quando nel 1917 iniziano le apparizioni della Vergine e nell’ultima apparizione, quella del 13 ottobre, dove l’ultimo aspetto preso dalla Vergine fu proprio quello della Madonna del Carmine (o del Carmelo) nell’atto di consegnare lo scapolare. Lucia, fattasi poi carmelitana scalza, disse che nel messaggio della Madonna “il Rosario e lo Scapolare sono inseparabili”. Alla fine del 1940, conversando con tre Carmelitani, Padre Donald O’Callagham, Padre Albert Ward e Padre Lúis Gonzaga de Oliveira, Suor Maria Lucia del Cuore Immacolato (cioè Suor Lucia) ricordò che la Beata Vergine Maria desiderava che la devozione al Santo Scapolare venisse divulgata. Se Nostra Signora, durante la Sua ultima apparizione in pubblico, lo aveva tenuto nelle Sue mani, ciò accadeva per esortarci a indossarlo, proprio, cioè, come nelle precedenti apparizioni, la presenza del Suo Rosario era una chiara manifestazione del desiderio del Suo Cuore. Suor Lucia lo spiegò anche a Padre Howard Rafferty quando il prete la interrogò a nome del Padre Generale dei Carmelitani il 15 ottobre 1950: “Nostra Signora, gli disse Lucia, teneva lo Scapolare nelle Sue Mani perché vuole che tutti noi lo portiamo”. Suor Lucia, nata il 22 marzo 1907, si chiamava Lucia de Jesus dos Santos, muore nel Carmelo di Coimbra in Portogallo intorno alle 17.25 (le 18.25 in Italia) del 13 febbraio 2005.
Roma Mercoledì 13 maggio 1981, Piazza San Pietro Prima dell’udienza generale del 13 maggio, Giovanni Paolo II viene ferito in piazza San Pietro, mentre compie sulla campagnola bianca il consueto giro per rispondere al caloroso saluto dei fedeli e dei pellegrini. Prima un bagno di folla, poi un bagno di sangue. Mercoledì sembra un giorno qualsiasi, in piazza San Pietro. Sembra. E invece mentre Giovanni Paolo II viene festeggiato da migliaia di fedeli, un uomo trova tempo e spazio per prendere la mira e sparargli due proiettili. Sono le 17.19. La prima pallottola spezza l’indice della mano sinistra del pontefice e gli penetra profondamente nel ventre. La seconda lo colpisce di striscio al gomito e, rimbalzando, ferisce leggermente due pellegrine americane. La veste bianca del papa si macchia di sangue. In fretta Giovanni Paolo II viene ricoverato agonizzante al policlinico Gemelli: resterà in camera operatoria per più di cinque ore. Un’operazione delicatissima per quel proiettile, che perforandogli l’addome ha perforato l’osso sacro, tranciando in più punti l’intestino. L’attentatore è arrestato immediatamente (si trattava di un turco, Ali Agca, musulmano e legato un gruppo dell’estrema destra). Poi il 27 dicembre 1983 il Papa visita Agca in carcere e gli rinnova il perdono concessogli già pochi giorni dopo l’attentato. Il 13 giugno 2000 il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi gli concede la grazia. La sera stessa Agca viene scarcerato ed estradato a Istanbul.
Fatima Martedì e Mercoledì 12-13 maggio 1982 Papa Giovanni Paolo II si reca pellegrino a Fatima in ringraziamento per essergli stata risparmiata la vita l’anno precedente nell’attentato in Piazza San Pietro e consacra al Cuore Immacolato di Maria la Chiesa, gli uomini e i popoli, con menzione velata della Russia. In quella stessa occasione, un anno dopo l’attentato, offrì alla Madonna la pallottola con cui fu ferito dalla pistola di Ali Agca. La storia del Terzo Segreto ha inizio domenica 13 maggio 1917. I pastorelli e fratelli Francesco e Giacinta Marto, assieme alla loro cuginetta Lucia dos Santos, erano intenti a pascolare le pecore in un podere, Cova da Irìa, poco distante da Fatima. Improvvisamente si susseguono dei lampi accecanti e, davanti agli occhi dei tre ragazzi, appare una giovanetta che disse loro, come è risaputo, di essere la Madonna. Il Terzo Segreto, come è stato svelato, riguarda nei suoi punti più salienti l’attentato a Giovanni Paolo II nel 1981. Il Segretario di Stato Angelo Sodano ha, infatti, spiegato che: “Secondo l’interpretazione dei pastorelli, interpretazione confermata anche recentemente da suor Lucia il “Vescovo vestito di bianco” è il Papa che prega per tutti i fedeli. Anch’egli, camminando faticosamente verso la Croce tra i cadaveri dei martirizzati (vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e numerosi laici) cade a terra come morto, sotto i colpi di arma da fuoco”. Il terzo segreto rivelato ai tre pastorelli di Fatima può avere solo una chiave di lettura “di carattere simbolico”. Il Cardinale Sodano, rievocando l’attentato del 13 maggio 1981 al Papa, ha anche aggiunto che “apparve chiaro che “era stata una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola”, permettendo al “Papa agonizzante” di fermarsi “sulla soglia della morte”.

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