San Giovanni della Croce

Profilo Biografico

Juan de Yepes

Juan de la Cruz con Teresa de Jesús, dottori della Chiesa, sono fino ai nostri giorni i maestri di mistica più autorevoli e più studiati.

È merito infatti soprattutto di Juan de la Cruz di avere innalzato la teologia spirituale alla perfezione di una vera sistemazione scientifica.

Egli nacque, terzogenito, a Fontiveros nel 1542, da Gonzalo de Yepes e da Catalina Alvarez.

Da poco aveva compiuto i due anni quando rimase orfano di padre; fu da allora che cominciò per la sua povera famiglia una vita di fame e di stenti, anche perché i parenti paterni rifiutarono l’aiuto alla famigliola.

La madre dovette nel 1548 partire con i figli da Fontiveros, per raggiungere Arévalo, vicino ad Avila, ove si trattenne per qualche anno. Si logorò nel lavoro per i suoi figli: il pane scarseggiava.

Sempre la carestia allontanò la famigliola da Arévalo, per Medina del Campo, città più industriosa. Juan venne ammesso al collegio della dottrina dove si insegnava ai ragazzi un mestiere, secondo le loro attitudini. Egli cercò di intraprendere diversi mestieri manuali: il falegname, il sarto, lo scultore in legno. Nonostante la sua buona volontà, non riuscì bene in nessuna di queste arti, però dimostrò una notevole vena artistica.

Nascita di una vocazione

Passò all’ospedale di Medina del Campo come infermiere e raccoglitore d’elemosine. Frequentò, in seguito, il collegio dei Gesuiti; quivi studiò con serietà, tra i 17 e i 21 anni, di notte, poiché di giorno doveva prestare il suo servizio all’ospedale. Era portato molto per le materie letterarie; in questi anni di studio, riuscì ad imparare molto bene il latino. Era benvoluto dagli ammalati, tanto che avrebbe potuto, esercitando il suo mestiere, continuare gli studi e diventare cappellano dell’ospedale, divenendo concreto aiuto anche per la famiglia. Ma la sua strada non era certo questa: egli seguì la voce che lo invitava al Carmelo.

Nel 1563 vestì infatti l’abito carmelitano, prendendo il nome di Juan de Santo Matía; dopo un anno di noviziato, ove fece brillare le sue grandi virtù, emise la sua professione religiosa, ottenendo di poter osservare la Regola primitiva dell’Ordine.

Da Medina fu mandato a Salamanca, dove studiò all’Università filosofia e teologia, basi delle sue opere e del suo futuro insegnamento. Riuscì assai bene in questi studi, tanto da essere nominato prefetto degli studenti, funzione allora riservata al più bravo degli studenti stessi. Non si sa chi furono a Salamanca i suoi insegnanti: si sa invece con certezza che la sua vita in quegli anni ebbe un’influenza che si estendeva fino a Medina del Campo.

Juan apprese senz’altro dai suoi insegnanti quelle linee della filosofia scolastica, che sarebbero state il fondamento dei suoi futuri lavori poetici e religiosi.

Nel 1567 fu ordinato sacerdote a Salamanca e celebrò a Medina la sua Prima Messa.

Il Carmelo allora stava attraversando un periodo di mediocrità, che ricordava poco quello degli antichi Padri; Juan de Santo Matía, dopo aver osservato per cinque anni la primitiva Regola, aspirò, con tanto sincero slancio, ad una maggiore solitudine contemplativa: desiderava farsi Certosino.

Un incontro inatteso

Proprio in quello stesso anno, 1567, incontra però, a Medina del Campo, Teresa de Jesús.

Avendolo ella conosciuto, e sapendo il suo proposito di farsi Certosino, lo pregò di aspettare, esponendogli i suoi disegni e facendogli osservare il gran bene che ne sarebbe venuto e il servizio che avrebbe reso al Signore, se, volendo vivere una vita più perfetta, lo avesse fatto nel suo stesso Ordine. Egli le promise di aspettare, purché non andasse troppo per le lunghe.

Un fine intuito…

Teresa rimase entusiasta di averlo incontrato. Dice di lui ella stessa: “Non v’è religioso che non ne dica bene, per le molte penitenze che ha fatto… È un uomo di coraggio… È un uomo di grande orazione e molto intelligente” (Fondazioni 13, 1-5).

Juan tornò a Salamanca per terminare l’anno accademico e poi ripartì con Madre Teresa da Medina, per la fondazione del Carmelo femminile di Valladolid.

Uno strano noviziato in clausura… con Teresa come maestra

Si fermò a Valladolid con lei per conoscere bene il modo di vivere in questi nuovi Carmeli. È in questa circostanza che Teresa de Jesús introduce Juan de Santo Matía nello stile di vita, fraternità e ricreazione che ha avviato con la sue compagne. Discusse con la Santa circa il programma di vita da seguire tra i religiosi, che avrebbero dovuto vivere dello stesso spirito e realizzare grandi desideri apostolici. Teresa stessa racconta:

“Partii con lui per la fondazione di Valladolid. Siccome restammo alcuni giorni senza clausura a causa degli operai che lavoravano per adattare al bisogno la casa, ne approfittai per fargli conoscere il nostro sistema di vita, facendo in modo che comprendesse a fondo sia la mortificazione che lo stile di fraternità e di ricreazione che abbiamo in comune, il quale è ordinato in maniera tale da farci conoscere i nostri difetti e darci un po’ di svago per poi osservare meglio la Regola in tutto il suo rigore. Quel padre (Juan) era così buono, che potevo più io imparare da lui che non lui da me. Ma non era questo che intendevo: volevo soltanto che conoscesse il nostro modo di vivere” (cfr. Fondazioni 13, 1-5).

…gli compera una casa

Teresa si interessò subito per comperare un edificio per il nuovo convento maschile: lo trovò a Duruelo:

“(…) non trovando il modo di procurarsi una casa, non facevo che supplicare di questa grazia Nostro Signore perché (…), dopo avermi dato il più, vale a dire frati adatti a cominciare l’opera, provvedesse anche al resto (…). Un cavaliere di Avila, chiamato don Rafael, venne a sapere della nostra intenzione di fondare un convento di Scalzi. Mi offrì una casa di sua proprietà in un piccolo villaggio di pochissime famiglie (…). Io, anche se capii subito quale genere di casa dovesse essere, resi lode a Cristo Signore e ringraziai molto il cavaliere (…). Partii da Avila il mese di giugno con una compagna e con il padre Julian de Avila. Pur essendo partiti di mattina, siccome non conoscevamo la strada, ci smarrimmo e, poiché il villaggio era poco noto, non si riusciva a saperne molto. Perciò ci aggirammo tutto quel giorno con molta fatica perché il sole scottava. Quando credevamo di essere vicini alla meta, c’era altrettanta strada da fare. Non dimenticherò mai la stanchezza e le giravolte di quel viaggio. Arrivammo, così, poco prima di notte. Entrati nella casa, la trovammo in tale stato che non ci arrischiammo a pernottare lì a causa dell’eccessiva sporcizia che vi regnava e della gran quantità di parassiti estivi. Aveva un ingresso discreto, una camera divisa in due con il suo soppalco e una piccola cucina: ecco tutto l’edificio del nostro monastero! Considerai che nell’ingresso si poteva fare la cappella, che nel soppalco stava bene il coro e nella camera il dormitorio (…). Ci recammo a passare la notte in Chiesa” (cfr. Fondazioni 13, 1-5).

Alla fine del settembre del 1568 Juan partì da Valladolid per accomodare questa povera casa rurale “in maniera di potervi stare alla meno peggio”. Il 28 novembre di quell’anno si celebrò la prima Messa ed egli rivestì il saio di scalzo, che la Madre Teresa stessa gli aveva confezionato, assumendo il nome di Juan de la Cruz. Così iniziò la vita riformata tra i religiosi del Carmelo Scalzo di Duruelo.

Dal 1569 al 1571 ricoprì la carica di Maestro dei novizi, prima a Duruelo e poi a Mancera, dove si erano trasferiti.

Da Mancera si trasferì poi ad Alcalá de Henares, come rettore del collegio dei carmelitani scalzi: la Madre Teresa, trasferita nel monastero dell’Incarnazione, chiese ed ottenne dal Commissario Apostolico che Juan de la Cruz venisse designato come confessore di quel monastero. Pare che egli si sia fermato ad Avila dal 1572 al 1577.

Scoppiarono purtroppo a questo punto delle tensioni: due padri Domenicani erano stati nominati Visitatori Apostolici per visitare i Carmeli dei Calzati e degli Scalzi. Uno dei visitatori stessi, favorevole agli Scalzi, ma poco illuminato, incominciò a nominare superiori degli Scalzi un po’ in tutti i conventi, per diffondere ovunque la Riforma, e autorizzò molte altre fondazioni, come a Siviglia, a Granada, alla Peñuela, contro il parere del Generale dell’Ordine.

I Padri Calzati si allarmarono e pensarono addirittura di sopprimere gli Scalzi. Il caso si aggravò, per varie complicazioni, esasperando gli animi già inaspriti. Nonostante gli appelli di Madre Teresa al Re Filippo II e al Papa, che arrivarono in ritardo, gli Scalzi furono dichiarati ribelli. Fu deciso di chiudere i loro conventi e di procedere alla reclusione di Madre Teresa in un monastero di sua scelta.

Nella notte dal 2 al 3 novembre 1577 alcuni Calzati tentarono di irrompere nella piccola casa di Juan de la Cruz vicina al Carmelo dell’Incarnazione, egli fece in tempo a far scomparire tutti i documenti della Riforma, fu preso e portato via. Lo condussero a Toledo, lo rinchiusero in una cella stretta e buia, dove faceva un grande freddo e un caldo torrido d’estate. Vi restò 9 mesi, senza poter comunicare con alcuno, con poco cibo e senza biancheria pulita. Lo si accusò di aver gettato scompiglio nell’Ordine.

Perfino Juan de la Cruz stesso, dopo queste angherie e sofferenze, cominciò a dubitare di se stesso e dell’Opera intrapresa.

Dopo sei mesi fu cambiato il guardiano della sua cella, che cercò di aiutarlo in tutti i modi: gli portò anche una tunica pulita e il materiale per scrivere. Fu infatti in questo periodo che egli compose gran parte del Cantico Spirituale e le strofe della Notte oscura.

A metà agosto era così esausto e privo di forze, che credette di morire: decise invece di scappare. Con la complicità del suo carceriere, con l’aiuto certo di un’ispirazione di Maria, egli si calò, con le lenzuola del letto cucite e annodate, lungo un precipizio, saltando poi nel vuoto e arrivando sopra una scarpata. Riuscì, non si sa come, ad arrivare in città e a domandare asilo presso le Carmelitane. Così fu salvo.

Riuscì a ricongiungersi ai suoi fratelli Scalzi e ai primi di novembre prende possesso della sua carica di Superiore del Convento di El Calvario in Andalusia.

Nel 1578, Teresa, scrivendo alla Madre Anna di Gesù dice fra l’altro: “È un uomo celestiale e divino… dopo la sua partenza non ho trovato in tutta la Castiglia un altro come lui, capace di comunicare agli altri tanto fervore per la via del cielo… È un uomo di spirito, di grande esperienza e saggezza. Le sorelle formate alla sua scuola, qui sentono molto la sua assenza”.

Nel 1579 Juan partì per Baeza, per inaugurare il collegio degli Scalzi, che governerà come Rettore fino al 1582.

Quando ci fu ad Alcalá de Henares il Capitolo di separazione tra Carmelitani Scalzi e Calzati, costituiti gli Scalzi come provincia separata, dopo la concessione di Gregorio XIII, Juan de la Cruz intervenne attivamente e fu nominato terzo definitore. Nel 1582 divenne Priore del convento de los Martires a Granada, e l’anno dopo fu riconfermato.

Il discepolo prediletto del Santo, Giovanni Evangelista, parlando di lui in proposito, dice: “Il suo continuo parlare in ricreazione e in altri luoghi, era di Dio; ed era così amabile nel parlarne, che durante la ricreazione ci teneva tutti lieti e ne uscivamo pieni di gioia”.

Nell’ottobre 1585 fu nominato vicario provinciale dell’Andalusia, esplicando le sue attività e le sue doti in questo incarico, nel governo dei religiosi e delle religiose, con grande sapienza e saggezza.

L’anno dopo cadde gravemente ammalato a Guadalcazar: pensavano che morisse.

Egli però disse a fra Martino, suo confidente: “Non è giunta ancora l’ora della mia morte… non morirò, pur soffrendo molto, in questa malattia, perché non è ancora ben preparata la pietra per un edificio così santo”.

Il fratello infermiere gli scoprì in quel frangente una catena di ferro, che gli cingeva il corpo, le cui punte erano penetrate nella carne. Si venne a sapere che la portava da ben otto anni!

Camminava sempre scalzo, a piedi nudi, anche quando pioveva o nevicava. Mangiava pochissimo, dormiva poche ore sul nudo pavimento o sopra un mucchio di tralci di vite.

Nel 1587 non fu più nominato Vicario Provinciale, ma eletto, per la terza volta, Priore di Granada. L’anno dopo, il primo capitolo generale si radunò a Madrid: il Santo fu eletto primo definitore generale; instaurata poi La Consulta, nuova forma di governo voluta da Nicolò Doria, Juan de la Cruz divenne terzo consigliere.

Sempre Giovanni Evangelista dice che in questo periodo trascorreva sotto gli alberi notti intere in preghiera, tutto assorto, con le braccia distese in forma di croce.

Mentre era a Segovia, visitandolo spesso il dottor Villegas, il santo lo portava in giardino, ove trascorrevano 4 o 5 ore, parlando di Dio, senza accorgersi che il tempo passava.

Nel capitolo generale straordinario tenuto a Madrid nel 1590, il Santo si oppose ad alcune idee estremiste del Doria. Nel Capitolo Generale dell’anno seguente rimase senza alcun incarico e dopo vicende dolorose, in cui conservò una pace inalterabile e grande serenità, partì per la provincia dell’Andalusia, arrivando al convento della Peñuela.

Il mese dopo si ammalò e in cerca di cure per il suo male, si portò ad Úbeda. Nel frattempo si formò una vergognosa persecuzione contro di lui, per il risentimento di un suo antico suddito, Diego Evangelista. Il Priore stesso di Úbeda, Crisostomo, nutriva un’avversione particolare contro il Santo, che però gli fu sempre ubbidiente e sottomesso.

Juan de la Cruz morì santamente alla mezzanotte tra il 13 e il 14 dicembre 1591, all’età di quarantanove anni. Fu dichiarato santo nel 1726 il 27 dicembre e Dottore della Chiesa nel 1926 il 24 agosto.

La morte di questo uomo celestiale e divino fu una morte di amore. Si dice nella Fiamma di amor viva: “In essa, ossia nella morte, si adunarono tutte le ricchezze della sua anima e vi entrarono i fiumi del Suo amore… Là si unirono i primi e gli ultimi tesori della sua anima. Per accompagnarla, al momento che partiva per il suo Regno, mentre fin dagli estremi confini della terra echeggiavano le lodi a gloria del giusto” (Fiamma I, 30).

Una carmelitana dichiara nei processi di canonizzazione: “La teste ha considerato molto spesso che nel Santo Padre Juan de la Cruz, uomo non bello, piccolo e modesto, che non possedeva quelle doti che nel mondo conquistano gli occhi, traluceva o si vedeva chiaramente “un non so che di divino” che attirava gli sguardi e assorbiva la mente…”.

Opere, pensiero, dottrina di Juan de la Cruz

Opere, pensiero, dottrina di Juan de la Cruz

S. Giovanni della Croce non è uno scrittore di mestiere. Non ha mai scritto in vista della pubblicazione, né ha mai visto stampare una sola riga delle sue opere. Scriveva con riluttanza e sempre su pressione, perché si facesse capire meglio anche da coloro che non potevano essere presenti alle sue conversazioni. Preferiva parlare, conversare… In questo senso il magistero orale, nella sua realtà cronologica, antecede, accompagna e segue il magistero scritto: entrambi si illuminano, si richiamano e si completano.

I suoi scritti tradiscono lo sforzo tipico di ogni mistico di vincere l’ineffabilità dell’esperienza vissuta, pur rivelando eccezionali capacità di esprimere e descrivere appropriatamente e competentemente i fenomeni mistici. Vi prevale nettamente l’intenzione esclusiva di giovare ai lettori, scartando drasticamente altri argomenti trattati già da altri e lasciando addirittura incompiuti i suoi progetti, una volta descritto ciò che più gli premeva di comunicare. Uno scrittore che ha tentato di essere sistematico, ma non gli riusciva e non ci teneva. Il meglio della sua produzione si riferisce a ciò che di suo aveva da dire. Uno scrittore originale, quindi, anche se un po’ ostico.

Le opere di S. Giovanni della Croce sono classiche in due campi: quello della letteratura spagnola e quello della mistica universale. In entrambi i campi non si può prescindere da esse. Sono universali in quanto indiscusso e riconosciuto il loro valore archetipo in campo religioso, spirituale e mistico. Diffuse in lingua spagnola, continuano ad essere tradotte nelle lingue più importanti, comprese le extraeuropee, come la giapponese, l’araba e l’indiana… Sono riferimento obbligato in ogni discorso di mistica comparata.

Lineamenti Caratteristici

Gli scritti di S. Giovanni della Croce sono frutto di consacrazione e vocazione religiosa. Sono pagine occasionali motivate da due obiettivi fondamentali: le Poesie sgorgarono spontaneamente in momenti di intensa esperienza mistica e ne sono il canto; le Prose furono composte per orientare le anime in cammino. Tutti gli scritti hanno finalità pedagogica e pastorale. Domina in essi l’obiettivo didattico, anche se fortemente impregnati di esperienza personale. Una delle note peculiari sta nel curioso intrecciarsi tra ciò che è descrittivo-narrativo e ciò che è espositivo-dottrinale tipico della riflessione teologica. In questo aspetto risiede ciò che è specifico di questo genere letterario e la maggior difficoltà per la sua comprensione. Lo straordinario livello artistico-letterario, soprattutto delle Poesie, è frutto dell’innata capacità del Santo più che dello sforzo elaborativo. Rifugge sempre l’artificio retorico e si limita all’applicazione delle conoscenze acquisite. Eccettuate le Poesie ed alcuni scritti brevi, gli scritti di S. Giovanni della Croce presentano vuoti e trascuratezze più o meno percettibili. Il corso redazionale è qualche volta tortuoso e discontinuo, come nella Salita del Monte Carmelo. Altre volte è precipitoso come nella prima redazione di Fiamma d’amor viva. Il Santo non perfezionò mai le sue opere con lo scopo di pubblicarle, e perciò rivelano una stesura fatta nei ritagli di tempo e dove gli capitava.

Letterariamente le Poesie sono all’apice della lirica spagnola. Perfezione tecnica di composizione, varietà di forme e generi letterari, carica poetica e assenza di artifici, sobrietà e precisione di vocabolario, ricchezza e profondità delle immagini e dei simboli: notte, fiamma, monte; allegorie e metafore suggestive: l’interiore cantina, l’orto ameno, il ventaglio di cedri…

I Poemi

Dieci poemi gli sono attribuiti con certezza. I più belli sono nati durante la sua prigionia, in un contesto degno dei quadri del Goya. È la sua esperienza personale, dolorosa prima e poi sazia, che è traboccata in questi versi: il Cantico Spirituale, la Fonte e soprattutto la Notte oscura. Più tardi gli altri poemi avranno tutti, o quasi tutti, una storia: nasceranno dall’incontro di un Crocifisso commovente, o di un’anima limpida, innamorata della bellezza di Dio. Questi poemi ebbero un influsso considerevole sui Carmelitani e sulle Carmelitane dell’inizio della Riforma. Nel prologo del Cantico spirituale egli stesso spiega il carattere di densità veramente esclusivo della poesia intrisa di simboli, nella quale la Scrittura ha dato l’esempio nei Salmi, nel Cantico dei Cantici e soprattutto nei Profeti.

Ai poemi bisogna aggiungere le Romanze, composizioni poetiche di stile popolare meno ricche di simbolismo, ma non prive di emozione.

I Grandi Trattati

I quattro gradi trattati – Salita del Monte Carmelo, Notte oscura, Cantico Spirituale, Fiamma d’amor viva – sono il commento dei suoi poemi. I due primi commentano la stessa composizione: la Notte oscura; gli altri commentano ciascuno un rispettivo poema. A monte dei grandi trattati vi sono le domande sui poemi, le frequenti conversazioni alle grate dei Carmeli, i consigli pratici di vita spirituale, dati nell’intimità durante anni interi.

Profondamente convinto dell’importanza oggettiva dell’unione ai misteri di Cristo, della necessità della vita sacramentale, dell’eminenza della preghiera della Chiesa, il Santo è stato di frequente sconvolto dagli errori e deviazioni delle anime nel cammino verso Dio, e più ancora di quelle delle loro guide. La sua opera è di un esperto di vita spirituale, preoccupato di evitare gli atteggiamenti falsi ed i comportamenti devianti. Un ottimismo integrale, basato sulle promesse del Cristo del Vangelo e sull’esperienza acquisita nel corso degli anni, lo induce a credere che la Redenzione è un mistero vivente, capace di trasformare la totalità dell’essere umano. Tutto il suo progetto sta nel mostrare in che modo accogliere e lasciar sbocciare questa grazia redentrice.

È questo che realizza l’unità dei quattro grandi trattati. La Salita e la Notte insegnano, l’una il lavoro personale di spogliamento dell’anima in cammino versi Dio; l’altra, l’azione diretta di Dio nell’essere che la subisce passivamente. Sono due aspetti talora simultanei di una stessa fase, spesso dolorosa, della vita spirituale. Il Cantico spirituale continua a descrivere questo itinerario dal punto in cui la Notte oscura lo aveva lasciato. Si tratta degli splendori degli incontri con Dio nella gioia dell’amore ricompensato fin da quaggiù. La Fiamma viva descrive il vertice dell’unione con Dio, un vertice che non tutti raggiungono, ma che rimane nella linea dell’itinerario tracciato fin dall’inizio della Salita.

Scritti brevi

Le Lettere. Appena trenta lettere o frammenti sopravvivono alla persecuzione di cui Giovanni fu oggetto alla fine della sua vita. In genere trattano di direzione spirituale, ma arricchite di applicazioni particolari e di una sfumatura di tenerezza personale.

Le Massime. Circa duecento, hanno notevole importanza, poiché il Santo amava servirsene come parole d’ordine – quasi dei mantra – per orientare e stimolare lo sforzo personale. Occorre saggiamente integrarle l’una con l’altra, ricordando che furono motivate da un bisogno particolare di una persona o di una comunità.

Tutte queste opere risentono di una grande familiarità con la S. Scrittura, su cui poggiava tutta la sua argomentazione. Ne recitava a memoria pagine intere, traducendole in castigliano per i suoi uditori o lettori. Non si avvale certo di un’esegesi critico-letteraria, si rimane però sbalorditi da certe sue ardite ed indovinate interpretazioni.

Antologia di testi

Orazione dell’anima innamorata di Juan de la Cruz

Mio Signore, mio amato, se non compi quello che io ti chiedo perché ancora ti ricordi dei miei peccati, fai pure, o Dio mio, riguardo ad essi la tua volontà, che è quanto io cerco di più; usa la tua bontà e misericordia e sarai conosciuto in essi. E se tu attendi le mie opere per concedermi ciò di cui ti prego, concedimele e compile tu e vengano pure le pene che tu desideri accettare da me, ma se tu non aspetti le mie opere, che cosa aspetti, o clementissimo mio Signore? Perché tardi? Se infine deve essere grazia e misericordia quella che ti chiedo nel tuo Figlio, accetta il mio piccolo contributo perché lo vuoi e concedimi questo bene, poiché vuoi anche questo.

Chi potrà mai liberarsi dal suo modo di agire e dalla sua condizione imperfetta, se tu, o Dio mio, non lo sollevi a te in purezza di amore?

Come si innalzerà a te l’uomo generato e cresciuto in bassezza, se tu o Signore, non lo sollevi con la mano con cui lo creasti?

Non mi toglierai, Dio mio, quanto una volta mi hai dato nel tuo unico Figlio Gesù Cristo, nel quale mi hai concesso tutto ciò che io desidero; perciò io mi rallegrerò pensando che tu non tarderai, se io attendo.

Perché indugi a lungo, potendo tu subito amare Dio dentro il tuo cuore?

Miei sono i cieli e mia la terra, miei sono gli uomini, i giusti sono miei e miei i peccatori. Gli angeli sono miei e la Madre di Dio, tutte le cose sono mie. Lo stesso Dio è mio e per me, poiché Cristo è mio e tutto per me.

Che cosa chiedi dunque e che cosa cerchi, anima mia? Tutto ciò è tuo e tutto per te.

Non ti fermare in cose meno importanti e non contentarti delle briciole che cadono dalla mensa del Padre tuo.

Esci fuori e vai superba della tua gloria. Nasconditi in essa e gustala e otterrai quanto chiede il tuo cuore.

Cronologia

Cronologia SanJuanista

Le tappe di una avventura che continua ad accadere.

I. In Castiglia – Spagna

famiglia, infanzia, adolescenza e giovinezza (1542-1563)

1542

Fontiveros – 24 giugno o dicembre? – Nasce a Fontiveros in Spagna, ad una data incerta, Juan de Yepes Álvarez, da Gonzalo di Yepes e Catalina Álvarez. Lo precedono il fratello maggiore, Francisco, e il secondo, Luís, che morirà piccolo.

Il padre era qualcosa come gerente, amministratore o contabile, nonché rappresentante d’una solida ditta di seterie posseduta da parenti suoi a Toledo. La madre era orfana di padre e di madre e fu il marito ad iniziarla al telaio e a tessere la seta. Fanno un matrimonio “povero”, dirà il figlio maggiore Francisco. La famiglia di Juan abitava in via Cantiveros, sulla strada che conduce al paese omonimo.

Fratelli di Juan:

Nella casa-telaio nascono
a) Francisco (1530)
b) Luís (tra il 1531 e il 1541).

1545

Poco dopo la nascita di Juan muore il padre Gonzalo. La madre Catalina con i figli si trasferisce a Torrijos y Gálvez (Toledo) in cerca di aiuto. Ritornano a Fontiveros tranne Francisco che rimane per un anno a Gálvez. Abbandonati dalla famiglia paterna tutto riposa sulla forze delle braccia di mamma Catalina.

1546

2 luglio – Un incendio distrugge la chiesa e manda in fumo i registri di battesimo della Parrocchia di San Cipriano: si ignorano il giorno, il mese e l’anno della sua nascita. Per via di deduzioni e di ipotesi, si è approdati alla conclusione che sia nato nel 1542, senza per altro averne prove dirette e documentate.

Nuovo viaggio a Gálvez per cercare Francisco e permanenza a Fontiveros per due o tre anni.

1548

Arévalo – Catalina si trasferisce con la famiglia ad Arévalo (Avila) in cerca di lavoro e alloggia in casa di un commerciante che possiede una piccola manifattura. Pare che in questo periodo sia morto il piccolo Luís.

1549-1450

Il fratello maggiore Francisco si sposa con Anna Izquierdo, originaria di Muriel de Zapardiel, poco distante da Arévalo. Francisco è analfabeta ma abile nei lavori manuali.

1551

Medina del Campo – Nuovo trasferimento degli Yepes Álvarez a Medina del Campo, in calle Santiago a nord della città. Catalina vi si trasferisce con Juan e sarà la dimora definitiva anche di Francisco e di sua moglie Ana. Ebbero otto figli e con essi le prove più dolorose per la coppia, come la perdita prematura di sette figli, l’unica sopravvissuta si fece monaca cistercense nel Monastero di Sancti Spiritus in Olmedo col nome di Bernarda della Croce.

Famiglia di autentici poveri che si distinsero per la loro carità e per il loro amore verso il prossimo.

È in questa famiglia che vive Juan e vi rimarrà per 12 anni (1551-1563), dai 9 ai 21 anni.

Juan entra nel Colegio de la doctrina, istituzione di beneficenza dove impara a leggere e scrivere e svolge alcune attività come servire messa e chiedere l’elemosina per il Colegio.

1552 (?)

In data imprecisata entra nell’Ospedale della Concepción o de las Bubas (sifilitici) con mansioni di infermiere e chiedendo elemosine per gli infermi.

Contemporaneamente lavora come apprendista in botteghe di falegname, sarto, intagliatore e pittore.

1559

Frequenta, grazie all’interessamento del direttore dell’Ospedale della Concepción, il Collegio della Compagnia di Gesù, dove è discepolo del padre Juan Bonifacio e Gaspar Astete. Corsi di latino, retorica, cioè la scuola superiore di studi umanistica e qualche lezione di filosofia. A contatto con questi ambienti matura progetti per il suo futuro.

1553-1563

Juan trascorre la sua vita in famiglia alternando lavoro manuale e studio e i servizi indicati, senza oscillazioni di rilievo. Non si hanno dati concreti.

frate carmelitano (1563-1568)

1563

24 febbraio – A 21 anni Juan de Yepes entra nel Convento di Sant’Anna, di Medina del Campo e riceve l’abito di Nostra Signora del Monte Carmelo e in omaggio del Santo del giorno prende il nome di Juan de Santo Matía.

1564

maggio e settembre – Nelle mani di padre Alonso Ruis, superiore del Convento di Sant’Anna emette la professione, assistono come testimoni padre Angelo de Salazar provinciale di Castiglia e l’amministratore dell’Ospedale della Concezione, Don Alonso Alvarez di Toledo, che tanto lo amava.

Durante il tempo del noviziato e prima della professione Juan de Santo Matía con i suoi compagni studiò la Regola e le Costituzioni, così come la storia e la spiritualità del Carmelo. È in questa circostanza che scopre che la Regola ha subito una mitigazione sanzionata da Eugenio IV nel 1432. Questa scoperta genererà una profonda crisi interiore, che lo condurrà a pensare, alcuni anni dopo, di lasciare il Carmelo per la Certosa e posteriormente a scegliere la Riforma della Madre Teresa de Jesús.

Salamanca – Negli ultimi mesi dell’anno si trasferisce a Salamanca stabilendosi nel convento-collegio di San Andrés, dell’Ordine, e prosegue la sua formazione culturale e scientifica nel centro universitario di Salamanca. Vi frequenta corsi di lettere, filosofia e teologia. Juan de Santo Matía appare immatricolato come artista-filosofo negli anni 1564-65, 1565-66 e 1566-67.

1567

15 aprile – È nominato Prefetto degli studenti del Collegio di San Andrés, dal Capitolo provinciale celebrato

Medina del Campo – Juan de Santo Matía neo sacerdote torna a Medina del Campo per cantare la sua prima Messa.ad Avila. Viene ordinato sacerdote in Salamanca al principio dell’inverno, ma non si ha data certa.

agosto-ottobre – Durante i questi mesi si incontra per la prima volta con Teresa de Jesús venuta a Medina del Campo per la fondazione del secondo Carmelo della Riforma.

15 agosto – A Medina del Campo Teresa de Jesús fonda il secondo Monastero della sua Riforma. Partita, con un gruppo di sette monache, da Avila il 13 agosto. Con tre o quattro carri carichi di monache, roba, mobilia e utensileria indispensabile, accompagnati da un buon gruppo di conducenti, ha inizio la prima avventura che si ripeterà ben diciassette volte, per fondare nuovi Carmeli.

Durante questo tempo Juan de Santo Matía fa la conoscenza di Teresa de Jesús che gli propone di fondare un Convento di Carmelitani con lo stesso spirito che anima la comunità di San José di Avila.

Salamanca – novembre-dicembre – Ritorna a Salamanca e si immatricola come teologo all’Università.

1568

Prosegue i suoi studi di teologia in Salamanca. Terminato il Corso Accademico rientra a Medina del Campo e inizia a considerare con Teresa de Jesús gli aspetti della sua Riforma.

Valladolid – 9 agosto – Juan de Santo Matía parte con Teresa de Jesús alla volta di Valladolid dove è diretta con Antonia dello Spirito Santo (Henao), cinque monache e una postulante, per la fondazione di Valladolid. Il viaggio avvenne su un carrettone coperto da telo. Vi resterà circa due mesi, preparandosi così ad iniziare la riforma del Carmelo tra i religiosi.

15 agosto – Nella città di Valladolid, Teresa de Jesús fonda il quarto Monastero sotto il titolo della Concezione di Nostra Signora del Carmine. Approfittando della permanenza provvisoria delle monache a Rio de Olmos con la conseguente libertà dalla clausura Juan de Santo Matía poté godere di un momento provvidenziale per la messa a punto con Teresa de Jesús del progetto della Riforma.

Teresa de Jesús racconta: “Siccome restammo alcuni giorni senza clausura a causa degli operai che lavoravano per adattare la casa al bisogno, ebbi l’opportunità di informare padre Juan de Santo Matía di tutto lo stile della nostra vita, in modo che conoscesse a fondo ogni nostra pratica, sia riguardo alla mortificazione, sia alla forma di fraternità e di ricreazione che avevamo in comune” (Fondazioni 13,5).

frate carmelitano scalzo

Duruelo – 30 settembre (o primi di ottobre) – Dopo aver trascorso questo breve ma intenso apprendistato di stile teresiano Juan de Santo Matía parte da Rio de Olmos e si trasferisce a Duruelo (Avila) per riadattare la cascina a primo Convento della Riforma.

ottobre-novembre – Lavora intensamente durante questi mesi per la ristrutturazione del cascinale, una povera fattoria, che don Raffaele Meja y Velazques aveva regalato a Teresa de Jesús. Durante il viaggio si ferma qualche giorno ad Avila.

28 novembre – Nella lettera dell’8 gennaio 1569, il Priore Generale dell’Ordine Giovanni Battista Rossi, alle monache di Medina del Campo scriveva: “Desidererei sentire che ci sono dei Conventi di Carmelitani contemplativi per servire le vostre case e le nostre sorelle negli affari spirituali”. Per la verità a quella data uno già esisteva.

Oggi, prima domenica d’Avvento, essendo Sommo Pontefice Pio V, Imperatore Massimiliano II e Re delle Spagne Filippo II e Generale dell’Ordine Giovanni Battista Rossi, in Duruelo, nei pressi di Avila, Juan de Santo Matía e Antonio Heredia iniziano la nuova vita carmelitana. Il Provinciale, padre Alonso González, celebra la Messa durante la quale Antonio Heredia (di Gesù), Juan de Santo Matía (Juan de la Cruz) e Giuseppe di Cristo, un diacono e membro del Convento di Medina del Campo, ricevono l’abito (confezionato da Teresa stessa) degli scalzi di rozza lana non tinta e si tolgono le scarpe, quindi nelle mani del Provinciale emettono la professione, secondo la Regola (detta primitiva) del 1247. Un altro religioso comincia questa vita, Lucas de Celis, il quale però non rinuncia alla Regola mitigata.

1569

L’anno seguente Duruelo è eretto in priorato e casa di noviziato, con Antonio di Gesù priore e Juan de la Cruz sottopriore e Maestro dei novizi. Il Convento in realtà era “un portico discreto, una camera divisa in due, un solaio e una piccola cucina: ecco l’edificio di quel nostro Convento!”.

Pare che durante questo periodo Juan de la Cruz faccia una visita a Medina del Campo per incontrarsi con Teresa de Jesús.

Fine febbraio – Teresa de Jesús ripassando a Duruelo proveniente dalla fondazione del Monastero di Toledo così descrive la vita della cascina-convento di Duruelo che paragona alla “grotta di Betlemme”:

“La prima settima della quaresima successiva proveniente dalla fondazione di Toledo passai da quelle parti. Arrivai di mattina. Antonio di Gesù (Heredia) stava spazzando sulla porta della chiesa con quel suo aspetto sorridente che gli è abituale. Gli dissi; “cos’è questo, padre mio? Ma dov’è andato l’onore”. “Maledetto il tempo che ne feci caso!”, rispose lui, significandomi il gran contento che ne aveva. Entrata in chiesa, fui presa d’ammirazione. Nel vedere lo spirito di fervore che il Signore vi aveva diffuso… Quante croci! Quanti teschi!… Il coro era stato fatto sul solaio verso il mezzo, dove il tetto era più alto. Là potevano dire le Ore e ascoltare la Messa, ma per entrare dovevano molto incurvarsi. Nei due angoli vicini alla cappella avevano disposto due piccoli romitori, nei quali non potevano stare che prostrati o seduti: ciò nonostante toccavano quasi il tetto con la testa. Vi avevano messo del fieno perché il luogo era molto freddo. Due finestrelle che davano sull’altare, due pietre per guanciali, e poi croci e teschi. Seppi che dopo Mattutino, invece di ritirarsi in cella, rimanevano là in orazione fino a Prima; vi si immergevano in tal modo che alle volte, levandosi per andare a Prima, si trovavano con gli abiti carichi di neve, caduta loro addosso senza che se ne fossero accorti! Andavano a predicare in molti villaggi vicini dove gli abitanti erano senza istruzione religiosa… Andavano a predicare a una lega e mezza e anche due lontano, assolutamente scalzi, perché le alpargatas, che allora non portavano, furono prescritte soltanto più tardi. Andavano così anche quando faceva freddo e vi era molta neve. E dopo aver predicato e confessato, tornavano in Convento a mangiare, molto tardi. La gioia che sentivano rendeva facile ogni cosa” (Fondazioni 14, 6-8).
1570

11 giugno – Il Convento di Duruelo avrà vita breve… la comunità si trasferirà nella nuova sede a Mancera de Abajo (Salamanca), un villaggio lontano circa tre miglia dal contado di Duruelo. Il Provinciale e altri frati accompagnano in processione la comunità di Duruelo alla nuova sede. Il cambiamento avveniva per ragione dell’insalubrità dell’aria e della strettezza dei locali. Juan de la Cruz continua il suo incarico di sottopriore e maestro dei novizi.

10 luglio – Nel Convento di Pastrana, professione religiosa dei primi due Carmelitani Scalzi: Ambrogio Mariano di San Benedetto (Azzaro) e il fratello converso Giovanni della Miseria (Narducci). Riceve la Professione Antonio di Gesù (Heredia), venuto da Mancera. Vi assistono anche Juan de la Cruz e Teresa de Jesús che si trattenne qualche giorno, interessandosi in modo particolare della formazione dei novizi.

8 ottobre – Nel Convento di Mancera de Abajo, assente il priore Antonio di Gesù (Heredia), emettono la professione nelle mani di Juan de la Cruz i primi novizi che erano entrati a Duruelo: Juan Bautista, nativo di Avila e Pedro de Los Angeles (García y Perez), originario di Lanzahita (Avila), secondo fratello converso tra gli Scalzi.

Metà ottobre – metà novembre – Viaggio problematico e non del tutto sicuro, a Pastrana (Guadalajara), per organizzare il noviziato.

Novembre – Passano da Mancera de Abajo, dirette alla fondazione di Salamanca, le Carmelitane Scalze provenienti da San José di Avila.

Nel gruppo si trova Anna di Gesù (Lobera) ancora novizia che ci racconta: “Lo stesso anno in cui ricevetti l’abito in Avila (1570) prima che io emettessi i voti nostra Madre (Teresa de Jesús) mi condusse alla fondazione… di Salamanca. Ci fermammo a Mancera de Abajo… e visitammo il convento dei frati Scalzi. Essi ci mostrarono ciò che nostra Madre e la sua compagna Antonia dello Spirito Santo (de Henao) avevano insegnato in vista della fondazione di quel convento. Allora vivevano in quel luogo i primi due Scalzi, cioè il priore Antonio di Gesù (Heredia) e il sottopriore Juan de la Cruz. Essi avevano imparato dalla nostra santa Madre il loro stile di vita. Lei ci raccontava con gusto le minuzie che essi le domandavano e il modo in cui, più o meno cinque anni dopo che aveva fondato la prima casa di monache, il Signore glieli aveva fatti incontrare. Essi in particolare mi raccontarono molte cose in proposito, per cui so con certezza che lei fu fondatrice tanto loro come nostra. Essi la ritengono tale e così faranno anche in futuro” (Biblioteca Mistica Carmelitana 18,464).

A Mancera de Abajo Juan de la Cruz continua l’ufficio di sottopriore e Maestro dei novizi fino al febbraio del 1571 quando lascerà Mancera de Abajo per recarsi ad organizzare il noviziato di Pastrana.

1571

Alba de Tormes – 25 gennaio – Juan de la Cruz accompagna Teresa de Jesús alla fondazione del Monastero di Alba de Tormes, piccola città a 20 chilometri da Salamanca. Ottavo Monastero della Riforma.

Tre furono le fondazioni che videro la presenza sia di Teresa de Jesús che di Juan de la Cruz: Valladolid, Alba de Tormes e Segovia.

Ritorna a Mancera de Abajo per un mese.

Aprile – Parte da Mancera de Abajo con destinazione Alcalá de Henares, come Rettore del Collegio universitario degli scalzi fondato nel novembre del 1570.

Pastrana – Aprile-maggio – Juan de la Cruz viene inviato da Teresa di Gesù a reprimere gli eccessi eremitico-penitenziali nel secondo convento degli scalzi lì fondato all’ombra della casata degli Eboli.

1572

Aprile-maggio – Si sposta da Alcalá de Henares a Pastrana per mettere ordine in quel noviziato, ritornando in fretta alla residenza di Alcalá.

Avila – Maggio-giugno – Parte da Alcalá con destinazione Avila come Vicario e confessore e direttore spirituale delle monache calzate del Monastero de La Encarnación, dove Teresa de Jesús è stata nominata priora in un clima di resistenza e contestazione da parte delle monache. Vi rimane fino al 1577.

6 giugno – In questo giorno, festa della Trinità, dopo il Vespro, mentre Teresa de Jesús era in parlatorio nel Monastero de La Encarnación di Avila dove era priora, e parlava con Juan de la Cruz, furono visti entrambi rapiti in estasi dalla contemplazione del mistero di Dio.

Giugno-luglio – viaggio a Medina del Campo per esaminare lo spirito di Isabella di San Jerónimo, religiosa di quella comunità.

Ottobre – Si tengono le elezioni: le monache votano per Teresa de Jesús contro la volontà dei loro superiori e vengono private dei sacramenti.

1574

Marzo – Accompagna Teresa de Jesús alla fondazione del Monastero di Segovia. Ritorna ad Avila dopo alcuni giorni.

1575

21 maggio – Nella città di Piacenza in Italia, presso la chiesa di Santa Maria di Borghetto, si apre il Capitolo Generale dell’Ordine Carmelitano, nel quale, in seguito a sinistre informazioni, gli Scalzi vengono tacciati di “disubbidienti, ribelli e contumaci”. Tale Capitolo condannò l’opera riformatrice di Teresa de Jesús e di Juan de la Cruz, decise la soppressione di quasi tutti i Conventi degli Scalzi e ingiunse alla Madre Teresa de Jesús di interrompere le fondazioni e ritirarsi in un Monastero della Castiglia.

1576

Maggio – Ai primi del mese Juan de la Cruz è detenuto, insieme al suo compagno, Germano di San Mattia, nel Monastero de La Encarnación di Avila, dai padri Calzati e poi incarcerato a Medina del Campo. Dopo pochi giorni è liberato per ordine del Nunzio Apostolico Ormaneto.

1577

La notte tra il 2 e il 3 dicembre – Juan de la Cruz è arrestato, insieme al suo compagno, dai padri calzati con l’appoggio della forza pubblica, sotto l’accusa di ribelle per aver seguito l’impulso riformatore di Teresa. Juan de la Cruz è arrestato e rinchiuso nel carcere del Convento Carmelitano di Toledo perché considerato ribelle ai Superiori Generali dell’Ordine. Germano di San Mattia, suo compagno nell’assistenza spirituale alle monache de La Encarnación di Avila, è imprigionato a San Paolo de la Moraleja.

Toledo – Juan de la Cruz resta nove mesi in un locale prima adibito a latrina, senza luce se non per un piccolo sfiatatoio in alto, e così piccolo che a stento ci si poteva stare distesi; lì scrive alcuni Romances e le prime 31 strofe delle Canciones de la Esposa, che assunsero poi il titolo di Cantico spirituale.

1578

14 agosto – La vigilia dell’Assunta Juan de la Cruz, in carcere a Toledo, manifesta al fratello converso Juan di Santa Maria, suo custode, un desiderio: “Domani è la festa della Madonna e mi piacerebbe molto celebrare la Messa”. Il favore non viene concesso dai Superiori. Juan de la Cruz si prepara alla fuga.

16-18 agosto – Durante l’ottava dell’Assunta, Juan de la Cruz evade la notte del 17 agosto dal carcere calandosi dalla finestra, raggiunge di buon mattino il Monastero di Toledo e provvidenzialmente si può nascondere in clausura.

In giornata racconta alle monache i particolari della sua lunga prigionia e della fuga e recita le poesie che ha composto in carcere: “En una noche oscura…”, “¿Adónde te escondiste…?”. Maria di Gesù (López de Rivas, oggi Beata), giovane novizia da un anno in Monastero, fa così la conoscenza di Juan de la Cruz, che diverrà poi direttore della sua anima, come lei stessa confessa in una bellissima testimonianza: “Quello che io so delle grandi virtù del nostro Juan de la Cruz è che lo trattai e vidi molte volte, e sempre conobbi in lui grande santità e uno spirito tutto del cielo. Insegnava una grande abnegazione e mortificazione e distacco da tutte le cose, perfino dalle cose molto spirituali, mettendo le anime in una grande conformità con la divina volontà e nel desiderio del più perfetto. Questo è quanto ho visto e conosciuto”. Maria di Gesù ha diciotto anni, emetterà la Professione religiosa l’8 settembre seguente.

Agosto-settembre – Juan de la Cruz rimane per circa un mese nascosto nella casa-ospedale di Santa Cruz di Toledo, sotto la protezione di Don Pedro González de Mendoza, una delle famiglie di Grandes de España favorevoli alla riforma teresiana.

II. Andalusia

superiore e direttore di anime (1579-1589)

Settembre-ottobre – Verso la fine di settembre Juan de la Cruz parte verso l’Andalusia, giungendo ai primi di ottobre ad Almodóvar del Campo, dove i Carmelitani Scalzi sono riuniti in Capitolo (il 2° della loro storia).

Ottobre-novembre – dopo una breve sosta ad Almodóvar prosegue il suo viaggio verso la Peñuela e a Beas, dalle monache scalze.

Novembre – raggiunge finalmente la sua destinazione con l’incarico di vicario del piccolissimo convento di El Calvario. È il suo primo soggiorno in Andalusia.

Durante il decennio visita quasi settimanalmente il Monastero delle Carmelitane di Beas e lì incontra Anna di Gesù, che è la priora, e stabilisce un intenso rapporto con le scalze di quel convento dove continuerà a recarsi sia a piedi da El Calvario, sia a dorso di una mula da Baeza.

1579

Aprile-maggio – si occupa dei preparativi per la fondazione del Convento di Baeza.

Redige in questo tempo una parte dei suoi Scritti brevi: Cautele, Avvisi e Monte di Perfezione.

Al Convento di El Calvario, nell’alta valle del Guadalquivir, scrive probabilmente il testo poetico che comincia col sintagma “In una notte oscura”, e comincia a ideare e scrivere le opere in prosa.

13 giugno – parte con dei compagni dal Convento di Nostra Signora del Monte Calvario (El Calvario), a una lega dalla città di Villanueva di Arçobispo, e raggiunge la città di Baeza per la fondazione del nuovo Collegio di Nostra Signora del Carmine.

14 giugno – In Andalusia nella città di Baeza, fondazione del Collegio di Nostra Signora del Carmine. Juan de la Cruz col consenso del Provinciale, Angelo de Salazar, fonda con tre compagni, Innocenzo di Sant’Andrea, Giovanni di Sant’Anna e Pietro di Sant’Ilarione questa nuova casa.

Scrive Innocenzo di Sant’Andrea: “Ricordo che tutto quanto portavamo con noi da El Calvario per adornare la chiesa, compresa la mensa e le altre suppellettili dell’altare per la fondazione, era caricato su un’asina; i religiosi andavano a piedi, e anch’io tra essi, con i loro bastoni. Essendo la vigilia della SS. Trinità, pur dovendo percorrere più di dieci leghe, osservavamo il digiuno prescritto”. Tocca a Juan de la Cruz officiare la prima Messa: è la festa della Trinità.

Nel libro ufficiale viene scritto l’atto di nascita del Convento: “A gloria ed onore di Nostro Signore e della Vergine Santissima sua Madre, essendo sommo Pontefice Gregorio XIII, re di Spagna don Filippo II e vescovo di Jaén don Diego de Deza, venne fondato questa collegio di Carmelitani Scalzi della primitiva osservanza”.

1580

Dietro suggerimento di Teresa de Jesús si reca per la prima volta al Monastero delle Carmelitane Scalze di Caravaca.

In questo stesso anno muore, vittima del catarro universale che colpì la Spagna, Catalina Álvarez, mamma di Juan de la Cruz. Alla morte assistettero il figlio maggiore Francesco e sua moglie Anna Izquierdo; lontano a Baeza, Juan de la Cruz.

Orfana fin dall’infanzia a Toledo, Catalina va giovinetta a lavorare a Fontiveros in casa di una ricca vedova toledana; il matrimonio impari con Gonzalo; la vendetta dei parenti, che lasciano la famiglia nella miseria, colpita dalla morte del marito e del figlio Luís. La figura morale di Catalina, madre sollecita ed intraprendente, si arricchisce di un tratto molto rilevante e significativo: diventa come una madre per i poveri e i bambini abbandonati. La sua casa si trasforma in casa della carità, dove i più bisognosi trovano un po’ di cena, un letto o una stuoia per riposare. È praticamente impossibile fare di più con così poco. In quest’ambiente cresce Juan de la Cruz. Dal 1551 al 1580, anno della sua morte, Catalina vive a Medina del Campo. Nella strada dove lei abita, Teresa de Jesús fonda un Monastero nel 1567: da quel momento Catalina comincia a frequentarlo. L’amicizia e la stima per la mamma di Juan cresce molto e raccomanda alle sue monache di prestarle aiuto in tutto ciò di cui può aver bisogno. Ne è rimasta traccia nel Libro de Cuentas del Monastero che annotano spese fatte in favore di Catalina. Ve ne sono alcune firmate da Teresa de Jesús stessa. Dopo aver vissuto all’ombra delle figlie di Teresa de Jesús, accompagnata dal loro affetto, riceve riposo e sepoltura nel Monastero stesso. Si sente, e così la percepiscono le monache, come una sorella della comunità o come madre della famiglia. Le sue spoglie giacciono (dal 1900) nel muro sotto un arco del chiostro del Monastero, ed una lapide reca la scritta: “qui giace la venerabile signora Catalina Álvarez, madre del nostro padre San Juan de la Cruz”.

Juan de la Cruz fu superiore del Convento di Baeza dalla sua fondazione fino al mese di marzo del 1582, quando fu eletto priore di Granada.

1581

Marzo – viaggio ad Alcalá de Henares per partecipare al Capitolo dell’erezione della provincia dei Carmelitani Scalzi.

3 marzo – In forza del Breve Apostolico Pia consideratione di Gregorio XIII (12 giugno 1580), si tiene tra il 3 e il 16 di marzo nel Collegio di San Cirillo di Alcalá de Henares il Capitolo che sancisce la separazione giuridica e l’erezione dei Carmelitani Scalzi in Provincia autonoma, con proprio Superiore sotto l’immediata dipendenza del Priore Generale dell’Ordine dei Carmelitani. Primo Provinciale della nuova Provincia è eletto Jerónimo della Madre di Dio (Gracián).

Il 4 marzo, sabato, verso le nove e trenta del mattino l’assemblea elegge i quattro Definitori o consiglieri; il terzo è Juan de la Cruz. Con questo Capitolo gli Scalzi raggiungono personalità giuridica indipendente. Juan de la Cruz è pure eletto priore, per la prima volta, del Convento di Los Mártires di Granada. Il medesimo Capitolo offrì alla Riforma il testo completo delle Costituzioni.

Fa diversi viaggi, tra i quali spicca quello ad Avila per invitare Teresa de Jesús a partecipare alla fondazione del convento delle scalze di Granada. Per la Madre, l’incontro con Juan de la Cruz fu assai più gradito che la proposta di cui era latore. Era la prima volta che si rivedevano dopo che egli era stato imprigionato ed era evaso dal carcere di Toledo. Juan de la Cruz ritornò sui suoi passi senza la Madre stanca ed impegnata già nella fondazione di Burgos. Non si sarebbero più visti! Tuttavia non lasciava Avila a mani vuote: congedandolo Teresa de Jesús lo fece accompagnare da due monache di Avila: Maria di Cristo e Antonia dello Spirito Santo, una delle prime quattro compagna degli inizi di San José. A Malagón si sarebbe unita loro un’altra religiosa, da Beas sarebbero partite le rimanenti, capeggiate da Anna di Gesù (Lobera). La comitiva guidata da Juan de la Cruz partì da Beas de Segura il 5 gennaio.

1582

20 gennaio – A Granada, fondazione del sedicesimo Monastero della Riforma, voluto da Teresa de Jesús. Non potendo fondare lei stessa il Monastero perché impegnata nella fondazione di Burgos, incarica Anna di Gesù (Lobera).

1582-1588

Risiede a Granada come priore del convento de Los Mártires, situato di fronte all’Alhambra; e lì scrive le sue quattro grandi opere in prosa: Salita sul monte Carmelo, Notte oscura, Cantico spirituale e Fiamma d’amor viva. Vi trascorrerà sei anni intensi in cui il Convento raggiunge un grande splendore.
1583

Maggio – Il Capitolo di Almodóvar del Campo lo nomina priore per seconda volta.

1585

17 febbraio – A Málaga, Juan de la Cruz, Vicario Provinciale dell’Andalusia, fonda il Monastero delle nostre monache sotto il titolo dei Ss. Giuseppe e Pietro. Juan si dirige verso Málaga accompagnato dalle monache fondatrici all’inizio del 1585 giungendo in città verso la metà di febbraio. Lascia come priora della nuova fondazione Maria di Cristo (Aguila), professa di José di Avila, e come sottopriora Maria di Gesù (Godínez y Sandoval), professa di Beas. Ritornerà a Málaga dopo il Capitolo di Madrid del maggio 1585, in seguito alla disgrazia di Caterina Evangelista che morì gettandosi da una finestra.

1-17 maggio – Il Capitolo di Lisbona in Portogallo terminando il suo priorato lo elegge secondo Definitore.

Ottobre – Il Capitolo celebrato a Pastrana lo nomina vicario Provinciale di Andalusia.

1587

Aprile – Il Capitolo di Valladolid al termine dell’ufficio di vicario Provinciale lo elegge per la terza volta priore di Granada. Educatore spirituale della comunità, responsabile ed operaio allo stesso tempo nella costruzione dell’edificio e nell’orto, confessore e direttore spirituale delle Carmelitane Scalze, e di tutti coloro che si rivolgono a lui, benefattore dei poveri, infermiere… “Nessun convento godette tanto dell’esempio, della dottrina e del governo di Juan de la Cruz come Los Mártyres di Granada” (Silverio di Santa Teresa).

1588

Entra a far parte del nuovo organo dirigente dell’Ordine, la Consulta.

1585-1587

È vicario provinciale di Andalusia e fa diverse nuove fondazioni.

1586

3 maggio – A Segovia Juan de la Cruz con l’aiuto della sua amica Anna de Peñalosa fonda il Convento di Nostra Signora del Carmine. Fondatore Gregorio Nazianzeno, vicario provinciale di Castiglia nel 1586. Juan era giunto a Segovia la prima volta nel 1574 accompagnando Teresa de Jesús alla fondazione del Monastero e vi era ritornato nel 1587 durante il viaggio alla volta del Capitolo di Valladolid (1587).

18 maggio – A Cordova, Juan de la Cruz mentre è Vicario Provinciale dell’Andalusia fonda il Convento di San Rocco e lascia come primo priore Agostino dei Re. Il Convento fu sede di noviziato. Narra Juan de la Cruz: “Era la domenica dopo l’Ascensione, e venne il vescovo e predicò lodandoci molto. La casa si trova nel posto migliore della città, nel territorio della chiesa Maggiore”.

1° settembre – Il Definitorio dei Carmelitani Scalzi riunito, presente Juan de la Cruz, decreta la edizione delle Opere di Teresa de Jesús. Già prima, nel 1584, Juan de la Cruz nel suo Cantico Spirituale aveva manifestato il suo desiderio di veder pubblicate quanto prima le Opere della Madre. L’edizione auspicata vedrà la luce nel 1588 ad opera del grande umanista agostiniano Luís de León.

12 ottobre – A La Manchuela fondazione del Convento della Concezione, fondato da Juan de la Cruz, Vicario Provinciale dell’Andalusia, che pone il Santissimo nella nuova casa, fra danze e musiche e manifestazioni di giubilo.

18 dicembre – Nella città di Caravaca, Juan de la Cruz, Vicario Provinciale dell’Andalusia, fonda il Convento di Nostra Signora del Carmine.

III. Ritorno in Castiglia

1588

Il Capitolo di Madrid del 1588 lo elegge primo definitore generale e poi priore di Segovia. Giunge a Segovia nell’inverno, ad una data imprecisata, del 1588 e si dedica con energia e fervore alle opere di ricostruzione del Convento e di ampliamento dei terreni, come l’acquisto della Peñas Grajeras, della quale prese possesso il 4 giugno 1589.

Risiedette in questo Convento fino all’inverno del 1591, quando partì per La Peñuela. Questa, si può dire, è la casa di Juan de la Cruz che egli fonda, ricostruisce, amplia, decora, cerca finanziamenti, aiuta operai e manovali, mobilita la comunità. Egli stesso vi lavora duramente per lunghe ore.

Vi si raccoglie durante tre anni, senza viaggi o spostamenti. E qui si conservano i suoi resti dopo la morte avvenuta ad Úbeda (1591).

Ad Anna de Peñalosa, fondatrice del Convento, Juan de la Cruz dedicherà la Llama de amor viva.

24 maggio – Juan de la Cruz fonda il Convento di Bujalance sotto il titolo di Nostra Signora del Monte Carmelo.

le ultime prove (1590-1591)

1590

Primo scontro con Doria nel capitolo generale straordinario.

1591

2 giugno – Nel Convento di Sant’Ermenegildo a Madrid si svolge il Capitolo generale ordinario, festa di Pentecoste. Juan de la Cruz vi partecipa con il socio Giovanni di Sant’Anna. Nessuno dei 65 gremiali darà un qualche voto a Juan de la Cruz. Per la prima volta dall’inizio delle Riforma (1568) è esonerato da ogni incarico. Juan de la Cruz collaborò fedelmente con Nicolò di Gesù Maria (Doria) come consigliere provinciale fin dal 1585 e vicario generale dal capitolo del 1588 fino a quello del 1591.

In questo capitolo prese la parola in difesa di Jerónimo Gracián e si oppone apertamente ad abbandonare il governo delle Monache, come proponeva Nicolò di Gesù Maria (Doria), e chiede che non si moltiplichino le leggi. Inoltre già nel Definitorio che ha luogo immediatamente dopo il Capitolo lo si destina in Messico come vicario provinciale; intanto provvisoriamente, mentre prepara il viaggio, chiede di ritirarsi nella solitudine de La Peñuela.

Dopo essersi congedato dalle sue comunità di Segovia, a Madrid da Donna Anna de Mercado y Peñalosa e dalla famiglia di Jerónimo Gracián, accompagna Elia di San Martino a Toledo e continua per La Peñuela, oggi La Carolina.

IV. In Andalusia

10 agosto – Giunto a La Peñuela si pone a disposizione del provinciale, Antonio di Gesù (Heredia) suo antico compagno a Duruelo, che per il momento lo lascia nella solitudine che cercava.

Si parla di una sua destinazione nelle missioni messicane; intanto Diego Evangelista ha avviato contro di lui un procedimento disciplinare con l’accusa di aver avuto commercio carnale con le monache.

Settembre – La spedizione era pronta, attendeva solo Juan de la Cruz per salpare. Egli, ammalato, rispose che “Non era più il tempo di trattare delle Indie della terra ma di prepararsi per quelle del cielo”. Juan morirà infatti il 14 dicembre.

23 settembre – Muore a Madrigal Fray Luís de León, una delle figure più rappresentative nella storia di Salamanca e della sua Università.

Poeta, poliglotta (tra cui l’ebraico), filosofo, teologo, biblista, giurista, scrittore, poeta, mistico, Luís de León è uno dei grandi maestri contemporanei di Teresa de Jesús e di Juan de la Cruz. Nato a Belmonte (Cuenca) nel 1527 Luís de León entrerà tra gli Agostiniani (1543) e professa nel 1544. A Salamanca occupa la Cattedra di San Tommaso, di Durando, di Filosofia morale, di Sacra Scrittura, e sporadicamente anche quella di Teologia morale. Viene incarcerato dall’Inquisizione a causa delle sue teorie bibliche e rimane in carcere dal 1572 al 1576. Dopo quattro anni di assenza riprendendo le lezioni all’Università di Salamanca comincia dicendo: “Ieri dicevamo…”. Anche lui, come Juan de la Cruz, in carcere scriverà la sua opera principale Los Nombre de Cristo, e, appena uscito, i versi famosi: “Qui l’invidia e la menzogna / mi tennero rinchiuso. / Felice l’umile stato / del saggio che si ritira / da questo mondo malvagio, / e con povera tavola e casa, / nella campagna amena / solo di Dio si contenta; / e solo la sua vita trascorre/ né invidiato né invidioso”.

Con Juan de la Cruz è uno dei più grandi lirici spagnoli. Certamente si sono conosciuti all’università di Salamanca. Anna di Gesù (Lobera) trovandosi a Madrid invita Luís de León e lo spinge a preparare l’edizione principe (1588) degli scritti di Teresa de Jesús. Luís de León scelse, a Salamanca, uno dei migliori stampatori del Paese, Guglielmo Foquel, e procurò che i Testi di Teresa de Jesús (tranne il Libro delle Fondazioni), uscissero dalla tipografia in una veste molto accurata. Ebbe tre Edizioni in due anni! Teresa de Jesús non poteva pretendere di più!

11 novembre – A Úbeda, Juan de la Cruz riceve il Viatico con molto fervore: l’Eucaristia era sempre stata al centro della sua vita “la fonte che io bramo, in questo pane di vita io la vedo, anche se è notte”.

Il 12 dicembre, verso sera, Juan de la Cruz chiede il Santo Viatico che riceve con visibile amore.

Il 13 dicembre prega il priore di venire da lui: gli chiede perdono del disturbo e delle spese che ha causato al Convento e, indicando l’abito carmelitano, gli dice: “Padre, ecco l’abito della Vergine che mi è stato dato in uso; io sono povero e non ho nulla con cui essere sepolto; prego perciò Vostra Reverenza di darmelo in elemosina”. Il priore allora si commuove, si mette in ginocchio e gli chiede perdono e la benedizione. Poi esce piangendo dalla cella.

Il giorno 14 Juan de la Cruz chiede che gli sia amministrata l’Unzione degli infermi e, ricevutala, prende in mano il Crocifisso, Lo fissa a lungo e a lungo Lo bacia sui piedi. I dolori che lo affliggono divengono sempre più atroci, ma non si lamenta e non chiede sollievo. Sulla spalla destra gli si è aperta una piaga grande come un pugno, ma non dice nulla, neppure al medico.

La sera del giorno 14 chiede all’infermiere che ora sia e, saputo che sono le 22, prega i frati che circondano il suo giaciglio di andare a riposare perché, dice, non è ancora giunta la sua ora. E si raccoglie in preghiera. Quando gli dicono che sono le 23 e 30 fa chiamare i frati e chiede al priore che gli porti il Santissimo Sacramento, per adorarLo ancora una volta sulla terra. Poi chiede nuovamente:

“Che ore sono?”.

“Sono quasi le 24” gli viene risposto.

“Ebbene, a quell’ora sarò a cantare Mattutino in Cielo!”.

Poco dopo si odono le campane della chiesa di San Salvatore che suonano la mezzanotte, l’ora della recita di Mattutino. Allora lo si vede accostare il Crocifisso alle labbra e dirGli lentamente, parola per parola: “Nelle tue mani, o Gesù, io consegno il mio spirito”.

E con queste parole, senza rantolo né agonia, va a vedere in Cielo quel Gesù che aveva tanto amato sulla terra.

Il corpo di Juan de la Cruz non riposa ad Úbeda: esso è ritornato a Segovia, nella chiesa del suo Convento, ove una tomba gli è stata eretta dalla pietà e dall’amore dei fedeli.

Ma il suo spirito è nella gloria di Dio; ed è accanto a noi, per guidarci ancora, come fece quando era vivente sulla terra, alla vetta del monte santo della perfetta e beatificante unione con la divina Trinità.

Juan de la Cruz – dopo la morte

1593

A tre anni dalla morte di Juan de la Cruz, i suoi resti sono trasferiti da Úbeda a Segovia, dove riposano ancora.

1607

30 novembre – A Medina del Campo muore Francesco de Yepes, fratello maggiore di Juan de la Cruz. Nato nel 1530 a Fontiveros, figlio primogenito di Gonzalo de Yepes e di Caterina Álvarez. Dopo aver vissuto l’infanzia a Fontiveros e un breve soggiorno a Gález in casa di uno zio medico, si installò con sua madre e il fratello Juan ad Arévalo.

Francesco con la moglie resero visita a Juan de la Cruz a Duruelo (1568), vi era con loro anche la mamma Catalina Alvarez. Anna lava la biancheria, Catalina si occupa della cucina e Francesco come tuttofare svolge i diversi lavori che capitano.

Una volta – a Granada – presentando suo fratello Francesco, analfabeta e marginale, Juan de la Cruz disse: “Le presento mio fratello che è la persona al mondo che io più stimo. Qui lavora nei campi e si guadagna la giornata come gli altri operai, perché non ha altra ricchezza che il suo lavoro”. Fu sepolto probabilmente il giorno dopo la morte, con opinione di santo, nella chiesa del Convento di Sant’Anna dei Calzati della stessa città. José Velasco scrisse la sua vita: Vita e Virtù del venerabile Francesco de Yepes – Valladolid, 1615. Per questa fama di santità i suoi resti vennero traslati il 4 novembre 1612 nella cappella del Cristo della medesima chiesa.

1624

Inizia il Processo Ordinario o diocesano per la beatificazione; interrotto nel 1618, è ripreso dopo varie interruzioni.

1627

Inizia il Processo Apostolico.

1675

25 gennaio – Clemente X promulga il Breve Spiritus Domini. Con questo documento Juan de la Cruz è proclamato Beato.

21 aprile – Sua Santità Clemente X nella Basilica di San Pietro in Roma iscrive solennemente nell’Albo dei Beati Juan de la Cruz.
1679

14 gennaio – A Medina del Campo nel Monastero di San Giuseppe solenne traslazione dei resti.

1726

12 gennaio – Cinquant’anni dopo la proclamazione a Beato di Juan de la Cruz viene promulgato il decreto Pia Mater Ecclesia di Benedetto XIII, che autorizza la sua canonizzazione.

27 dicembre – Nel giorno natalizio di San Giovanni Evangelista, Benedetto XIII nella Basilica di San Pietro in Roma ascrive solennemente nell’Albo dei Santi il Beato Juan de la Cruz. Insieme innalza alla gloria dei Santi: Pellegrino Laziosi dei Servi di Maria e Francesco Solano dei Minori Osservanti.

1729

22 aprile – Carlo IV, Imperatore di Germania, dichiara San Juan de la Cruz, Patrono della sua Famiglia e del suo Impero, fra i quali il Ducato di Mantova, della cui città lo dichiara Patrono secondario. Benedetto XIII confermerà i decreti imperiali con una Bolla in data 13 agosto del medesimo anno.

1926

24 agosto – Pio XI dichiara solennemente San Juan de la Cruz Dottore della Chiesa Universale.

1952

21 marzo – Viene riconosciuto civilmente a Juan de la Cruz il titolo di Patrono dei poeti spagnoli.

1982

4 novembre – Sua Santità Giovanni Paolo II, pellegrino in Spagna in occasione del IV Centenario della morte di Santa Teresa de Jesús, visita a Segovia il sepolcro di San Juan de la Cruz.

1990

14 dicembre – Al compiersi del quarto centenario della morte di San Juan de la Cruz, Dottore della Chiesa, Giovanni Paolo II indirizza Urbi et Orbi la Lettera Apostolica “Maestro della fede”.

1991

29 novembre – Mentre il Carmelo Teresiano celebra il quarto centenario della morte di San Juan de la Cruz, Giovanni Paolo II, iscrive solennemente nell’Albo dei Santi il Beato Raffaele di San Giuseppe (Josef Kalinowski), il Santo della sua città natale di Wadowice.

Beato Transito

Beato transito di Juan de la Cruz, nostro padre

L’anno dell’Incarnazione di Signore Nostro Gesù Cristo 1591, la notte tra il 13 e il 14 dicembre, il nostro padre Juan de la Cruz, entra nella vita. Il Beato transito avviene nel Convento di Úbeda, nei pressi di Avila, in Spagna. Juan de la Cruz accostando le labbra al crocifisso che tiene in mano pronunzia lentamente le parole di Gesù sulla Croce: “Signore, nelle tue mani affido il mio spirito” e spira. Ha quarantanove anni.

“mi getteranno in un angolo”

Come Juan de la Cruz aveva presagito, al terzo Capitolo Generale di Madrid gli si toglie ogni carica ed ogni autorità; non solo, ma ci si accanisce contro di lui cercando di allontanarlo dalla Spagna.

Siamo in piena estate dell’anno 1591, che sarà l’ultima della sua vita. Fra Juan de la Cruz torna al Convento di Segovia per prendere le sue poche cose personali e per salutare i suoi frati. È stato assegnato conventuale a La Peñuela.

A La Peñuela fra Juan sta vivendo giorni di intensa unione con Dio. La sua anima è giunta ormai a godere di quell’amore eccelso e perfetto che lui stesso chiama unione trasformante e che descrive proprio in quei giorni nella seconda stesura del Libro della Fiamma d’amor Viva, così:

“All’anima accade come al legno il quale, sebbene compenetrato dal fuoco da cui è stato trasformato e unito a sé, quanto più arde tanto più diventa infiammato e incandescente, fino a generare scintille e fiamme”.

“nelle tue mani, o Gesù, consegno il mio spirito”

Durante il mese di settembre alle sofferenze morali di fra Juan si vanno aggiungendo in modo crescente quelle fisiche.

Il 12 settembre il male si acutizza e una febbre insistente comincia a tormentarlo da mattina a sera, mentre si accentuano i dolori alla gamba destra. Le sue condizioni di salute si aggravano a vista d’occhio, per cui il Superiore gli comanda di andare a curarsi a Baeza o a Úbeda; fra Juan sceglie Úbeda perché, dice: “a Baeza ho tanti conoscenti che mi vogliono bene, mentre ad Úbeda non mi conosce quasi nessuno”.

Seduto su un mulo e accompagnato da un giovane, fra Juan parte per Úbeda febbricitante. I due toccano dapprima il villaggio di Vilches e si dirigono poi verso il Guadalimár che attraversano sul grande ponte in pietra rossa sotto le cui arcate fanno poi una breve sosta. Al giovane accompagnatore che insiste perché fra Juan mangi qualcosa, questi esprime un desiderio: “Non ho appetito di niente, dice, se non di asparagi; ma sono fuori stagione…”. E così non prende cibo.

Si intrattengono allora a parlare di Dio quando scorgono, su una pietra non lontana, un bel mazzo di asparagi freschi, legati con un filo di paglia come quelli che si comprano al mercato.

Allora fra Juan dice al giovane di cercare il proprietario, ma non avendo trovato nessuno gli ordina di mettere sulla pietra due monete e di prendere gli asparagi. Il giovane e poi i frati di Úbeda, ai quali li porteranno, riterranno il fatto per miracoloso.

Il Convento di Úbeda non è grande né ricco e, in quei giorni, non è neppure in pace. Il priore, quel padre Francesco Crisostomo che a Siviglia fu redarguito insieme al padre Diego Evangelista da fra Juan, è un tipo altero ed irritabile con i sudditi che lo temono e lo subiscono a malincuore. Egli accoglie freddamente ed anche con ostilità il nuovo venuto e, quasi a vendicarsi dell’antico rimprovero, gli rinfaccia che il Convento è povero e gli assegna la cella più piccola e buia.

Fra Juan lo ringrazia con dolcezza e si sottomette in tutto a lui, anche quando, febbricitante e pieno di dolori, è obbligato ad assistere agli atti comuni. Ben presto però la piaga al piede destro si dilata in cinque bubboni a forma di croce: viene chiamato il medico che decide di incidere.

L’operazione è compiuta in cella, senza anestesia: il taglio, che giunge a scoprire l’osso, è più lungo di un palmo. Vengono estratti pezzi di carne marcia e due scodelle di pus. Fra Juan subisce il terribile squarcio senza emettere un lamento. Alla fine dell’intervento chiede al chirurgo:

“Che cosa mi ha fatto, dottore?”

“Le ho aperto il piede e la gamba”, risponde quello, “e mi chiede cosa le ho fatto?”

Le medicazioni sono frequenti e dolorose, e si deve ricorrere alla carità di laici per avere le bende e per lavarle, perché il Superiore non vuole spendere soldi. Per lo stesso motivo anche i pasti vengono preparati fuori Convento da una buona famiglia di Úbeda, e tutto ciò umilia grandemente il malato. In compenso fra Juan è circondato dall’affetto dei frati, alcuni dei quali sono stati suoi religiosi al Calvario e a Granada.

Un giorno il priore, che non vede di buon occhio le premure che l’infermiere, fra Bernardo, ha per il malato, lo toglie dall’incarico.

Fra Bernardo allora, non sopportando il sopruso, ricorre al Provinciale che, come sappiamo, è il vecchio padre Antonio di Gesù (Heredia) con il quale fra Juan aveva iniziato la Riforma Teresiana a Duruelo.

Il padre Antonio viene ad Úbeda, riprende il priore, ristabilisce l’infermiere nella sua mansione e ordina che nulla manchi al malato. Poi, per consolarlo, il padre Antonio ricorda a fra Juan gli anni eroici di Duruelo e di Mancera e i sacrifici sopportati per amore di Dio, ma viene subito interrotto:

“Non mi dica ciò, padre, non mi dica ciò: mi parli piuttosto dei miei peccati…”.

Il 12 dicembre, verso sera, fra Juan chiede il Santo Viatico che riceve con visibile amore.

Il 13 dicembre prega il priore di venire da lui: gli chiede perdono del disturbo e delle spese che ha causato al Convento e, indicando l’abito carmelitano, gli dice:

“Padre, ecco l’abito della Vergine che mi è stato dato in uso; io sono povero e non ho nulla con cui essere sepolto; prego perciò Vostra Reverenza di darmelo in elemosina”.

Il priore allora si commuove, si mette in ginocchio e gli chiede perdono e la benedizione. Poi esce piangendo dalla cella.

Il giorno 14 fra Juan chiede che gli sia amministrata l’Unzione degli infermi e, ricevutala, prende in mano il Crocifisso, Lo fissa a lungo e a lungo Lo bacia sui piedi. I dolori che lo affliggono divengono sempre più atroci, ma non si lamenta e non chiede sollievo. Sulla spalla destra gli si è aperta una piaga grande come un pugno, ma non dice nulla, neppure al medico.

La sera del giorno 14 chiede all’infermiere che ora sia e, saputo che sono le 22, prega i frati che circondano il suo giaciglio di andare a riposare perché, dice, non è ancora giunta la sua ora. E si raccoglie in preghiera. Quando gli dicono che sono le 23 e 30 fa chiamare i frati e chiede al priore che gli porti il Santissimo Sacramento, per adorarLo ancora una volta sulla terra. Poi chiede nuovamente:

“Che ore sono?”

“Sono quasi le 24” gli vien risposto.

“Ebbene, a quell’ora sarò a cantare Mattutino in Cielo!”

Poco dopo si odono le campane della chiesa di San Salvatore che suonano la mezzanotte, l’ora della recita di Mattutino. Allora lo si vede accostare il Crocifisso alle labbra e dirGli lentamente, parola per parola:

“Nelle tue mani, o Gesù, io consegno il mio spirito”.

E con queste parole, senza rantolo né agonia, va a vedere in Cielo quel Gesù che aveva tanto amato sulla terra.

Il corpo di fra Juan non riposa ad Úbeda: esso è ritornato a Segovia, nella chiesa del suo Convento, ove una tomba gli è stata eretta dalla pietà e dall’amore dei fedeli.

Ma il suo spirito è nella gloria di Dio; ed è accanto a noi, per guidarci ancora, come fece quando era vivente sulla terra, alla vetta del monte santo della perfetta e beatificante unione con la divina Trinità.

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